Due pesi due misure.

Le conseguenze irrimediabili di una coscienza miope rendono la vita un vero girone infernale.

 

 

 

Parte quarta dell’undicesimo incontro dei dialoghi sul senso della vita tenutosi nel pomeriggio del giorno 22 novembre 2013 presso la biblioteca di San Raffaele Cimena (To) sede dell’UNITRE locale.

… prosegue dalla parte terza

 

 

Come esseri umani, ancora troppo vagamente coscienti, abbiamo un assoluto bisogno di acquisire un certo grado di conoscenza che richiede almeno un minimo di capacità di osservazione.

 

Per poter tenere attiva la nostra osservazione delle cose, nel modo più continuo possibile, incominciamo a riflettere sul termine “tolleranza”.  Non possiamo ritenerci tolleranti se non possiamo esserlo sempre e con tutti! Successivamente possiamo riflettere sul “perdono” che si vuole accordare a qualcuno ritenuto punibile! Un perdono dal significato incompreso, che è perfino concesso dietro un compenso, un risarcimento o un comportamento, come una qualsiasi merce di scambio …

 

Nel caso accennato nello scorso articolo è stato posto sotto osservazione quel particolare sentimento chiamato perdono intercorso in una relazione tra padre e figlia coinvolti a vario titolo in un fatto cruento. Un padre che vuole aiutare la figlia assassina a redimersi come risarcimento del danno compiuto e allo stesso tempo come perdono per sé in quanto genitore che non ha saputo educare una figlia come sarebbe stato necessario per impedire la sua azione malvagia. Ed una figlia che, lasciandosi aiutare in tal senso, chiede perdono a chi ritiene autorità maggiore di sé.

 

IDP … ma qui si parlava di un rapporto specifico padre-figlia … mi sono messa nei loro panni …

 

… è simile! … Si applica anche a loro lo stesso automatismo comportamentale!

 

Ricordate che ogni essere vivente cerca quello che gli serve in un essere vivente a livello superiore al suo?

 

Chi crede di avere una colpa chiede di essere perdonato da qualcuno che ritiene ad un livello superiore al suo (o perché privo di quella colpa o perché vittima della sua azione colpevole).

 

Molte volte le cose sembrano invertirsi anche se non è così! In questo caso il padre può arrivare a sentirsi in colpa per ciò che ha fatto la figlia, perché magari ritiene di non averla educata convenientemente, e quindi sente di dover agire così, è costretto ad agire così per riparare il danno che egli stesso ha procurato tramite la figlia, accettando di pagare il prezzo del suo comportamento per poter continuare a vivere. Cosa che è “obbligato” a fare prima di tutto per sé stesso; di conseguenza per la figlia!

 

IDP … ma non è costretto! … ci sono anche padri che non perdonano! … è una decisione che ha preso questo padre! …

 

… non dipende da quanta forza dispone quella persona per opporsi o accettare di agire come le viene suggerito o imposto da quelle forze interne che noi ignoriamo; … non è lei a decidere … ma si tratta del risultato di uno scontro che avviene tra tali forze, da quale forza risulta vincitrice. Questa imporrà a quella persona di agire in un certo modo.

 

Ci sono persone che, dopo essere state colpite da una malattia, fondano una associazione insieme ad altri che sperimentano la loro stessa situazione, allo scopo di cercare insieme un modo per poter continuare a vivere, per dare uno scopo alla loro vita.

 

IDP … mal comune … mezzo gaudio! …

 

… se non conosciamo il nostro funzionamento ogni cosa che ci capita diventa difficile da comprendere ed affrontare. Tutte le spiegazioni che tentiamo di dare con la testa sono sempre parziali o errate!

 

IDP … e poi comunque fino a quando uno non vive egli stesso quella situazione … non la può giudicare …

 

… neanche in quel caso …

 

IDP … però può cercare di capire …

 

Certo! … Al massimo può cercare di comprendere cosa succede in quella situazione! Non capire, … comprendere, … prendere in sé stesso ciò che accade … e compatire (patire allo stesso modo), … sentire direttamente cosa si prova …

 

IDP … mettersi nei suoi panni! … però non basta! …

IDP … come contenere … dal latino

IDP … oppure compatire = patire con …

 

… una cosa è contenere, un’altra è comprendere! Contenere implica un limite, quello del contenitore, cioè si può contenere una certa quantità di un qualcosa poi, oltre il limite di contenimento, si esplode. Oppure contenere come arginare, tentare di limitare. Mentre comprendere non ha limiti; si può comprendere all’infinito perché, non essendo definito ciò che deve essere compreso, esso si può espandere in relazione a ciò che deve esserlo. Per esempio la coscienza può espandersi continuamente in relazione ad un nuovo grado di comprensione della cosa da comprendere.

 

Cerco di capire, cerco di perdonare, cerco di … o mi sforzo di … indicano spesso il tentativo di fare azioni che per un po’ di tempo aiutano a sopportare qualcosa che prima o poi non riusciremo più a sopportare.

 

Mentre comprendere, come tollerare senza giudicare, sono chiavi di apertura verso una visione del mondo senza limiti, che non impongono niente ad alcuno, che non si aspettano niente da alcuno. … Neanche da noi! Per iniziare a comprendere basta solo non reagire immediatamente, cioè essere sufficientemente tolleranti per permettere alle cose di farsi conoscere interamente e quindi essere comprese veramente!

 

IDP … allora a questo punto … la differenza tra il bene e il male …

 

… due nomi diversi per indicare due diversi aspetti della stessa cosa! …

 

IDP … potrei essere non tollerante … non perdonare determinate cose perché è lampante che sono cose che fanno parte del male …

 

… davvero?! …

 

IDP … poi ci sono delle cose che invece fanno parte del bene …

 

… davvero?! …

 

IDP … perché secondo me … io ho vissuto quella storia … perché non stavo bene … attraverso ciò che ne dicevano i giornalisti … e a me quella ragazza … il suo comportamento verso il fratellino … rincorso ed ucciso … questa storia … mi ha molto segnato …

IDP … anche a me ha fatto molto male …

IDP … e ancora oggi mi chiedo come si possa arrivare a tanto … un padre forse sì … è sua figlia … ma come si può capire cosa sia scattato in quella mente … droga o no … un qualcosa che abbia scatenato un altro qualcosa … quello è male … non può essere bene! ... 

 

… nessuno sa bene quando le tensioni, accumulate chissà dove, esploderanno! E guai a chi si mette a fuggire se incontra un predatore! Facciamo ancora fatica a comprendere chiaramente che siamo animali! Che ci comportiamo di conseguenza, nonostante tutti i nostri sforzi per fare diversamente! Abbiamo caratteristiche diverse da altri animali, differenze come possono esserci tra una volpe ed un castoro. Tra gli animali c’è di tutto!

 

IDP … perfino animali che mangiano i propri figli! …

 

… c’è veramente di tutto! … Però per arrivare ad una temporanea conclusione di questa discussione sulla differenza tra il bene e il male intesa come noi crediamo, non come è realmente, pensate cosa avviene all’interno di organizzazioni religiose! È un fatto talmente evidente che tentare di stare forzatamente in una condizione di bene produce l’esatto contrario! Produce aberrazione! Il bene e il male, in questo mondo, non possono esistere separatamente. E in questa esistenza nessuno di noi può agire separandoli! Perfino l’apostolo cristiano Paolo, diceva: “quando cerco di fare il bene faccio il male che non vorrei” (capitolo 7 della lettera ai Romani). La vita stessa non si preoccupa di separarli! Perché in questo tipo di esistenza, di cui ne facciamo esperienza, non devono e non possono essere separati; questa situazione non risolvibile nonostante i nostri sforzi, costringe la nostra coscienza a chiedersene la ragione e come si faccia per poter andare oltre. 

 

Se siamo sufficientemente tolleranti, arriveremo a comprendere che in ogni cosa vi è male e bene. Certo che quando ci capitano alcune cose sgradevoli, cattive, facciamo fatica ad attendere che si riveli la parte buona. Infatti reagiamo immediatamente alla prima sollecitazione giudicata negativa e così blocchiamo la possibilità che si manifesti anche il resto.

 

IDP … giudichiamo subito se è giusta o sbagliata … se è bene o male …

 

… semmai possiamo manifestare se ci fa bene o ci fa male … che non significa che sia bene o male; … è il nostro giudizio, non la realtà!

 

IDP … beh, certo! … è il nostro punto di vista …

 

… che non ha niente a che vedere con il bene o il male!

 

IDP … anche perché la valutazione del bene o del male sua è diversa dalla mia! … Allora la tolleranza cosa vuol dire … non avere un concetto di bene o di male … così che io possa dire … per me è così … per lui è diverso … quindi un concetto di bene o di male non si può (pre)stabilire …

 

… si può anche stabilire come un riferimento da cui iniziare a muoversi con la propria coscienza, avendo ben chiaro però che si tratta di un concetto limitato, parziale e temporaneo, legato alla nostra percezione di quel momento che è diversa da quella di un’altra persona. … Ed ecco dove si può applicare la tolleranza: tollerare che il nostro concetto non sia assoluto; tollerare che ognuno possa averne uno diverso allo stesso modo in cui l’abbiamo noi!

 

IDP … ma se uno mi pesta un piede e mi fa male gli dico … pestami anche l’altro tanto va bene così! … (risate!) …

IDP … se uno ti dà uno schiaffo devi porgere l’altra guancia … diceva qualcuno …

IDP … ‘sto bene e ‘sto male … ci sarà, no?! ...

 

… cerchiamo di capire bene il significato delle parole che usiamo prima di farci ulteriormente male.

 

Anche se, ai nostri occhi, sembra che quella persona l’abbia fatto apposta, … o anche se lo ha fatto davvero apposta, … finita la sua azione … se non c’è una nostra reazione, … e quindi una sua reazione alla nostra reazione e così via, … finisce tutto lì! Sarebbe il minore dei mali. … Però se reagiamo la cosa si ingigantisce e sfugge al controllo. … Le conseguenze possono essere veramente incalcolabili. Pensate alle liti per un parcheggio sfociate in omicidi!

 

IDP … però il dolore rimane! … (risate!)

IDP … siamo noi che la portiamo alla lunga anziché finirla subito lì!

 

… solo perché noi mettiamo in relazione il male sentito con la persona attraverso la quale ci è stato provocato. …

 

Se ci bruciamo la mano per nostra disattenzione o se avviene perché un altro ci ha sfiorato con una fiamma, la conseguenza non è la stessa?

 

Perché allora reagiamo differentemente?!

 

Perché non ce la prendiamo con noi stessi come facciamo con lui?! (risatine!).

 

Se a compiere una marachella è nostro figlio anziché quello del nostro vicino, perché viene valutata in modo differente?!

 

Perché applichiamo due pesi e due misure alla stessa azione?! …

 

IDP … perché nostro figlio è diverso da quello del vicino! (risate!)

IDP … e speriamo sempre che sia il figlio del vicino ad averla commessa! …

 

… è chiaro il concetto?

 

IDP … sì, sì! …

 

… se non riusciamo a capire come siamo fatti e come reagiamo, tutto quello che si muove intorno diventa un macello interminabile! Dove tocchiamo facciamo danno e più tocchiamo, per cercare di mettere le cose a posto, più danni facciamo!

 

IDP … bisogna essere tolleranti! …

 

… quando se ne è compreso il senso … diventa una evidente necessità!

 

IDP … se una volta è capitato a me … un’altra volta capiterà ad un altro … o forse ricapiterà a me … (risate!) …

 

… può non essere necessario che capiti ad un altro! Ed è meglio non augurarsi che sia così! Il mal comune mezzo gaudio che assumiamo al posto dell’aspirina per lenire il dolore, ha degli effetti collaterali assai pericolosi.

 

Meglio stanno gli altri e meglio sto anche io!

 

Non è un principio del “pensare positivo” ma una questione pratica!

 

… prosegue nel prossimo articolo.

 

 

Foto e testo

pietro cartella

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Articolo pubblicato il 09/01/2021