Quante porte da aprire ci sono ancora dentro di noi?

Dietro ognuna si cela uno specchio ed uno spazio sconosciuto; solo se non fuggiamo davanti alla nostra immagine riflessa potremo andare oltre.

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Parte terza del tredicesimo incontro dei dialoghi sul senso della vita tenutosi nel pomeriggio del giorno 13 dicembre 2013 presso la biblioteca di San Raffaele Cimena (To) sede dell’UNITRE locale.

 

 

Osservare gli altri è come poter disporre di migliaia di televisori accesi, tutti  sintonizzati su un unico programma, il nostro programma di vita. Poiché nello stesso istante ogni televisore visualizza un momento diverso di quel programma, possiamo vedere contemporaneamente tutta la nostra vita! Ammesso che si possa guardare, si voglia vedere, e si accetti di riconoscere che quella è la nostra vita, perché … “non c’è cieco maggiore di chi non vuole vedere!”

 

IDP … certo non è semplice! …

 

Noi, qui, in questo istante, stiamo osservando … per questo prima dicevo alla signora di ricordarsi quanti siamo ad ascoltare queste cose … la rappresentazione di uno solo di noi, stiamo dialogando come se fossimo uno solo che parla con se stesso, senza distinguere chi dice che cosa. “Noi siamo uno!” Senza ancora rendercene conto coscientemente, per alcuni istanti abbiamo vissuto, stiamo vivendo, come uno solo. Non c’è solitudine sofferente in questo; … voi stessi avete detto che state bene! Certamente, … non potrebbe che essere così; per qualche istante gli altri hanno occupato una parte mancante di noi, ci siamo completati reciprocamente! Peccato che non possa durare! Questa condizione svanisce non appena ognuno di noi riprende il comando di sé stesso, separandosi dagli altri! Inoltre non si può scappare da se stessi, volendo fondersi nel gruppo! Sarebbe semplicemente come cadere dalla padella alla brace! Occorre comprendere cosa significhi essere parte di un gruppo e diventare capaci di essere disponibili a fare coscientemente la parte che ci viene richiesta e non quella che vorremo fare. Occorre operare una libera scelta consapevole perché possa funzionare! Altrimenti, prima o poi, cominceranno i distinguo, le critiche, le battaglie ideologiche e nuove separazioni …

 

Ora state ascoltando me, tra cinque minuti il vostro vicino, poi vostro marito, poi una trasmissione televisiva … ma chi ascolta siete sempre voi … voi siete il filtro che separa ciò che potete ascoltare da ciò che non potete …

 

IDP … io ho questa idea … è come se avessimo davanti a noi tante porte … noi abbiamo aperto una porta … e ci accorgiamo che gli altri non l’hanno aperta … però ne abbiamo ancora tante da aprire … per questo noi siamo loro … penso che non basta il fatto che noi adesso ci formiamo delle idee per fare un grande passo avanti … abbiamo tante cose da affrontare … perché la nostra mente si possa aprire … per adesso ne abbiamo affrontato un pezzettino … però ne abbiamo ancora tante chiuse che non siamo in grado di aprire …   

 

… quanto ha appena detto mi aiuta a chiarire meglio la dinamica di questo processo. Noi non ci accorgiamo di come agiamo: apriamo una porta, ma prima di aprirne un’altra, anziché lasciarla aperta, la richiudiamo! Per questa ragione non riusciamo a riconoscere immediatamente noi stessi nell’altro: abbiamo richiuso la porta relativa anziché lasciarla aperta! Se abbiamo aperto una porta dobbiamo lasciarla aperta; dopo un po’ tutte le porte saranno aperte e potremo entrare ed uscire come e quando vogliamo; così il riconoscimento sarà immediato, non dovremo più usare chiavi e aprire porte prima di riconoscere che gli altri siamo noi. L’unica differenza che potremo cogliere è solo che entriamo e usciamo dalle stesse porte in tempi differenti! Noi stiamo bevendo l’acqua dal bicchiere mentre l’altro la sta ancora versando nel suo! In tempi diversi le parti si invertono; allora dove sta la differenza? Noi siamo uno, ma non ce ne rendiamo conto!

 

IDP … indubbiamente se uno riuscisse a fare proprio questo … tenere aperte tutte le porte … soffrirebbe molto meno! …

 

… non soffrirebbe più!

Sebbene ci possano ancora essere reazioni più o meno “sane”, perché non siamo perfetti, però diventano visibili, comprensibili, accettabili. Come possiamo accettare di esserci arrabbiati, possiamo accettare che succeda ad un altro senza soffrirne. Anche se ha una diversa ragione per farlo, ha lo stesso diritto! … non si soffrirebbe più! …

 

IDP … potrebbe essere! …

 

… non si soffrirebbe più, non perché ci siamo bevuti il cervello, ma per il fatto di aver riconosciuto noi stessi nell’altro! Lo abbiamo com–preso, accolto dentro di noi come una delle nostre parti essenziali, anziché rigettarlo come un organo estraneo. Avremo riconosciuto che senza quell’organo saremo condannati a morire; accettandolo possiamo continuare a vivere. In alternativa saremmo costretti a prendere una medicina antirigetto a vita oppure a vivere con un organo artificiale! Ed è quello che facciamo: ecco perché occorrono così tante medicine e così tanti ospedali!

 

IDP … perché quando parliamo di noi ci mettiamo sempre nella condizione della divisione …

 

… esattamente! … questa è la nostra principale causa di malattia … così come ci separiamo dagli altri, così ci separiamo dalla nostra Origine. Se possiamo osservare il tentativo che lo strumento che noi siamo fa per cercare di separarsi dagli altri ad ogni istante, come una convenzione e non come una realtà da difendere ad ogni costo, incominciamo a guarire.

 

Quella convenzione, necessaria per maturare uno stato iniziale di coscienza individuale, deve essere superata, in modo che la coscienza individuale possa riconoscersi in ogni cosa.

Quella convenzione che ci ha permesso di cominciare a distinguerci dagli animali, non è sufficiente a farci riconoscere come esseri umani. Nel sistema dell’essere umano, nel quale siamo inseriti, sono comprese tutte le cose; se non ci riconosciamo e siamo riconosciuti come una di loro, siamo noi ad essere espulsi, siamo noi il corpo estraneo da rigettare!

 

Diventare esseri umani significa riconoscere di essere uno con ogni cosa!

Accettare ogni cosa che avviene fuori di noi (… che possiamo più facilmente vedere), come accettiamo tutto quello che avviene dentro di noi (… che non possiamo sempre vedere, ma che ne è la fotocopia ).

 

Secondo alcune religioni, essere uno significa essere parte del “corpo della divinità”. Ritornare ad essere uno, significa ritornare all’Origine da cui proviene tutto.

 

Noi (non la parte biologica ma l’intero sistema dell’essere umano quando ritorna ad essere integralmente funzionante) non siamo Dio, facciamo parte del corpo di Dio! Questo non vuol dire che Dio è un uomo più potente, più grande … è Altro, che sfugge alla nostra identificazione in quanto non riusciamo neppure ad immaginare cosa siamo noi veramente!

 

IDP … a volte mi chiedo chi è ‘sto dio! ... mi piacerebbe vederlo! … (idp – risate) …

 

… già! Incredibile! Lo abbiamo sempre davanti agli occhi, lo respiriamo ad ogni respiro, eppure non riusciamo a catturarlo!

 

Che cosa non riusciamo a vedere?

 

Tutto quello che è più vicino a noi della punta del nostro naso! Di noi stessi vediamo solo una piccola parte; non vediamo la nostra parte posteriore, né ci vediamo da sopra o sotto, se non allo specchio o in fotografia!  Soprattutto non ci vediamo dentro!

 

Come facciamo allora a pretendere di poter vedere altro?

A vedere cosa ci fa vivere?

 

Incredibile! Praticamente non vediamo niente … anche se i nostri occhi, per svolgere la loro funzione, portano via la gran parte dell’energia che usiamo per vivere! Non vediamo ciò che dietro al nostro corpo, dietro ai nostri occhi, dietro la nostra anima, dietro ogni cosa, è la “Causa Prima” di tutto. Abbiamo costruito religioni e chiese su qualcosa che non vediamo e non ricordiamo neppure di aver già conosciuto!

 

Ecco perché cominciare a farsi un certo tipo di domande ci spaventa! E se spaventa noi che siamo arrivati a farcele, figuratevi cosa smuove in chi non è ancora pronto per farsele!

 

Provate a chiedere a chiunque: per favore mi puoi dire chi sono io?

È chiaro che, come minimo, penserà che qualcosa non ci funzioni!

 

IDP … io ho provato con mio marito! … Gli ho detto: stai un po’ in silenzio e fatti queste domande! … (risate) … mi ha risposto  … “sei matta?” … (risate) …

 

IDP … io volevo dire … a completamento …  quando riesco … così … spontaneamente … a creare un certo tipo di riconoscimento di un’altra persona … io sono felice … e vedo anche l’altra persona felice … questo rapporto è stupendo … è al di là di tutto … di … non lo so … ma è una cosa grande grande … sento veramente che siamo una cosa sola … lo tocco con mano … con il mio cuore … io e lei siamo più che sorelle … ho avuto … combinazione … uno di questi giorni passati … una signora che non conoscevo molto bene … però ho visto che aveva un problema e abbiamo parlato un momento … e mi è venuto da dirle qualcosa … siccome io ci ero già passata … per questa brutta avventura … e lei mi ha detto: “ma quella sono proprio io!” … ciò che io ho detto di me lei lo ha riconosciuto dicendo : “quella sono proprio io!” … e allora ho detto “è così e così”… e siamo state felici entrambe … cioè ci siamo trovate su un terreno comune …

 

… il riconoscimento che l’altro è come te!

 

IDP … sì! … io l’ho sentito uguale!

 

IDP … in quel caso lo specchio ha funzionato bene!

 

IDP … sì!

 

… lo specchio funziona sempre bene!

 

IDP  ... non dipende da lui se vogliano o non vogliamo vedere ciò che ci presenta! …

 

… lo specchio funziona sempre bene!

 

IDP … io fatico ad accettarlo …

 

IDP … io però … devo dire un’altra cosa … mi spiace … ma mi viene proprio da dirlo … mi sono passate davanti mentre ero in coda in un negozio … una persona … e mi sono arrabbiata da matti … pochi giorni dopo … ero in coda … avevo tre persone davanti … la penultima l’ho scavalcata … e mi son detta: “brava! ecco quella era il mio specchio! ecco perché mi sono arrabbiata! … perché sono anch’io così! … (risate)

 

… non c’è dubbio! A nessuno fa piacere essere scoperti per quello che si è, per quello che sta nascosto o che si vuole tenere nascosto! (risate) … quando veniamo scoperti per quelli che siamo non possiamo evitare di andare in collera, peggio di un animale con la rabbia …

 

IDP … mi è successo proprio così! …

 

… non ci va di essere scoperti per quello che siamo! Figuriamoci quale sforzo facciamo per nascondere ciò che siamo davvero! Passiamo tutta la vita a metterci una maschera dietro l’altra! Vogliamo mostrare agli altri di essere come noi vogliamo far credere. Che fatica! Noi non siamo quello che cerchiamo di dimostrare; prima o poi la vera faccia si rivela! Di solito si rivela quando meno ce lo aspettiamo! Si infila tra una maschera e l’altra quando viene stuzzicata, punta sul vivo!

 

IDP … ci sono delle persone che non mi hanno fatto nulla … però mi sono antipatiche … a pelle … non so dire perché …

 

… è un fatto legittimo …

 

IDP … che cosa è? … anche a me capita! … (risate)

 

… è un fatto legittimo …

 

IDP … e poi mi arrabbio con me stessa perché … non mi ha fatto niente! … però non la sopporto! … perché? …

 

… le cose sono talmente semplici da sconvolgerci! …

 

IDP … mi assomiglia troppo forse? … (risate)

 

IDP … di nuovo lo specchio! … (risate)

 

… domande e risposte sono collegate … succede sempre così!

Non riusciamo a digerire facilmente chi ci ruba il primo piano di quel momento, chi ci toglie la luce del palcoscenico, del “nostro” palcoscenico, quello sul quale recitiamo usando le nostre maschere! Come possiamo permettere che un altro usi il “nostro” palcoscenico e indossi addirittura una “nostra” maschera? Insopportabile! Antipatico!

Se osservate due giovani amiche del cuore potrete facilmente riconoscere che una è quasi sempre l’opposto dell’altra; difficilmente sono simili; su ogni palcoscenico c’è posto solo per una primadonna!

 

Peggio ancora succede quando chi abbiamo di fronte riesce a fare quello che a noi non riesce; vorremo essere noi il centro dell’attenzione ma c’è sempre qualcuno che ci ruba il posto! Insopportabile! Antipatico!

O addirittura fa qualcosa senza curarsi delle convenzioni, mentre noi non ci permettiamo di farla perché siamo schiavi di modelli di comportamento, di sensi di colpa! Insopportabile! Antipatico!

 

Ci piacerebbe essere come quella persona, ma sappiamo che … non va bene … non si fa … non si deve; però lui lo fa! E con chi lo fa? Proprio con me! Addirittura! Non con un altro! Insopportabile! Antipatico! … però sotto sotto … un po’ di invidia?! …

 

… questo non è tutto per fortuna …

 

Il nostro sistema vive di regole fisiche; sta insieme perché ci sono delle forze che lo tengono insieme, altre che sono compatibili con tali regole, altre che non interferiscono, altre che disturbano ed infine altre che non sono assolutamente compatibili; queste ultime devono essere respinte. Se entrassero nel sistema succederebbe un patatrac; quindi il sistema si deve difendere allo stesso modo con cui operano le difese immunitarie del nostro fisico nei confronti di elementi estranei o aggressivi.

 

Alcune volte la nostra sensibilità del momento ci permette di percepire l’operazione di repulsione del sistema. Il sistema sta respingendo qualcosa … anche se magari è stato proprio lui a chiamarla … perché si è accorto che … lo spazio di competenza è già pieno e metterci ancora qualcosa farebbe scoppiare tutto come un palloncino gonfiato oltre il limite … oppure quella cosa potrebbe innescare un altro tipo di reazione verso altri aspetti già presenti nel sistema.

 

Spesso siamo proprio noi i nostri peggiori nemici perché non sappiamo a quali conseguenze andiamo incontro agendo in un certo modo. Quando desideriamo fortemente qualcosa, quando applichiamo tutta la nostra forza di volontà per ottenere qualcosa, possiamo forzare le difese del nostro sistema e provocare una breccia. Attraverso tale breccia, oltre a quanto desideriamo, che già di per sé potrebbe non essere in sintonia con il nostro sistema, possono entrare altre cose che fino a quel momento erano state respinte dalle difese.

 

 

Quante volte abbiamo detto : “se l’avessimo saputo prima non l’avremmo fatto!”. Però è troppo tardi: il guaio è combinato e rimediarvi diventa un’impresa titanica  o crea ulteriori complicazioni! Ecco perché si dice che, molte volte, agendo “a fin di bene” si finisce per scatenare le cose peggiori! Ecco perché si dice che non bisogna aiutare chi non ti ha chiesto di farlo!

 

Ognuno deve fare le proprie esperienze e nessun altro ha il diritto di interferire se non viene autorizzato a farlo dalla persona stessa. Perfino in questo caso si corre comunque il rischio di combinare guai; figuriamoci quando lo facciamo di nostra iniziativa, senza che nessuno ce lo abbia chiesto!

 

… prosegue nel prossimo articolo.

 

 

grafica, schema e testo

pietro cartella

 

 

 

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Articolo pubblicato il 11/04/2021