L’EDITORIALE DELLA DOMENICA DI CIVICO20NEWS – Elio Ambrogio: Il sonno della Ragione

Note in merito all’obbligo vaccinale

Quello che stupisce nella campagna vaccinale non è tanto la sua fondatezza o infondatezza: ogni persona libera può liberamente valutarne i contenuti. Stupiscono i suoi toni e i suoi strumenti che -va detto- cominciano sempre più ad apparire indegni di un paese civile.

Intanto si parte da un presupposto su cui non è ammesso dissenso, e cioè che senza vaccinazione non si esce dall’epidemia covidaria. Non si tratta di una verità scientifica, ma di un dogma religioso fra le cui mura i mezzi di comunicazione si sono arroccati con tutte le loro armi. Nessuna ospitalità ad opinioni contrarie, o anche solo venate dal dubbio: molti ricorderanno l’indegna sceneggiata di Bruno Vespa, qualche settimana fa, nei confronti di Mariano Amici, che probabilmente è anche un medico non dotato di grandi capacità comunicative ma che certo non meritava il disprezzo che gli è stato opposto in diretta televisiva.

Chi vuole una qualche opinione critica più meditata, più approfondita, deve andarsela a cercare nei meandri della Rete, in siti para-complottisti che però sono gli unici a fornire indicazioni in più rispetto al dogmatismo imperante che, negli ultimi tempi, ha preso il volto assertivo e roccioso di un generale degli alpini in tuta mimetica il quale da un po’ ha cominciato anche a dispensare opinioni mediche. Già, proprio quella tuta mimetica che pare indossata apposta per completare una scenografia di apparente efficienza, di bellicismo incombente, e soprattutto l’idea che si è in trincea, dove vale appunto il principio à la guerre comme à la guerre. Cioè il principio per cui tutto vale.

C’è in questi giorni l’idea emergente, e sempre più esaltata, di una vaccinazione che, da fortemente raccomandata dal potere medico-politico-mediatico, sta virando verso l’obbligatorietà, anche sulla spinta di un’opinione pubblica a sua volta sempre più intollerante, fanatica, aggressiva verso chi afferma la sacrale inviolabilità del corpo come ultimo baluardo delle nostre libertà, della nostra democrazia, della nostra civiltà e, forse, della nostra stessa umanità.

Ribadiamo, a scanso di equivoci, il nostro rispetto verso l’opinione scientifica che vede nel vaccino l’unica arma per sconfiggere la malattia, così come rispettiamo profondamente chi ricorre alla scelta vaccinale per tutelare la propria salute. Essere free-vax significa proprio e solo questo: rispetto intellettuale, civile, umano verso chi ha queste opinioni e opera queste scelte. Ma il free-vax esige anche reciprocità.

L’opinione che la libertà vaccinale decade quando è in gioco la salute di tutti nega invece ogni reciprocità, ma nega anche e soprattutto alcuni principi su cui -guerra o non guerra sanitaria- non è possibile transigere, altrimenti si cade nella prospettiva della medicina nazista che non curava le persone ma un popolo, con tutte le conseguenze che si sono viste. E quando si imbocca la strada secondo cui i diritti, e le leggi che li presidiano, possano essere ignorati in caso di necessità non si sa dove si finisce, anche perché la percezione della necessità è altamente variabile e fluida, come la ciceroniana salus rei publicae.

Si è parlato molto, ultimamente, di bilanciamento fra diritti costituzionalmente garantiti: quello alla salute e quello alla libertà. La maggioranza dell’opinione pubblica  e molti opinionisti hanno scelto naturalmente di privilegiare quello alla salute sotto la spinta della paura, dell’urgenza, dell’emotività e della pressione mediatica. In questa valutazione si è però commessa una serie di errori: intanto ben pochi si sono interrogati sulla reale natura della malattia, accettando le opinioni correnti e variabili di una scienza altamente incerta e spesso balbettante, e privilegiando comunque sempre quelle più catastrofiste; secondariamente si sono volutamente ignorate le esperienze di paesi che non hanno fatto scelte di reclusione ottenendo peraltro risultati molto positivi; in terzo luogo si è imposta la visione secondo cui le norme, soprattutto quelle più elevate e cioè quelle costituzionali, possono essere ignorate sotto la pressione di una apparente emergenza. “Quando il diritto” ha scritto recentemente Carlo Lottieri, “ è solo il prodotto della volontà di alcuni che impongono ad altri la propria visione delle cose, esso coincide con l'arbitrio”.

Oggi quelle scelte si stanno riproponendo per giustificare la campagna vaccinale, con una aberrazione in più: la violazione del corpo e la demonizzazione del dissenso. Quest’ultimo, in particolare, sta assumendo toni arroganti e violenti non solo dalla massa popolare dei vaccinisti ma anche da esponenti delle classi intellettuali e dirigenti che dovrebbero dare esempio di cultura, civiltà, rispetto.

Si stanno congiungendo, nella nostra società, due pericolosissime tendenze. La prima consiste nella vasta inconsapevolezza che la sostanza inoculata è un farmaco genetico sperimentale autorizzato temporaneamente sotto la spinta dell’urgenza e dagli effetti futuri potenzialmente sconosciuti, come ormai riconosce la stessa scienza predominante e come ha esplicitamente affermato anche il Generalissimo in un attimo di distrazione. Si è cioè totalmente ignorato il principio di precauzione/prevenzione a lungo termine privilegiandone invece uno a breve, brevissimo termine. L’obiezione a questa obiezione è disarmante: non c’era altro di meglio da fare. Cosa peraltro non completamente vera.

La seconda tendenza è l’avanzata del totalitarismo sanitario su un duplice fronte: giuridico e comunicativo. L’inizio dell’epidemia ha visto la compressione delle libertà civili, e questo, per quanto ripugnante, poteva trovare un supporto nell’emergenza prodotta da una malattia fondamentalmente sconosciuta. E qui si potrebbe dibattere a lungo sulla natura giuridico-politica e sui limiti dello stato di necessità. Ma oggi questo totalitarismo sta varcando, come già detto, una frontiera ulteriore: appunto quella dell’integrità fisica. La vaccinazione obbligatoria con i farmaci prima descritti -se dovesse mai realizzarsi- e la ipotetica sanzionabilità dei renitenti costituirebbero un vulnus insanabile non solo al corpo delle persone ma anche a quello della nostra civiltà.

Non è il caso di ricordare il Codice di Norimberga, col suo sinistro richiamo a fatti del passato, per capire l’immoralità di quanto potrebbe accadere, anche perché troppo spesso i codici sono fatti per essere violati quando si scatenano interessi più grandi. Così come probabilmente a nulla varranno le recenti prese di posizione del Consiglio d’Europa o, in Italia, gli ammonimenti del Garante per la protezione dei dati personali: certe derive, soprattutto se spinte da enormi interessi economici e politici, sono spesso inarrestabili.

E purtroppo il sonno della ragione continuerà a generare mostri.

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 06/06/2021