Da quando le scimmie lavano le patate prima di mangiarle e il coronavirus è in circolazione?

Ognuno ha la sua teoria, ma la realtà è sempre un’altra.

Premessa lapidaria ...

Ciò che non esiste è inutile cercarlo.

Ciò che esiste prima o poi si incontra.

 

... che tradotta in pratica e sviluppata può essere messa giù così …

 

Avete mai provato a far comprendere un concetto a qualcuno che non ha recettori pronti a coglierne il senso?

 

Potete provarci per tutto il tempo che avete e tutte le risorse che potete mettere in campo; non sortirete risultato!

 

Siamo tutti così, senza alcuna eccezione; ognuno a suo modo e verso un certo concetto, scienziati compresi.

 

Tuttavia, in parte contraddicendo me stesso, potrebbe accadere, nel momento in cui risultino modificate le condizioni al contorno, che accada qualcosa di imprevedibile.

 

Ciò che sembrava impossibile diventa possibile all’istante.

 

Come avviene?

 

Semplicemente (si fa per dire) perché quella modifica contestuale ha permesso di aggiungere l’ultimo tassello nel conseguimento della massa critica di un processo latente fino a quel momento e permettere quindi la istantanea totale trasformazione di un sistema in un altro sistema.

 

Colui che non “poteva” comprendere perché il suo sistema non era in grado di elaborarne la possibilità, diventa uno che può “comprendere” perché il suo intero sistema è in grado di fare ciò che solo un attimo prima gli era precluso.

 

Su questo molti scienziati si trovano d’accordo.

 

Come si trovano (abbastanza) d’accordo sul principio “nulla si crea nulla si distrugge, ma tutto si trasforma”.

 

Il punto su cui, invece, non solo gli scienziati non si trovano d’accordo, ma addirittura alcuni di essi escludono che possa essere reale, è il fatto di non avere la capacità di elaborare una informazione pur essendone in possesso da sempre.

 

Ecco perché sono stato particolarmente colpito dalla notizia di qualche giorno fa relativa alle affermazioni fatte dallo scienziato Professor Tom Jefferson al giornale britannico Telegraph ( https://notizie.virgilio.it/coronavirus-dormiente-nuova-teoria-nascita-1404861 ), e rilanciate dai media, circa la nascita del Coronavirus.

 

Secondo la sua teoria “alcuni agenti patogeni presenti nel mondo si trovano in uno stato dormiente, fino a che non vengono attivati da condizioni ambientali a essi adatte”.

Ha poi aggiunto queste parole: “nel 1918 il 30% della popolazione delle isole Samoa occidentali morì di influenza spagnola senza aver avuto alcuna comunicazione con il mondo esterno”.

 

Una tra le tante teorie, direte giustamente; ne abbiamo sentite di ogni genere da parte di ogni tipo di esperto, medico, scienziato, virologo, statistico, libero pensatore, filosofo, religioso, politico. Ognuno né ha tirata fuori una diversa da un altro, cambiando opinione alla bisogna, ritornando sui suoi passi il giorno dopo, magari ritornando alla prima versione se ritenuta più vantaggiosa.

 

Anche io, pur non essendo esperto di qualcosa, non ho mancato di dire la mia in proposito, nell’articolo ( https://www.civico20news.it/sito/articolo.php?id=36686 )

Il coro...n’ha vir...us. del 07.03.2020, in cui, con altre parole, esprimevo qualcosa di simile alla sua teoria.

 

Qualcosa di simile che non è farina del mio sacco, ma di quanto riportato da sempre dalla saggezza universale contenuta nell’esperienza umana e trascritta in testi sacri di ogni epoca: tutto esiste da sempre, sono solo le scoperte di qualche sua parte che avvengono secondo una sequenza temporale convenzionale.

 

Inoltre l’attivazione del passaggio di tale parte da uno stato potenziale ad uno concreto avviene secondo la legge “simile attira simile”. Significa sostanzialmente che a fronte di uno stato di potenziale possibile infezione essa si attiverebbe solo in coloro che ne abbiano le condizioni (sembrerebbe una affermazione lapalissiana anche a Lapalisse).

 

Condizioni che sono così articolate e complesse da sfuggire alla ricerca dettagliata ma troppo univoca, perché fondamentalmente comprese in un contesto assai più variegato e per certi versi ancora inesplorabile dalla nostra attuale scienza (che è ancora lungi dalla scoperta di essere una piccola parte della co-scienza, ovvero di quanto comprende la scienza).

 

Cercare infatti di risalire da un puntino, due o tre, al quadro a cui essi appartengono è una impresa quasi impossibile; potrebbe appartenere a un solo quadro, a molti contemporaneamente, oppure a nessuno.

 

Né serve più di tanto fare ipotesi poiché esse potrebbero benissimo essere falsate dai presupposti della nostra ricerca o coincidere con il quadro che stiamo ancora dipingendo, senza averne cognizione. In ogni caso non sarebbero mai la realtà (poiché l’osservatore influenza sempre l’osservazione).

 

Ecco perché genera un certo qual senso di soddisfazione quando si trovano concordanze tra quanto affermano due persone così diverse una dall’altra e che neanche si conoscono. Certo che siamo ben lontani dal fatto che se in tanti dicono una certa cosa allora è vera, ma, come dice la pubblicità, due sono meglio di uno.

 

Anche se entrambi i concetti possono essere errati (e certamente lo saranno anche solo per la loro finitezza) per il momento si può dire: “so che non è vero ma ci credo”.

 

È la cosa più vicina a ciò che sento nel profondo.

 

Poi si vedrà.

 

Grazie Tom!

 

grafica e testo

pietro cartella

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Articolo pubblicato il 14/07/2020