Il virus che riabilita il ruolo dello Stato

La potenza del virus a livello globale rivaluta l'importanza dello Stato e del pubblico sul privato

La crisi planetaria dovuta al Coronavirus è tale da rendere indispensabile l’intervento degli Stati e delle Istituzioni intermedie come la Commissione Europea. Gli Stati stanno iniettando stimoli nell’economia, definendo regole al commercio privato, cercando di rallentare il diffondersi della malattia, di proteggere le popolazioni e di contribuire alla ricerca di nuove terapie e vaccini per debellare definitivamente il virus.

Ecco che in un momento di crisi come quello che stiamo vivendo, il ruolo dello Stato, e non solo in Italia, diventa qualcosa di inevitabile, di imprescindibile per coordinare e garantire che le Nazioni si muovano al loro interno con sinergia e coesione tra le varie parti sociali, dai singoli cittadini alle imprese.

Sin dagli anni Ottanta, quelli del liberismo di Reagan e della Thatcher che avrebbe dovuto risolvere tutto e portare prosperità, lo Stato si è sentito messo da parte, lasciando il pieno comando in mano alle imprese, rendendole libere di creare ricchezza, potendo intervenire solamente per risolvere le emergenze.

E' sotto gli occhi di tutti come negli ultimi decenni la forbice sociale si sia ampliata (una sorta di proletarizzazione del ceto medio, altro che ceto-medizzazione del proletariato!), l'inquinamento dilaghi, certe manovre di borsa abbiano portato nel 2008 a una mezza catastrofe finanziaria di cui paghiamo ancora oggi le conseguenze, le partnership tra pubblico e privato nel campo della ricerca spesso favoriscono i secondi a spese di medicine meno appetibili ma di enorme importanza per la salute pubblica, come gli antibiotici e i vaccini per una serie di malattie potenzialmente epidemiche, le tutele dei nuovi lavori come i riders e di chi lavora presso i grandi distributori on line siano piuttosto scadenti rispetto a quelle precedenti.

Bisogna ripensare, quindi, all'utilità dei Governi i quali non debbono più limitarsi a operare in stato di emergenza laddove capitalismo e liberismo creano danni o quando si verifichino situzioni imprevedibili come quella del Coronavirus, ma dovrebbero (ri)cominciare a impegnarsi per propugnare mercati in grado di produrre una crescita sostenibile, inclusiva, che protegga tutti gli strati sociali, che guardi al futuro di giovani e ambiente senza badare esclusivamente al profitto.

In questo periodo in Italia, ma non solo, la presenza dello Stato sta acquisendo una centralità forte, riconosciuta da quasi tutti, con un Presidente del Consiglio che dagli ultimi sondaggi detiene un sostegno dei cittadini intorno al 70%, e non per ragioni di parte politica, ma perché Governo, Protezione Civile e Istituto Superiore di Sanità sono gli unici a poterci tirare fuori dalla situazione in cui siamo finiti per via del virus, così come le Istituzioni sia italiane che europee hanno in parte fatto per cercare di attutire i disastri del post Lehman Brothers del 2008.

In queste settimane di restrizioni sociali, qualcuno ha anche paventato un certo totalitarismo medico, politico e mediatico che abolisce la privacy e limita la libertà di spostamento, probabilmente sempre alla luce di quella visione liberista del mondo in cui ognuno deve poter far quello che vuole, senza tuttavia rendersi conto che perdere temporaneamente la proprià libertà e autodeterminazione è funzionale a far sì che gli altri possano rivendicare la loro, evitando quella sorta di darwinismo sociale di thatcheriana memoria che non può più funzionare, e che putroppo sembra ancora radicato in alcuni soggetti di una destra sconsiderata come quella di Trump che vorrebbe acquisire in esclusiva per gli Stati Uniti una licenza per il vaccino contro il coronavirus, invece di renderla disponibile per tutti.

 

 

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Articolo pubblicato il 27/03/2020