Il silenzio è d’oro.

Per questo siamo poveri.

 

 

Parte terza del dodicesimo incontro dei dialoghi sul senso della vita tenutosi nel pomeriggio del giorno 29 novembre 2013 presso la biblioteca di San Raffaele Cimena (To) sede dell’UNITRE locale.

 

 

Ognuno deve fare la sua parte perché il quadro della verità si completi, altrimenti alcune sue parti rimangono latenti ed inespresse. La nostra parte inizia a svolgersi a partire dalle domande che lasciamo emergere alla coscienza superando le dighe costituite dalle nostre paure.

 

 IDP … ma quando si dice che chi non si fa troppe domande vive molto meglio … io credo sia vero, cioè la persona ottimista o menefreghista, magari vive meglio e … questo non si porrà delle domande? …

 

Tutti si pongono delle domande; la differenza sostanziale è quanto ci impiega il nostro metabolismo a deviare, a rimandare la necessità di una risposta, oppure si renda conto dell’urgenza di rispondere, della impossibilità di rimandare ancora. Ricordate che io sono un “ripetente”; se per una volta ho potuto far finta di niente, la seconda volta no! È evidente che la prima volta abbia preferito non cercarmi rogne, non prendermi responsabilità; però messo di fronte ad una ennesima condizione, alla quale evidentemente non si può più scappare, volenti o nolenti … 

 

IDP … devi accettarla! …

IDP … mi viene in mente che, per potersi sentire, occorre fare molto silenzio … e da dentro arriva tutto …

 

… argomento estremamente interessante …

 

IDP … ma non abbiamo tempo di stare in silenzio … questo è il guaio!

 

… non è vero! …

 

IDP … invece è vero! … si farebbero meno danni! …

IDP … questo è sicuro! …

 

Abbiamo tutto il tempo che vogliamo … ma anche di questo abbiamo paura! Il silenzio è l’unico modo che abbiamo per poter ascoltare! Tutto il nostro mondo è fatto per impedire che ci sia un istante di silenzio, per impedire ad ognuno di noi di poterlo fare. Radio, televisione, sollecitazioni di ogni genere, rapporti affettivi e famigliari, pensare alle occupazioni quotidiane, sono i mezzi per impedirci di avere qualche istante di silenzio. Visto che abbiamo chiamato in causa questa cosa (il silenzio), ora possiamo rifare l’esperimento di stare cinque minuti in silenzio per vedere cosa succede dentro di noi. Se siete d’accordo, … cinque minuti non sono tanti, … chiudiamo gli occhi e …”vediamo” cosa succede …  

 

IDP … ci addormentiamo! …

 

… anche se vi addormentate …va bene! Fate solo attenzione a non cadere dalla sedia! … Alcuni faticano e cercano di contrastare il sonno solo per non dare di sé un’immagine non conforme alle aspettative. … Non preoccupatevi; … in ogni modo state facendo ciò che è giusto! …

 

Cinque minuti di silenzio ed occhi chiusi … poi ci riparliamo …

 

Cinque minuti di silenzio

 

… bene!

Voi fareste la felicità di chiunque si trovi a proporre questo esperimento!

 

IDP … come mai cinque minuti sono così lunghi?

 

… questa è la prima constatazione! …

Il tempo, si dice, è relativo! Alcune giornate passano veloci, altre non passano mai; anche questi cinque minuti sono diversi per ognuno di noi. In questi cinque minuti non siamo stati senza fare niente; pur non avendo partecipato volontariamente a niente, siamo stati coinvolti in tutti i processi in atto nell’intero universo! …

 

IDP … mi sono rivista da ragazza! Fino più o meno a 14 anni una giornata non finiva mai, poi il tempo ha accelerato … non so come mai! … è volato! 

 

… qualcun altro ha osservazioni da fare? …

 

IDP … mi ricorda quando ero a scuola! …

 

Quando nella scuola esistevano ancora gli educatori, e non solo gli insegnanti, essi ben sapevano come permettere ai loro studenti di far prendere contatto con se stessi, … senza dover fare ricorso a spiegazioni più o meno intellettuali e scientifiche; … bastava riconoscere quando era il momento di fare quella determinata cosa e tutti …”ne comprendevano il senso”. Oggi siamo tutti iperattivi e nessuno, in mezzo a questo marasma, si ferma un attimo a fare il punto; tutti si incitano reciprocamente ad andare ancora più veloci e fare più cose.

 

IDP … quello che racconto non è una barzelletta! … una volta con i miei vicini di casa si era molto uniti … se una mamma doveva lasciare il proprio figlio, per una qualsiasi necessità, lo mandava presso un vicino, raccomandandogli di dirgli che la mamma gli chiedeva di dargli “dieci minuti di dimura” – dieci minuti di asilo – di farlo aspettare presso di sé per dieci minuti. Il bambino, ingenuo, non sapeva cosa quella frase significasse e semplicemente arrivava presso il vicino e ripeteva cosa la madre gli aveva detto di dire. A quel punto il vicino rispondeva: “siediti lì un momento che te lo do!”. E lo faceva stare lì tranquillo giusto il tempo necessario! (risate!) …

 

… perfetto! Solo quello che serve! Niente altro!

Questo mette in evidenza quanto oggi si sia perso il senso pratico delle cose …

 

IDP … era molto efficace … per le mamme che non sapevano dove lasciare i figli … me lo ricordo bene! … Passato il tempo, davano al  bambino una qualsiasi cosa da portare alla mamma.

 

… grazie! Credo cha sia anche un po’ il senso del nostro fare silenzio! Starsene tranquilli ad aspettare che ci venga data quello che ci serve e poi ritornare!

 

IDP … tutto è relativo … io al mattino, mentre sono ancora a letto, faccio un po’ di rilassamento … poi guardo l’orologio e sono passati venti minuti/mezz’ora senza che me ne sia accorto! È un tempo lunghissimo del quale non mi accorgo. Mentre ora questi cinque minuti mi sono sembrati lunghi … forse perché non si riesce a far scattare quelle caratteristiche proprie del rilassamento … o comunque …

 

… sono situazioni molto diverse; … in questo caso siamo entrati coscientemente in uno spazio di silenzio, mentre nel dormiveglia le condizioni sono molto diverse, sono condizioni di coscienza in cui si può restare con più facilità. Lo si può facilmente provare attraverso l’analisi delle onde cerebrali degli stati di provenienza precedente e presente.

Avviene similmente a quando si vive un sogno, che a noi pare lunghissimo ma che in realtà dura solo pochi attimi. Naturali stati alterati di coscienza percettiva e conseguenti elaborazioni! Ancora una volta possiamo affermare che siamo noi stessi gli unici autorizzati a utilizzare le chiavi di accesso alla nostra cabina di regia interna, anche se non le usiamo mai correttamente! Le usiamo attraverso una volontà non intelligente, ma impositiva e supponente, con tutte le conseguenze del caso, oppure mettendole nelle mani di altri, sempre sbagliate!

 

Ricordiamoci dei “dieci minuti di dimura”! (risate!) …

 

 

IDP … forse possiamo dire che ci sono le porte … ma le chiavi …

 

 

… abbiamo le chiavi! …

 

IDP … o se no le troviamo! …

 

… abbiamo le chiavi, sempre pronte nelle mani, però le usiamo per grattarci, per tagliare il pane, per scrivere sui muri, … per fare di tutto meno quello che serve …

 

IDP … anche solo ricordarci che stiamo vivendo, che siamo su questa terra …

 

… sì! … Però tenendo conto che c’è anche “qualcosa” che deve ringraziare il fatto che noi siamo in vita; … è una condizione reciproca. Non c’è una dipendenza da un “qualcosa” di più grande, ma una necessità reciproca di vivere ed esprimersi.

Le chiavi le abbiamo in mano così come la responsabilità di usarle!

Però, poiché sappiamo che usando quelle chiavi ed aprendo quelle porte, tutto quello che siamo e possediamo viene rimesso in discussione, … abbiamo le chiavi, vediamo la porta … ma ci guardiamo bene dall’aprirla!

 

IDP … come ha detto un famoso regista di film horror: “ non aprite quella porta!”

 

IDP … per esempio in oriente queste tecniche di training autogeno che hanno sempre usato, funzionano meglio di noi? Hanno già trovato e usato quella chiave? … o anche loro sono ancora alla ricerca di … un loro essere, diciamo così! …

 

… ognuno è sulla propria strada! Quello che fanno loro non è quello che serve a noi.

 

IDP …questi metodi appartengono …

 

… a qualunque membro dell’umanità in qualsiasi situazione si trovi, indipendentemente da etnia, razza, religione, credo e quanto altro, in questo momento come sintesi inscritta nella sua banca dati delle esperienze umane … e quindi li utilizza in modo intrinseco in qualsiasi azione compia senza bisogno di percorrerne ogni singolo passo perché siano efficaci … ricordate l’esempio del fare le scale?

 

IDP … però in oriente le hanno cominciate a praticare molti millenni prima di noi … per esempio nello yoga e via dicendo …

 

… è vero, solo perché, per nostra abitudine culturale, quando siamo alla ricerca di qualcosa in quell’ambito dentro noi stessi, siamo più propensi a guardare cosa fanno gli altri, lontani ventimila chilometri, piuttosto che guardare intorno o dentro di noi!  Tutto ciò a giustificazione del nostro “non fare” per impossibilità e non per comodità. Infatti possiamo addurre a scusa il fatto che occorre fare ventimila chilometri per trovare quello che serve, e non è sempre possibile farlo, mentre se lo avessimo vicino a noi costantemente, non potremo avere scuse.

 

Quali giustificazioni potrei usare per non farlo?

 

… prosegue nel prossimo articolo.

 

 

foto e testo

pietro cartella

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Articolo pubblicato il 11/02/2021