Giochi di guerra 2

Gli sviluppi e le prospettive dei fatti ucraini

Proviamo a riprendere i ragionamenti di qualche giorno fa su queste stesse pagine e vediamo, con qualche lucidità residua, se ci sono cose nuove; almeno quelle che possiamo percepire dal nostro salotto di  casa, senza essere esperti di geopolitica e senza avere informazioni riservate e privilegiate, e usando solo le modestissime risorse della nostra ragione.

L’Ucraina è stata invasa dalle forze armate russe che, al momento, sembrano prevalere senza però avere ancora completato la loro missione.

La domanda sorge spontanea: quale missione? Ormai la risposta è evidente: abbattere il governo ucraino antirusso di Volodymyr Zelenskyj e poi costringerlo a trattare una nuova linea politica, oppure rimuoverlo del tutto creando una nuova Ucraina filorussa o quantomeno fortemente neutrale rispetto alle avances di una NATO che la vorrebbe fra le sue braccia, cosa che Putin, a ragione, percepisce come una mortale minaccia alla sicurezza della sua nazione.

Proviamo a ragionare, senza troppe illusioni, su questi presupposti e senza lasciarci prendere dalle isterie pacifiste, dalle allucinazioni mediatiche, dalle esaltazioni moralistiche e, soprattutto, dalle dichiarazioni dei politici atlantisti -si pensi solo al rumorosissimo Jens Stoltenberg- che ormai non conoscono più limiti nella loro verbosa russofobia.

Sentir condannare con toni apocalittici il ricorso russo alla soluzione militare da un Occidente che, da decenni, la utilizza senza alcuna esitazione appena la ritiene minimamente utile -dall’Irak ai Balcani, dalla Libia all’Afghanistan, dalla Siria alla Somalia, per tacere degli episodi coreani e vietnamiti, che appartengono ormai alla sua archeologia- appare francamente risibile.

L’argomentazione moralistica è talmente vuota e inutile nell’ambito delle relazioni internazionali, dove contano solo i rapporti di forza, da diventare perfino fastidiosa. Non per nulla, essendo la morale la scienza più a buon mercato, essa è dilagata sui mezzi di comunicazione con lo scopo di sommuovere la coscienza delle anime belle, cospargendola con  immagini strazianti di mamme e bambini in fuga, di famiglie nei rifugi, di vecchi disperati. Intendiamoci, nessuno di noi rimane indifferente dinnanzi a queste foto e filmati, quando sono reali.

In ogni guerra sono sempre i più indifesi a subirne la violenza e l’infamia, e stringono il cuore quelle figure smarrite che, raccolte le loro poche cose in trolley e borsoni, scappano a piedi, nel freddo, dalla minaccia in arrivo, vera o presunta che sia. Ma attenzione: una volta appurata la veridicità di quelle immagini, chiediamoci anche come vengono usate, e da chi. E’ vero che lo stolto guarda il dito e non la luna, ma è anche vero che il dito ti fa vedere quel che vuole. E un’opinione pubblica intelligente dovrebbe rendersene conto, separando la realtà dalla propaganda.

E ancora una volta, la grande comunicazione -come dicevamo nell’articolo precedente- è compatta e allineata come una falange: odio contro Putin e contro la Russia senza alcuna analisi approfondita delle cause e dei precedenti che hanno portato all’invasione, manicheismo ostentato e gonfio di moralismo, retorica minacciosa, populismo pacifista, catastrofismo. L’unica cosa che manca è il realismo.

Vediamo se è possibile invece qualche considerazione meno allucinata di quelle correnti su TV, radio e giornali.

Intanto far passare l’Ucraina e la sua classe dirigente come colombe ghermite dal falco russo è assolutamente fuorviante, anche perché l’informazione occidentale sembra ignorare che quel paese, quanto meno dal 2014, è un focolaio di tensioni e disordini sempre pronto a degenerare prima in guerra civile e poi in guerra esterna: certo la definizione di “drogati e nazisti” che Putin ha dato di Zelenskyj e della sua cerchia è inaccettabile per le nostre delicate orecchie occidentali (qualcuno ricorda però la definizione di “assassino” che Biden rifilò a Putin nel marzo 2021?), ma di qui a trasformare la cerchia di potere di Kiev in una schiera di luminosi eroi e martiri della democrazia ce ne corre.

Che Zelenskyj si sia avvalso di milizie para-naziste per attaccare in ogni modo le minoranze russofone nell’est del paese è noto, ma soprattutto va rilevato il suo enorme e criminale errore politico consistente nel volere a tutti i costi portare l’Ucraina nell’orbita dell’Alleanza Atlantica, scelta inaccettabile per un paese come la Russia che, negli ultimi anni, ha visto l’Occidente penetrare sempre più aggressivamente nella sua area di influenza, sino al punto di voler attirare a sé il “cortile di casa” di Mosca, cioè l’Ucraina.

Pensare che questa fosse, e ancora sia, una scelta possibile è, ripetiamo, criminale. Il potenziale missilistico occidentale portato in Ucraina sarebbe una minaccia mortale per Putin, come, a suo tempo, lo fu quello sovietico portato a Cuba. Chi non capisce questo -sia che appartenga alla dirigenza ucraina, sia che appartenga a quella atlantica- è un folle e diventa il primo responsabile di ogni possibile guerra in quella regione, e dei suoi possibili sviluppi internazionali. Dati quei presupposti, la scelta militare russa, forse non totalmente condivisibile nella sua durezza, è diventata però assolutamente inevitabile data la ferocia dei rapporti di forza internazionali, che possono anche non piacere alle anime pacifiste europee e internazionali ma che restano comunque informati  sempre e proprio da quella ferocia innata.

Chiunque abbia posto poi un minimo di attenzione allo scenario internazionale dopo il crollo dell’Unione Sovietica, non può non aver notato una crescente e aggressiva invadenza della NATO verso est che ha progressivamente occupato gli spazi lasciati liberi dalla presenza comunista del passato, una invadenza che ha portato i militari occidentali e le loro armi strategiche ai confini di una Russia che, non essendo mai uscita completamente dal suo atavico complesso di accerchiamento, si è sentita sempre più minacciata dall’esterno in concomitanza con una sua crescente fragilità interna, fragilità appena un po’ contrastata da una personalità forte e determinata come quella di Putin.

Quali saranno gli sviluppi della situazione attuale? Non conoscendo quelli possibili, proviamo a ipotizzare almeno quelli auspicabili.

Se Putin avesse voluto un’azione veramente forte e risolutiva sotto il profilo militare non avrebbe avuto alcuna difficoltà ad attuarla con un massiccio impiego di mezzi aerei e terrestri, distruggendo l’esercito ucraino, la gran parte delle infrastrutture del paese e provocando una strage di civili. L’impressione è che invece si stia limitando ad una decisa e penetrante azione di polizia internazionale volta più che altro a costringere la dirigenza ucraina alla trattativa o, in subordine, alla sua rimozione.

L’auspicio -che farà inorridire i benpensanti occidentali- è che questa operazione si chiuda rapidamente e radicalmente riportando con forza l’Ucraina alla normalità (non necessariamente democratica) ed eliminando alla radice quel focolaio di tensione e di instabilità collocato nel cuore dell’Europa, un focolaio che potenzialmente potrebbe trascinare il mondo in un conflitto di vaste proporzioni. E questo per la salvezza di tutti, anche di quelle moltitudini che, nelle nostre piazze, invocano pace e ostentano pacifismo.

Si ristabilisca cioè una nuova Yalta in Europa, di fatto o di diritto, in particolare nelle sue propaggini orientali, e la si rispetti, con le sue regole, i suoi confini, le sue aree di influenza, e soprattutto con una sua stabilità generatrice di pace ed equilibrio, lasciando che anche l’Ucraina finisca in questa costruzione al più presto.

L’errore grande e pericolosissimo che possono commettere Europa e Stati Uniti è invece quello di armare l’Ucraina e la sua discutibilissima dirigenza cronicizzando il conflitto e trasformandolo in una lunga estenuante e suppurante guerra civile in cui le grandi potenze metteranno perennemente le mani, rinfocolando una guerra senza fine dalle conseguenze imprevedibili, e pronta in ogni momento ad esplodere in un conflitto globale.

E tutto ciò con buona pace di un Biden senescente, di un’eterea e vociferante Von der Leyen, di un Draghi che fa il barboncino di casa, e delle piazze che reclamano una pace che non sarebbe più alla loro portata, e forse non lo è mai stata.

 

 

 

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 28/02/2022