L'EDITORIALE DELLA DOMENICA DI CIVICO20NEWS - Francesco Rossa: EMA, Milano, cenerentola d’Europa?

L’Agenzia del Farmaco è stata assegnata ad Amsterdam per sorteggio

Con l’assegnazione dell’agenzia del farmaco ad Amsterdam, l’inizio di settimana ci ha portato la notizia di un ulteriore beffa per l’Italia in campo europeo. O meglio, la misura della scarsa considerazione che godiamo, nonostante, nel caso in questione, avessimo tutte le carte in regola per presentarci competitivi.

Le poche analisi approfondite da qualche commentatore, sono state sommerse dal vociare scomposto di politicanti di strada, con espressioni tipo “ Europa, Vaffa ” che già qualificano il suo autore. Per cui vale la pena di analizzare seriamente l’accaduto.

La conclusione dell’affaire EMA, oltre a rappresentare per l’Italia un mancato sviluppo economico quantificabile in svariate decine di qualificazioni ai Mondiali di calcio, obbliga le istituzioni a rivalutare il modo di stare nell’UE e determinare le opzioni che nel prossimo breve periodo dovremo essere in grado di rappresentare nel contesto comunitario.

Due i dati emersi, il primo di carattere tecnico, l’altro di ordine politico.

Il primo elemento offre il segno della totale inadeguatezza dell’impianto dirigenziale dell’Unione, dove tecnicismo e burocrazia prevalgono su analisi di efficienza, convenienza ed opportunità. Nel contempo ci si chiede cos’abbia fatto l’Italia, negli anni, per modificare procedure che oggi, i politici denunciano come superficiali.

Milano, anche grazie ad una positiva credibilità acquisita in ambito internazionale con l’organizzazione di Expo 2015, aveva – a detta di tutti, presentato il miglior progetto per ospitare la sede di EMA ed era accompagnata da uno dei più solidi distretti industriali al mondo di produzione del farmaco. Non a caso, la candidatura era stata riconosciuta come la migliore in prima, in seconda e, sia pure a pari merito, in terza votazione.

Il fatto che la decisione, invece che essere rinviata ad un supplemento di programma da far presentare ai contendenti, sia stata affidata ad un sorteggio, la dice lunga sulla ormai insanabile distanza che separa l’eurocrazia dal buonsenso. Su questo, prima che sia troppo tardi, tutti gli Stati dovrebbero intervenire senza indugi, perché anche a Dublino è stata scippata la possibilità di ospitare l’Agenzia Bancaria, a vantaggio di Parigi.

Il secondo dato, tutto politico, riguarda invece l’Italia in particolare: con l’uscita di Londra, sarebbe stato lecito attendersi un conseguente aumento di peso del nostro Paese, storico fondatore e contribuente attivo dell’UE,  al tavolo decisionale.

Si è invece celebrata la nostra definitiva retrocessione a livello di putrella, da usare alla bisogna.

Se è vero che i voti si contano e non si pesano, non possiamo però non rilevare come, a sostegno della candidatura di Milano, si siano espressi Grecia, Malta, Cipro, Slovenia e Romania, ossia i Paesi  deboli del sud Europa.

Ma Berlino, Parigi e Madrid hanno fatto quadrato contro di noi e, pur di sminuire il nostro ruolo nello scacchiere continentale, hanno privilegiato una intesa politica, tra Paesi forti, dalla quale siamo esclusi.

Un fallimento della nostra storia, che sarebbe stato egualmente grave pure se il bussolotto estratto fosse stato quello di Milano.

Di fronte a tali drammatiche evidenze,  e al netto di ogni speculazione politica di parte , é un fatto che l’Italia debba, con il tempo residuo di questo governo e con l’esplicito impegno di quello che verrà dopo le elezioni, rideterminare peso e ruolo della propria presenza in Europa.

La credibilità si conquista con la chiarezza, la coerenza e l’abbandono della prassi del pressapochismo, delle regole disattese e di quel fare levantino che purtroppo contagia anche i livelli più alti delle nostre rappresentanze politiche.

Eravamo il Paese europeo che nonostante le vicissitudini del ventesimo secolo, vantava il primato del sostegno convito a un europeismo a difesa dei valori occidentali e cristiani, tramandatoci dal Risorgimento, dalle affermazioni della Carta di Chivasso e dal pensiero e la testimonianza di Uomini di Stato tra i quali annoveriamo Luigi Einaudi, Marcello Soleri, Gaetano Martino, Francesco Cossiga, Vittorio Badini Confalonieri.

Statisti che avevo alto il concetto di cittadinanza europea e di autonomia.

Poi il concetto di Stato è diventano il Gattopardo, la mancetta con il deficit alle stelle, le leggi astruse ed inapplicabili, l’assenza dai tavoli europei ed abbiamo perso la considerazione dei nostri interlocutori in Europa e non solo.

Occorre urgentemente voltare pagina.

E bene ribadire che senza coesione, regole comuni,  magari radicalmente cambiate ma condivise e  soprattutto rispettate, l’Europa non potrà avere futuro.

Francesco Rossa
Direttore Editoriale
Civico20News.it

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 26/11/2017