Impastati di vaghe certezze e solide credenze.

Se solo abbandonassimo la corazza che indossiamo per proteggerci dallo schianto che invece essa inevitabilmente facilita, trascinandoci al suolo più velocemente, scopriremo di avere le ali per librarci nel vuoto della vita.

 

 

Parte quarta del nono incontro dei dialoghi sul senso della vita tenutosi nel pomeriggio del giorno 25 ottobre 2013 presso la biblioteca di San Raffaele Cimena (To) sede dell’UNITRE locale.

 

… prosegue dalla parte terza

 

Ci identifichiamo con quello che facciamo ma non siamo ciò che facciamo: infatti noi esistiamo anche senza fare quelle cose! Non siamo ancora neppure quegli esseri umani che diciamo di essere; abbiamo una forma umana, come una qualsiasi specie animale ha la propria forma, con caratteristiche proprie, diverse ma simili a quelle di un qualsiasi animale!

 

Ma allora, chi siamo veramente?

 

Ognuno di noi esiste prima di cominciare a fare una qualunque delle cose in cui e con cui poi si identifica. Chi siamo veramente? Cosa cambierebbe essenzialmente di me se non avessi frequentato questa o quella scuola? Sarei un altro? Non credo proprio, sarei sempre io che al posto di aver fatto una cosa ne ha fatta un’altra!

 

IDP … per esempio … lei, sto leggendo sull’opuscolo, che ha frequentato tutti questi corsi … se lei non avesse fatto tutte queste cose non sarebbe quello che è … o almeno …

 

… non direi queste cose semmai, oppure le direi diversamente, ma non cambierebbe quello che sono, cambierebbe solo cosa, come e dove dico qualcosa.

 

Se fossi totalmente incapace di esprimermi in pubblico le penserei solamente e le terrei per me, se fossi laureato in qualcosa terrei lezioni all’università, se avessi mezzi finanziari e un buon manager terrei seminari a pagamento in giro per il mondo, se fossi un bravo scrittore scriverei libri sull’argomento, se assumessi un aspetto da guru mi farei crescere la barba e direi cose in modo illuminato e incomprensibile. Nessuna di queste possibilità avrebbe cambiato quello che sono, solamente quello che avrei fatto. Infatti ho cominciato molto giovane a chiedermi la ragione delle cose, a cercarne il senso, prima di frequentare quei corsi. Quei corsi mi hanno fornito strumenti adatti a poter fare esperienze utili ad esprimere ciò che sentivo dentro. Ma se non avessi avuto prima la spinta a cercare il senso delle cose non mi sarei mai interessato a quei corsi, avrei continuato a giocare a birille! (e forse sarebbe stato meglio per tutti!).

 

IDP … nella sua vita precedente cosa faceva? …

 

… non lo so e neppure mi interessa … poiché mi basta e avanza quello che devo fare ora …

 

IDP … però … posso chiederle … lei è sicuro che quello che dice è una cosa giusta … o no? …

 

…assolutamente NO!

 

IDP … non l’ha mai detto infatti!

 

…ascolto per la prima volta insieme a voi quello che esce dalla mia bocca, tant’è che gli opuscoli che avete in mano li ho potuti scrivere solo dopo questi incontri, ricavandone il contenuto dalle registrazioni. Non c’era un canovaccio preesistente, è avvenuto tutto in diretta; per questo ho messo le note iniziali. Non sono neppure sicuro che sia giusto dirle anche se sento di doverlo fare. Anche alcuni amici mi hanno accusato dicendomi: “chi ti credi di essere” per dire certe cose e darle per vere. Ma non ho mai detto che siano vere, al massimo che sono spunti di riflessione per cercare la propria parte di verità, anche se non oserei dirle se per me non fossero vere almeno mentre le dico.

Ma sottolineo per me, solo per me, fino alla prossima occasione e con tutti i rischi che questo comporta.

 

IDP … in un marasma simile … dovendo considerare relativamente le cose che faccio … è difficile capire chi sono io?

 

…infatti perché ho usato lo schema che c’è alla lavagna … perché si capisse che per indagare in tal senso senza farsi troppo male occorre impegnarsi totalmente e non solo sporadicamente e superficialmente.

E proprio in tal senso funzionano le domande che provengono da noi stessi; esse tengono già conto di tutto quanto siamo realmente, e partendo dalla nostra essenza arrivano fino alla nostra coscienza scavalcando abitudini, paure e convenzioni.

 

Se dovessimo dividere i lavori che fanno i miliardi di cellule che ci compongono e, comprendendone lo scopo, li rimettessimo nuovamente insieme per capire quello che siamo, non basterebbe una esistenza per riuscire ad individuare una sola sfumatura del nostro essere reale, mentre basta una sola domanda di questo tipo per farlo.

 

Provate a farvi domande come “perché mi sono sposato”, “perché ho fatto questa o quella cosa”, e ascoltate la risposta sinceramente; poi, se avete il coraggio, scrivetela, e se veramente vi sta a cuore, rileggetela dopo tre giorni e meditateci sopra altri tre giorni; scoprirete cose che nessuno avrebbe mai potuto dirvi e comincerete a comprendere qualcosa di ciò che vi fa agire.

 

Mentre sto impugnando questo pennarello per disegnare uno schema davanti ai vostri occhi, tutto il mio intero essere sta partecipando senza discontinuità tra l’Origine e la fine dei tempi, ma io ne percepisco solo il piccolissimo aspetto relativo a questa azione specifica. Tuttavia per tutti noi rimane inconcepibile che in ogni nostra azione sia presente tutto; basterebbe andare fino in fondo ad una qualsiasi cosa per scoprirlo; non lo facciamo per ignoranza e paura di sconvolgere il nostro tran tran quotidiano su cui insistiamo a scaricare le colpe dei nostri guai e delle nostre insoddisfazioni.

 

IDP … è molto al di fuori dal nostro modo di pensare!

 

IDP … è un atto di fede!

 

… sì … non proprio!  Altrimenti pensi quale atto di fede dovrebbe essere il fatto che noi viviamo nonostante tutte le stupidaggini che facciamo. In uno scorso incontro ho ricordato come le azioni che compiamo durante il giorno danneggiano forzatamente il nostro intero essere e durante la notte tutto ciò che è stato deteriorato viene rigenerato. Però noi durante la notte dormiamo e non ci accorgiamo di nulla, non sappiamo cosa succede; solo da poco tempo, e molto timidamente, qualcuno sta cominciando a dire: attenzione ... se non si dorme a sufficiente si va incontro a guai seri! E non solo a livello fisico!

Sì, però stiamo parlando di cose che funzionano anche se non definiamo come devono fare per funzionare; basta porre attenzione ai segnali che ci provengono dall’interno e rispondervi adeguatamente senza bisogno di andare a spaccare il capello in quattro per scoprire come fare; per esempio è facile capire che quando si ha sonno occorre dormire quanto necessario; sembra banale, ma il più delle volte forziamo noi stessi ad andare oltre perché “dobbiamo divertirci”, “devo farlo per mio figlio”, “me lo richiede il lavoro”. Chiaramente l’azione di rigenerazione va perduta e ciò che si è guastato rimane tale: come facciamo poi a stupirci se ci prende un coccolone?

 

Io stesso sono un campione in questo sport della forzatura! Tanto per fare qualche esempio ricordo alcuni episodi tra i tanti: una volta, dovendo rifare un lavoro sbagliato, lavorai consecutivamente quattro notti e tre giorni; un’altra volta in compagnia di un mio socio in tre giorni girammo l’Italia fino in Sicilia per fare dimostrazioni, dormendo in tutto pochissime ore ed eravamo talmente stanchi che per percorrere gli ultimi chilometri sulla strada del ritorno dovemmo avvicendarci alla guida dell’auto ogni cinque minuti perché non ne potevamo più.

 

Il nostro sistema è così perfetto che potrebbe esistere assai più a lungo se non lo costringessimo a fare quelle cose insensate che riteniamo assolutamente necessarie per continuare ad esistere. Fortunatamente, visto il modo in cui lo usiamo, ha una scadenza; immaginate cosa succederebbe nel mondo se potessimo esistere all’infinito continuando a fare tutte le sciocchezze (detto gentilmente) che facciamo regolarmente!

 

IDP … oh, poveri noi! …

 

…in poco tempo saremmo occupati a fare la guerra uno contro l’altro solo perché una cosa qualsiasi ci ha dato fastidio … per fortuna uno strumento viene eliminato e sostituito da uno nuovo che per un po’ sarà più adatto, più flessibile, per rispondere (se le precedenti esperienze sono servite a maturarlo) in sintonia con le reali esigenze della vita. Noi siamo molto di più di quello che pensiamo di essere, ma non per merito personale; però siamo personalmente responsabili dell’uso che facciamo di quello che siamo. Non possiamo continuare a nascondere la testa nella sabbia come gli struzzi!

 

Se accettiamo questa responsabilità allora abbiamo anche diritto di chiedere l’aiuto necessario ad affrontarla, non secondo quello che ci piacerebbe, ma per come deve essere (ed è così che accade in realtà, prima ancora che lo chiediamo: se possiamo fare una cosa è solo perché ne abbiamo già mezzi e forza per farlo, anche se non ce ne siamo ancora resi conto). In quel particolare stato (che è sempre potenzialmente presente) ogni cosa costituirà un aiuto: la parola di Tizio, la medicina di Caio, una gita al lago, la lettura di un libro, una malattia, uno shock, una bella notizia, un pranzo da solo o in compagnia, stare un po’ da soli, lavorare o divertirsi, prendersi cura di qualcuno che ci ha chiesto di farlo, inciamparsi in una pietra, la puntura di una zanzara, il solito minestrone, prendersi la pioggia quando hai dimenticato l’ombrello, l’aumento del prezzo della benzina …

 

Altrimenti, ciò che potrebbe esserci d’aiuto, andrà in conflitto con lo scopo del nostro complesso sistema e finirà per diventare un problema senza vie di uscita.

 

Se poi voglio a tutti i costi risolvere il problema che si è creato allora sarà ancora peggio: potrò intervenire sul sangue ma ci saranno problemi con gli altri sistemi; potrò curare il sistema nervoso ma procurerò danni da qualche altra parte; in sintesi più cercherò di far bene più creerò le condizioni per il contrario. Tutti noi sappiamo come funziona: agire per il bene e ricavarne il contrario; lo sperimentiamo tutti i giorni!

 

Pensate agli attacchi di panico da cui sono colpite molte persone …

 

IDP … se ne sta parlando tanto! …

IDP … è di moda! …

 

… normalmente è una cosa che si prende in considerazione perché ne abbiamo timore … ma, all’interno del nostro sistema nervoso esiste un nervo particolare chiamato “vago” che attraversa tutto il corpo dalla testa all’intestino (in cui ha sede il nostro cervello biologico). Il nervo vago raccoglie le informazioni provenienti da una moltitudine di organi e funzioni, e non può essere gestito coscientemente e puntualmente … infatti per questo è chiamato “vago”; alcune sue funzioni sono note (ma non del tutto certe!) mentre altre sono ancora del tutto sconosciute o quasi (vaghe appunto!)!

Per cui una pressione esercitata sul nervo vago si manifesta in modi che possono essere diversamente interpretabili. Alcuni possono apparire come depressioni, altri come attacchi di panico, altri come coliti, altri come fisime mentali … ma nessuno sa esattamente da cosa siano prodotti tali stati di malessere. Poi c’è la tendenza a mettere a carico di questo nervo tutto ciò a cui non si sa dare spiegazione. Possiamo quindi comprendere facilmente come tutto ciò porti la scienza medica a brancolare nel buio.                                                      

 

IDP … e allora come si fa a curare una persona in questi casi? …

 

… infatti nessuno può più essere curato con un metodo standard nonostante tutti gli sforzi in tal senso … ogni persona si rivela sempre più un ente a sé …

 

IDP … proprio recentemente una nota attrice parlava degli attacchi di panico che ha provato in prima persona dopo una malattia …. e solo adesso comincia a stare un po’ meglio grazie ad alcune cure … e ricordava tutti i disagi che ciò le procurava … di come stava male …

 

…certamente! Avendo passato un certo periodo in una certa condizione anch’io con sintomi molto simili … diversamente, e per fortuna, ho potuto capire che non erano attacchi di panico quelli che avevo, ma una condizione temporanea in cui stavano avvenendo cambiamenti, del tutto naturali, nel metabolismo.

 

Quando ciò avviene è necessario un certo tempo perché il ciclo si concluda, non è una cosa così strana o difficile da comprendere. Ma visto che i cambiamenti ci spaventano, che tendiamo a voler mantenere sempre la stessa condizione, che nulla si muova, se qualcosa deve cambiare, sta cambiando e noi non lo sappiamo … proviamo a bloccarla e ci sentiamo male!

 

Figuriamoci cosa significhi in queste condizioni cercare il senso della vita nella pratica, cioè un senso della vita che si aggiunge e comprende tutti gli altri sensi. Un senso che non separa più le cose dicendo per esempio “ho male alla mano” oppure “ho male alla pancia”, ma lasci spazio e permetta al sistema di intervenire dove serve senza interferire esattamente come fa durante la notte per riparare i danni della giornata. Un senso che non cerca più cause o colpe di ciò che sta avvenendo, ma semplicemente riconosce e accetta il cambiamento necessario imposto dallo svolgersi della vita. Molto più semplice ed efficace, se solo abbiamo più fiducia e responsabilità e meno paura e dipendenza! Anche se porterà con se alcuni aspetti positivi ed altri negativi; tanto già domani sarà di nuovo tutto diverso … se lascio ad ogni cosa il tempo e lo spazio per chiarirsi scoprirò che nulla avviene contro la mia esistenza!

 

Fino a quando serve che così sia!

 

… prosegue nel prossimo articolo

 

foto, schemi e testo

pietro cartella

 

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Articolo pubblicato il 13/11/2020