L’EDITORIALE DELLA DOMENICA DI CIVICO20NEWS – Elio Ambrogio: UN ANNO DOPO

Riflessioni pandemiche

E’ ormai consuetudine, sui mezzi di comunicazione, celebrare gli anniversari degli eventi utilizzandoli come momenti di riflessione, di ricapitolazione, di interpretazione; pause di riordino fra l’incalzare dei fatti per tentare di incasellarli in una cornice razionale. Proviamo anche noi a fare qualcosa del genere.

Da un anno siamo prigionieri di una cosa chiamata “pandemia” e di una serie di decisioni ad alto livello che ne sono la conseguenza: dai cosiddetti lockdown alle strategie vaccinali, da una pressante infodemia al pesante sospetto di un Great reset mondiale, dalla costruzione di una nuova psicologia delle masse alla sovversione dei principi giuridici generalmente riconosciuti. Il mondo di oggi è fantascienza rispetto a quello di un anno fa.

La prima impressione che si ricava, provando a sollevarsi dall’immediatezza degli eventi, è quella di un’ondata mondiale di irrazionalità quale non si vedeva dal secolo scorso, con i suoi miti culturali, ideologici, totalitari, bellicisti, populisti; miti che trovarono nella letteratura distopica di London, Huxley, Orwell, Bradbury i loro angosciati profeti e le inascoltate Cassandre.

Per anni e anni, dal secondo dopoguerra, abbiamo vissuto nella quasi serena convinzione che quei paesaggi letterari fossero, appunto, finzioni intellettuali, scenari improbabili, ammonimenti da non prendere alla lettera. Oggi ce li troviamo invece di fronte in tutta la loro tangibile realtà e quel sonno della ragione che li ha prodotti ci ha sommerso nel giro di un pugno di mesi con ondate successive, come quelle epidemiche.

La prima ondata ha investito la scienza ufficiale che improvvisamente ha mostrato tutta la sua fragilità e una irrimediabile contraddizione di fondo: da un lato ci è stata proposta come l’unico e granitico baluardo contro la malattia, in cui credere e -soprattutto- dover credere a pena della catastrofe, dall’altro essa si è persa in una babele di interpretazioni, considerazioni, diagnosi e rimedi terapeutici selvaggiamente contraddittori che ha diffuso una sfiducia e un risentimento generalizzati verso la comunità scientifica e la classe medica.

Com’è possibile conciliare la faticosa epistemologia scientifica, comunemente accettata,  delle congetture e delle confutazioni con le continue e categoriche asserzioni mediatiche secondo cui la scienza è l’unico luminoso faro di verità che ci deve guidare nella tempesta epidemica? Non staremo qui a ironizzare sulle infinite comparse televisive di virologi veri o presunti che, nell’arco di dodici mesi, hanno detto tutto e il contrario di tutto lasciando ammutolito un popolo già sgomentato dal terrore virale.

La seconda ondata di irrazionalità ha investito la comunicazione. Mai, dai tempi dei grandi totalitarismi, in occidente come in oriente, si è assistito a un’offensiva mediatica così compatta, così assertiva, così intollerante come in quest’anno. Radio, televisioni, giornali, siti internettiani si sono allineati come gli stormi di uccelli migratori che si muovono all’unisono appena i capifila accennano a una direzione. Soprattutto i grandi gruppi televisivi -Rai, Mediaset, La 7- hanno messo in campo una falange macedone informativa ispirata a un conformismo bellico senza sfumature, senza se e senza ma, che ha lasciato sbigottiti tutti coloro che ancora coltivano un minimo di senso critico e di orgoglio intellettuale.

In queste ultime settimane le varie reti  si sono tuffate nel parossismo vaccinale che ha sommerso il nostro e altri paesi cercando di far disperatamente passare l’idea che l’unica salvezza stia nel vaccino (cosa che, come molti sanno, è ben lontana dal vero) e dispiegando un serrato negazionismo contro gli effetti avversi, spesso gravissimi, la cui esistenza è invece ben nota a tutti. 

Per il noto principio dell’eterogenesi dei fini, il mondo dell’informazione conformista ha così generato in moltissime persone la netta sensazione di essere ingannate dai media e conseguentemente ha diffuso un crescente scetticismo verso i padroni del discorso, se si eccettuano le fasce meno acculturate della popolazione affette da normopatia congenita, cioè la patologia per cui ci si adegua sempre all’opinione  e ai comportamenti imposti dall’informazione maggioritaria. Qualche volta ci si domanda dove siano finiti i guardiani della democrazia e del pluralismo che, in epoca berlusconiana, strepitavano in piazza, nei salotti, in Tv e sui giornali contro il possibile monopolio informativo del Cavaliere di Arcore.

La terza ondata ha coinvolto la politica e le scelte pubbliche.  Sullo scempio dei nostri principi giuridici, soprattutto a livello costituzionale, ma anche sulla incredibile stupidità e irragionevolezza di molte norme di dettaglio, ci siamo già intrattenuti più volte rimarcando come non si sia trattato solo di incompetenza e frettolosa superficialità di fronte ad un evento imprevisto ma di un vero e proprio piano di sovvertimento della gerarchia delle nostre fonti del diritto e dei suoi principi generali.

Tutto questo è avvenuto sulla base di scelte politiche dettate, anche qui, da improvvisazione di fronte a una malattia per molti versi sconosciuta e, ancor di più, dalla paura di essere chiamati a rispondere penalmente per la crescente mortalità che si andava delineando, ma c’è anche stata una totale incapacità di coordinare mezzi e fini, obiettivi e risorse, volontà e possibilità in un paese strutturalmente incapace di decisioni rapide sia livello amministrativo che politico.

Quest’ultimo aspetto è stato accentuato non solo dalla litigiosità delle forze politiche al governo ma anche dalla mancanza di sovranità dell’Italia e dalla sua paralizzante dipendenza dalle scelte e dagli umori europei, come si è visto proprio in queste ultime settimane a proposito della barcollante strategia vaccinale azzoppata dagli egoismi e dagli intrallazzi di altri stati d’Europa. L’unica cosa che queste scelte hanno prodotto in abbondanza è stata la crisi economica catastrofica che abbiamo sotto gli occhi e i cui sviluppi, anche in termini di stabilità e convivenza sociale, sono imprevedibili. Forse addirittura per l’uomo della Provvidenza chiamato Draghi.

E infine la quarta ondata, quella che ha investito la psicologia collettiva e che ha come cifra essenziale la paura, come ben sottolineato, fra gli altri, da Giorgio Agamben che ne ha sviluppati gli aspetti filosofici. Una paura irrazionale, pervasiva, distruttiva dell’intelligenza come dei rapporti umani, della coesione sociale come della forza vitale della società.

Ma, soprattutto, siamo piombati in un medioevo culturale popolato di superstizioni scientifiche e di sospettosità diffusa, di superficialità conoscitive e di stramberie dialettiche, di faziosità intellettuali e storture ideologico-sanitarie; non limitate, come sarebbe comprensibile, alle fasce meno istruite e meno accorte della popolazione ma ampiamente estese anche alle élites dei salotti buoni e agli opinion makers dimoranti ai piani alti della società. Un vero imbarbarimento generalizzato che pervade la mentalità collettiva, anche con aspetti di violenza intellettuale e -almeno per ora- verbale in ambienti sociali insospettabili.

Tralasciamo complottismi e dietrologie volgari per non cadere a nostra volta nel crepaccio dell’irrazionale, ma non diventiamo a nostra volta negazionisti dell’ipotesi che dietro questa situazione possa esserci una regia volta a imporre -col pretesto epidemico- un nuovo modello autoritario alle società contemporanee.  Non si può al momento provare questa eventualità, suffragata solo da indizi, ma non si può neppure provare il contrario, visto il disegno sostanzialmente unitario e uniforme attuato in tutte le principali nazioni.

Non vogliamo nasconderci dietro un pasoliniano “io so” e prefigurare un disegno inquietante che vorremmo relegato nella fantasia degli scrittori distopici che abbiamo citato. Purtroppo però i grandi scrittori sono molto spesso anche dei grandi visionari.

 

Elio Ambrogio

 

 

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Articolo pubblicato il 28/03/2021