Ma che vegetariano sei?

Troppo facile fare di ogni erba un fascio.

È noto da sempre che, da quando l’essere umano è apparso sulla faccia della terra, ciò di cui si alimenta ne influenzi il carattere in modo evidente. Per questo molti filosofi e liberi pensatori, prima ancora di medici e dietisti, si sono largamente occupati di osservarne e studiarne le interrelazioni per trarne indicazioni concrete circa un utilizzo coerente con le reali necessità individuali e collettive.

Ci sarebbe da attendersi, vista la grande esperienza sviluppatasi nel tempo, che allo stato dell’arte esista una conoscenza sempre più profonda in grado di indirizzare in modo più equilibrato ed intelligente tale necessaria attività.

 

Invece assistiamo spesso a prese di posizione pro o contro questo o quel tipo di dieta alimentare, o alimento specifico, che sarebbero in grado di modificare, in bene o in male, lo stato di salute dell’individuo e della collettività.

 

In effetti osservando gli stati mentali, emotivi e fisici, di alcune popolazioni, e di certi individui, non possiamo che ammettere l’incontestabilità dell’influenza che una loro ben precisa relazione con specie, quantità e qualità del cibo di cui si nutrono eserciti sul loro aspetto e comportamento.

 

Su questi argomenti hanno scritto Rudolf Steiner e Max Heindel, per cui chi lo desiderasse non ha che l’imbarazzo della scelta tra le varie pubblicazioni a loro firma.

 

Ma quello che mi interessa mettere in evidenza in queste poche righe è altro, meno specifico e molto più onnicomprensivo di aspetti che vanno molto al di là delle semplici particolari constatazioni tecniche (che sono comunque sempre valide in se stesse).

 

Per esempio quale sia meglio adottare tra i vari tipi di alimentazione, onnivora, carnivora, vegetariana o altre ancora.

 

Bene, per quanto possa sembrare assurdo, nessuna di loro è meglio di un’altra, poiché ogni essere vivente ha caratteristiche e funzioni diverse da un altro (anche se apparentemente simili) per cui ognuno attira a sé, per similitudine o compensazione, ciò di cui ha bisogno per svolgere il compito che gli è stato assegnato dal e nel complesso vitale a cui appartiene.

 

Ma anche nel caso in cui tale essere fosse forzatamente obbligato ad assumere un cibo non coerente con le proprie caratteristiche e necessità ci penserebbe il metabolismo ad estrarne i principi fisico-chimici compatibili e scartarne quelli non idonei (ovviamente con un diverso dispendio energetico che alla lunga non è ininfluente).

 

L’interazione tra cibo ed essere umano non è solamente una funzione diretta (che può essere quantificata in circa il 5% di tutte le interazioni metaboliche con gli alimenti provenienti, per osmosi, assimilazione o scambio, dall’immersione costante nell’ambiente vitale e forniti dall’energia vitale proveniente da ogni dove).

 

Ciò che non si è ancora scoperto è solo perché non si sa ancora cosa e dove cercare; ma è solo questione di tempo (come è avvenuto nella storia dal passato fino ad ora) e desiderio di andare oltre (per necessità o lungimiranza).

 

Tuttavia quel lasso di tempo potrebbe essere abbastanza lungo perché alcuni di noi non ne possano godere. Per cui ecco una piccolissima e assai opinabile anticipazione.

 

Un individuo che manifesti propensione all’aggressività, o all’avarizia, o alla stupidità, oppure alla modestia, alla mansuetudine, o all’altruismo, continuerà in tale sua inclinazione comportamentale qualunque sia il tipo di dieta adottata.

 

Semmai potrà cambiare qualche sfumatura più o meno percettibile; sostanzialmente non cambierà nulla se non cambierà anche il 95% costituito dalle restanti relazioni (che è un ben altro paio di maniche).

 

Sgombrato l’orizzonte dai più grossolani equivoci, ora possiamo divertirci a disquisire voluttuariamente tra aspetti capziosi di futili classificazioni oggetto di discussioni tra specialisti ed influencer (quali noi tutti riteniamo presuntuosamente di essere).

 

Ed eccoci quindi ad osservare l’universo dei vegetariani (di cui faccio parte anche io da circa un terzo della mia esistenza).

 

Le categorie in cui possono identificarsi i vegetariani sono innumerevoli, spesso sono miscelate tra loro, per cui non si tratta di classificazioni precise, ma solo di indicazioni adatte ad una riflessione personale a beneficio di una ulteriore maturazione della coscienza individuale.

 

Eccone alcune tanto per gradire.

 

Vegetariani etici.

Sono coloro che sono diventati tali per compassione verso gli animali uccisi a scopo alimentare, per ricavarne capi di abbigliamento, o per aspetti ludici o sportivi come la caccia.

 

Vegetariani religiosi.

Sono coloro che professano una particolare influenza del sangue animale o di quello vegetale nei processi verso la trascendenza.

 

Vegetariani ideologici.

Sono coloro che nutrono la certezza che ciò li renda migliori e più umani.

 

Vegetariani modaioli.

Sono coloro che hanno scelto a quale gruppo identificativo appartenere.

 

Vegetariani salutisti.

Sono coloro che aspirano a cambiare il proprio stato di salute semplicemente cambiando alimentazione.

 

Vegetariani funzionali.

Sono coloro che si sono accorti di come alcuni cibi possano influire sui loro stati d’animo e capacità operative.

 

Vegetariani ortoressici.

Sono coloro che, all’interno della categoria, hanno individuato, o stanno cercando, solo quei particolari alimenti da cui provengano esclusivamente benefici senza alcun effetto collaterale.

 

Osservando attentamente ognuno potrà aggiungere voci a questa classificazione (inutile, ripeto, se non integrata nel restante 95%).

 

Se tale osservazione non è inserita correttamente nel contesto del processo realizzativo che le è proprio, rischia di condurre a deduzioni che indirizzano verso uno stato di passaggio ad un sempre più importante restringimento del ventaglio degli alimenti possibili.

 

Nessuno di questi stati è peggiore o migliore di un altro; in ogni gruppo sono presenti gli stessi pregi e difetti, solo in percentuale diversa e diversamente miscelati e ordinati.

 

Un vero e stabile cambiamento di stato può avvenire solo se cambia lo stato della coscienza, o meglio, la base essenziale della coscienza.

 

Allora anche aspetti marginali possono contribuire attivamente al processo di cambiamento, in perfetta armonia con lo stato generale del sistema funzionale ed operativo di quel particolare essere umano, così come richiesto dal contesto generale dell’umanità e coerente con il piano originale di tutto ciò che esiste.

 

Tornando rapidamente con i piedi per terra potremo semplicemente chiederci:

ma che vegetariano sono?

 

(ricordarsi di annotare le suggestioni conseguenti e poi riguardarle trascorso un po’ di tempo).

 

Buon appetito!

 

foto e testo

pietro cartella

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Articolo pubblicato il 13/09/2020