Il Vaticano s’è desto

A proposito di d.d.l. Zan

Finalmente anche il Vaticano s’è desto, e ha battuto un colpo. Un colpo decisamente sonoro, a proposito del disegno di legge Zan.

Nei giorni scorsi il Segretario per i rapporti con gli stati monsignor Paul Richard Gallagher ha fatto pervenire al governo italiano una nota in cui si chiede esplicitamente di apportare modifiche al d.d.l. contro l’omotransfobia in discussione al Senato in quanto violerebbe alcuni contenuti dell’accordo di revisione del Concordato del 1984. Come è stato sottolineato dalla grande stampa si tratta di un atto che non si era mai verificato in precedenza nei rapporti fra stato italiano e stato vaticano. Fatto questo che ci induce ad alcune riflessioni.

Innanzitutto, da laici senza se e senza ma quali siamo da sempre, ci dovremmo sdegnare per questa ingerenza di uno stato straniero e confessionale nelle scelte politiche della nostra repubblica. Cosa che gli ambienti più intransigenti della sinistra e dell’omosessualismo italiani hanno fatto senza esitazione, sollevando grida e gridolini di sdegno per l’intromissione clericale nella “scelta di civiltà” che l’Italia si accinge a fare col d.d.l. Zan. E su questo siamo d’accordo pure noi, ma con qualche precisazione e limitazione.

Innanzitutto va notato come la Chiesa intervenga nel dibattito politico solo per difendere i suoi interessi. Non si è trattato cioè di un’elevata presa di posizione per difendere la libertà di opinione e di pensiero di tutti, ma solo per difendere quella dei cattolici. In altri termini, la Chiesa è scesa in campo con un atto così inusuale esclusivamente per difendere i movimenti cattolici che combattono a favore della famiglia tradizionale e le sue scuole confessionali dove rischia di entrare la cosiddetta cultura gender, o meglio per scongiurare l’eventualità che queste due realtà possano correre dei rischi giuridicamente rilevanti nel portare avanti il loro discorso, che peraltro è del tutto e assolutamente legittimo. Diciamo che la battaglia è giusta ma la motivazione è un po’ interessata.

D’altra parte il documento vaticano -a conforto di questa sensazione- pone sul tavolo solo questioni giuridiche, appunto le presunte violazioni di norme concordatarie, e non entra in un più ampio discorso di difesa di libertà collettive e fondamentali, come forse ci si sarebbe aspettato da una istituzione di alto profilo etico come la chiesa bergogliana sempre pronta a moraleggiare su tutto e su tutti.

Ma, si sa, la diplomazia della Santa Sede è da sempre un capolavoro di prudenza mondana, anche quando si discute di valori “non negoziabili”. E la riprova nasce dal fatto che il papa ha affidato l’intervento ad un suo funzionario non proprio di primo piano e ad un documento non certo fiammeggiante dal punto di vista morale, né nel contenuto né nella forma.

Comunque, per chi vuol comprendere, si tratta di un intervento significativo che, dietro la forma diplomatica, può far supporre anche un richiamo morale, religioso, politico, anche se dubitiamo che si voglia in futuro andare molto oltre tale ammonimento. Perché? Ma semplicemente perché la chiesa bergogliana non sa -e probabilmente non vuole- andare troppo contro lo spirito dei tempi. Non sa -e probabilmente non vuole- passare per oscurantista combattendo due dei capisaldi del politically correct come l’omosessualismo e il genderismo. Una chiesa così ansiosa di compiacere il mondo non può criticarne una delle principali derive culturali.

Dunque la presa di posizione vaticana, nella sua ineffabile prudenza, è sostanzialmente inutile? Un flatus vocis che verrà sommerso dallo strepito delle organizzazioni LGBT (o LGBTQ o LGBTQI o altri deliri auto-definitori …) e dai loro fiancheggiatori piddini e di sinistra?

Probabilmente no. La battaglia contro il d.d.l. Zan, una legge ideologica, intollerante, pericolosa per la libertà di tutti, non può e non deve rifiutare alcun apporto, anche flebile come quello cattolico, anche se proveniente da un mondo ideale e politico estraneo alle convinzioni di chi si definisce laico e liberale.

E’ una battaglia troppo importante, anche se difficilmente potrà avere ragione delle follie ideologiche oggi predominanti e prevaricanti, avendo dalla loro parte il mainstream della comunicazione, pavido e ben piallato sull’opinione comune, come il caso Fedez ha recentemente dimostrato. Eppure non è necessario sperare per intraprendere, né riuscire per perseverare, come ha detto un saggio. Soprattutto se è in gioco un pilastro portante della nostra civiltà: la libertà di espressione per cui generazioni e generazioni di uomini e donne hanno lottato negli ultimi secoli. Noi ci battiamo per il principio opposto a quello contenuto nel d.d.l. Zan: quel principio secondo cui nessun pensiero, nessuna parola detta o scritta può configurare un reato.

Questa è la vera battaglia di civiltà, checché ne dicano Zan, Scalfarotto e Letta.

E qualunque persona la pensi come noi è bene accetta, da qualunque luogo o tradizione provenga.

In fondo basta che la Chiesa, pur non impegnandosi pienamente ai suoi vertici, non ostacoli i pensieri, i sentimenti, le azioni dei cattolici più semplici e più veri, che sanno benissimo quali sono le loro verità e i loro principi “non negoziabili”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Articolo pubblicato il 23/06/2021