L'EDITORIALE DELLA DOMENICA DI CIVICO20NEWS - Elio Ambrogio: digitalizzazione e potere

Come ci stanno cinesizzando

“Il comunismo è il potere sovietico più l’elettrificazione di tutto il paese” diceva Lenin nel 1920 esprimendo già allora l’idea che dittatura e tecnologia possono viaggiare proficuamente insieme con reciproco vantaggio. Oggi potremmo tranquillamente riprendere quella espressione parafrasandola in “Il totalitarismo è il potere capitalistico più la digitalizzazione di tutto il mondo”. Una situazione che ormai tutti stiamo vivendo sempre più drammaticamente da molti anni, da quando il “capitalismo della sorveglianza”, per usare la nota espressione di Shoshana Zuboff, ha cominciato a estendere la rete del suo potere informatico sulla nostra civiltà.

Nessuno nega gli immensi benefici che la digitalizzazione della nostra epoca ha apportato alla condizione umana: chi oggi vivrebbe senza internet, senza la telefonia mobile, senza la diagnostica digitale, senza la mobilità terrestre, aerea, navale assistita dall’informatica? Probabilmente nessuno, a meno che non scelga di condurre il resto della sua vita fra gli Amish. Eppure l’impressione che in questa tecnologia ci sia qualcosa di profondamente sbagliato e pericoloso serpeggia nella nostra cultura e genera una paura neppure troppo sottile, e ciò sulla base di alcune razionalissime considerazioni.

La prima è l’estrema fragilità del sistema. Pochi giorni fa, alcuni episodi di vasto e devastante hackeraggio hanno dimostrato come i sistemi informatici siano assolutamente vulnerabili, sia quelli privati sia quelli pubblici. La sensazione che questi episodi siano destinati a ripetersi è ormai molto diffusa, tant’è che la prossima pandemia probabilmente non sarà più causata da un virus biologico, naturale o costruito in laboratorio, bensì da un virus informatico in grado di attaccare e distruggere la rete neuronale del pianeta, cioè la sua sovrastruttura digitale, con conseguenze paragonabili ad una guerra mondiale.

L’evento Cyber Polygon 2021 ha prospettato, nel luglio scorso, esattamente uno scenario del genere, e si sa che quando Klaus Schwab e il World economic forum attivano il loro giocattolo previsionale, come nell’ottobre 2019 (Event 201), succede sempre qualche cosa di drammatico, come ad esempio una pandemia covidaria (a proposito, possibile che i servizi segreti mondiali non sentano la necessità di dare uno sguardo in quell’ambiente?)

La seconda è l’estrema contiguità della tecnologia digitale con un capitalismo sempre meno etico, sempre più cinico, sempre più arrogante e assetato di profitto. Non è più il capitalismo manifatturiero del diciannovesimo e del ventesimo secolo che, pur spietato sotto molti aspetti, produceva almeno i beni della vita necessari a tutti noi, anche per i poveri, trasformando comunque le sue economie di scala in prezzi sempre più accessibili anche per le classi subalterne.

Il capitalismo finanziario di oggi è una “macchina senza cuore e senza luce di intelligenza”, per utilizzare l’espressione di un grande filosofo italiano, un animale rapace che sposta i capitali dove rendono di più senza porsi problemi circa le possibili conseguenze. Ogni allusione a Big Pharma o a Big Data, fra gli altri, non è assolutamente casuale. Un capitalismo del genere, che si appropria di masse sempre crescenti di dati personali e di potenti strumenti elaborativi, i famosi algoritmi, è ormai un pericolo per l’umanità.

La terza è anch’essa una contiguità: quella fra informatica e criminalità. Oggi nessuno è più sicuro della sua proprietà. Le frodi informatiche si diffondono anch’esse come un virus e chi ne subisce le peggiori conseguenze? E’ ovvio, le persone più fragili: anziani, analfabeti digitali, gente semplice, uomini e donne che non hanno avuto l’occasione di crescere e convivere con le nuove tecnologie. Oggi la grande criminalità non maneggia più banconote, lingotti, droga, armi; questo lo fa fare alla manovalanza del crimine internazionale.

Oggi la grande criminalità maneggia conti cifrati in paradisi fiscali oppure quella raffinata evoluzione della delinquenza finanziaria che sono le criptovalute generate con la tecnica del mining da poderosi computers dislocati nel mondo in luoghi inconoscibili. Tutte cose, entità, procedure, valori immateriali incontrollabili, tecnicamente raffinatissimi e quindi inaccessibili ai milioni di potenziali vittime, che possono solo subire. Vale la pena di leggere, o rileggere, in proposito l’analisi che qualche anno fa hanno condotto Giorgio Galli e Mario Caligiuri nei loro volumi Come si comanda il mondo e Il potere che sta conquistando il mondo (Rubbettino, 2017 e 2020).

La quarta considerazione, infine, è quella che ci tocca più da vicino, sempre più da vicino, e che moltissimi di noi stanno sperimentando in queste settimane: la fusione fra digitalizzazione e potere, o meglio, la digitalizzazione del potere. Il green pass ne è l’esempio più bruciante: uno strumento vergognoso sotto più aspetti. Innanzitutto perché è nato da una falsità ormai sotto gli occhi di tutti, ma detta e ripetuta coralmente e addirittura da un capo di governo: col green pass si ha la sicurezza di essere fra persone non in grado di contagiare e di essere contagiate, una specie di farmaco miracoloso dinnanzi a cui l’acqua di Lourdes è come un decotto di Panzironi.

Il green pass non ha nessun significato sanitario ma è solo l’olio di ricino dei tempi attuali: uno strumento per intimidire i dissidenti e i riottosi alla vaccinazione, cosa peraltro ammessa spudoratamente da molti uomini delle istituzioni e da molti opinionisti. In secondo luogo, al di là di questa stortura congenita, di questa vergogna iniziale, si ha l’impressione che il certificato verde abbia ben altre -e ancora più vergognose- ambizioni. La paura serpeggiante è che esso si inserisca in una rete di controllo sanitario globale a livello nazionale ed europeo (poi, forse, mondiale?) che potrà facilmente trasformarsi in un sistema di controllo globale oltre l’ambito sanitario, una “cinesizzazione” della nostra esistenza, finalizzata al “credito sociale”, verso cui non ci sono più difese.

Limitiamoci a questo, tralasciando altri segni inquietanti e concordanti: la moneta digitale, le grandi risorse destinate alla transizione digitale nel PNRR, il sempre più invadente ricorso alla identità digitale, agli SPID, alle tessere elettroniche, la prospettiva di un voto digitale con le sue infinite possibilità di manipolazione. A tutto questo si aggiunga il depotenziamento dei corpi sociali intermedi, il disprezzo crescente verso la democrazia popolare, il culto dei governi tecnici che decidono assieme a organismi tecnici, le “cabine di regia” e -su un piano diverso ma ugualmente significativo- la lotta alle identità culturali “forti”, ai valori nazionali, al concetto stesso di popolo, all’idea stessa di scelta pubblica condivisa.

Complottismo? Catastrofismo? Forse, ma l’intelligenza è anche la capacità di leggere, come nuovi aruspici,  i segni del mondo che si vanno aggregando e orientando.

E magari di lanciare qualche avviso, come moderne oche del Campidoglio.

Elio Ambrogio -

Firma di "Civico20News"

 

 

 

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Articolo pubblicato il 17/10/2021