Sanzioni e cannoni

Le sanzioni che strangolano la Russia isolano Putin

Un Consiglio europeo straordinario presieduto da Ursula von der Leyen ha approvato nei giorni scorsi a carico delle Federazione russa e della élite di quello Stato un corposo pacchetto di pesanti sanzioni: riguardano innanzitutto il settore finanziario, quello energetico e dei trasporti e, tra l’altro, i controlli sulle esportazioni, con particolare riguardo ai prodotti tecnologici. Anche gli Stati Uniti d’America e il Regno Unito si sono associati con l’Unione Europea per paralizzare la economia della Russia e tutti così rispondono a Putin, che ha invaso l’Ucraina riportando la guerra in Europa, con una “guerra finanziaria”, che ha l’obiettivo di isolare e strangolare il sistema economico e produttivo del Cremlino.

 

A sette delle più importanti banche di quella Federazione è stata interdetta la regolazione delle transazioni internazionali sul circuito “Swift”, che lega elettronicamente via Internet oltre 11mila organizzazioni finanziarie e bancarie in più di 200 Paesi nel mondo. Si paralizza così il commercio in quello Stato, perché nessuno vende più niente alla Russia, dalla quale non può più arrivare alcuna rimessa monetaria a saldo. Nulla più peraltro, per motivi analoghi, la Russia può vendere; ma dalle sanzioni è stata esclusa la Gazprombank, attraverso la quale continuano a transitare regolarmente, per ora, i pagamenti internazionali per le forniture di gas: non siamo solo noi ad averne bisogno, ed è da stupidi, ce lo insegna Carlo Cipolla nel suo teorema, far male a sé stessi facendo male agli altri.

 

La “intelligentia” russa è frastornata per la caduta verticale della propria economia domestica, col blocco delle carte di credito e gli scaffali dei grandi magazzini sempre più vuoti per le incette dei previdenti e la insufficienza dei rifornimenti. Si bloccano intanto per le mancate manutenzioni i grandi impianti di produzione, che la guerra richiede invece attivi, perché non arrivano più neanche i pezzi di ricambio per i loro macchinari industriali. Si fermano inoltre nelle aviorimesse, sempre per la mancanza di ricambi, che impedisce le indispensabili revisioni previste per la sicurezza dei voli, anche molti aerei della immensa flotta russa, che da tempo ha sostituito Antonov e Tupolev con Boeing costruiti a Seattle, città dello stato di Washington.

 

Alle nostre televisioni intanto, poiché certe riprese e la loro diffusione sono state vietate, non arrivano più i nuovi servizi sui sudditi dello zar fuori dal tempo, che continuano a manifestare contro la sua guerra, trascinati come sacchi di rifiuti nelle patrie galere in numero esorbitante – sono migliaia a due cifre ormai - e i corrispondenti locali della maggior parte dei mezzi di informazione stranieri hanno quasi tutti abbandonato le loro sedi a Mosca e nelle altre città russe, per tema di far la stessa fine, giacché la verità fa male e dirla potrebbe facilmente muovere nei loro confronti l’accusa di aver diffuso notizie false, lì perseguibili senza tanti complimenti anche nei confronti di giornalisti regolarmente accreditati.

 

L’attacco ai beni patrimoniali degli oligarchi russi, che colpiscono ora più d’un tempo l’immaginario collettivo e in particolar modo quello degli Italiani, porta la Guardia di Finanza a sequestrare panfili giganteschi agli ormeggi dei nostri porti turistici più rinomati e a porre sigilli a ville da sogno in Sardegna e in Toscana, mentre giornali e TV ne mostrano le foto, con accanto quelle dei magnati loro possessori, che identica sorte temono pure per quanto posseduto altrove.

 

Anche la Svizzera, da sempre porto sicuro di tante liquidità, che scaltri nocchieri hanno lì portato fuori da mari tempestosi, ha preso a scandagliare certi conti riferibili a personaggi russi e a bloccarne le movimentazioni e questo la dice tutta sulla fronda che si è creata intorno a Putin, le cui decisioni sono un passo indietro nella Storia e nella civiltà.

“È inconcepibile – ha detto il Presidente Mattarella in occasione della recente Festa della donna – che in questo nuovo millennio qualcuno voglia comportarsi secondo i criteri di potenza dei secoli passati, pretendendo che gli Stati più grandi e più forti abbiano il diritto di imporre le proprie scelte ai Paesi più vicini e, in caso contrario, di aggredirli con la violenza delle armi”.

 

Uomo sempre più solo al comando, Putin ha messo a distanza i suoi cortigiani nelle dirette televisive e chi gli stava più vicino ora gli si allontana, non per ripicca: Putin combatte una guerra tutta sua e chi, anche per tema, prima lo seguiva, ora per rispetto delle sue decisioni si trattiene; ma c’è anche chi dissente con manifestazioni di piazza e chi invece con mugugni di palazzo.

 

Putin vuole la sua guerra. Gli oligarchi vogliono i loro soldi. Ne hanno fatti con l’aiuto di Putin avendolo aiutato nella scalata al potere. Ora che non è più loro di aiuto, se non si toglie di torno, ci penseranno loro a farlo, e possono farlo perché, non ostante le sanzioni, di soldi ne hanno ancora tanti per trovare e pagare, anche nel “dark” che conoscono bene, qualunque mezzo si rendesse necessario.

 

Putin ha portato nella sua guerra il suo esercito di professionisti formati alla guerra e motivati a vincere ad ogni costo ogni guerra; ma con loro in Ucraina ci sono, e fanno massa enorme, i tanti giovani delle leve che vengono dai campi agricoli d’una terra sconfinata e dalle sue tundre gelate. Hanno lasciato le loro lontane abitazioni col sogno di scoprire anche un poco di mondo. Con lo spirito baldanzoso e disinibito delle camerate di prima accoglienza, son partiti quindi per la novità delle esercitazioni militari addirittura ai confini con la lontana Ucraina, vicino al mare visto da tanti solo alla TV. Pensavano quasi a una vacanza distanti da casa a spese dello Stato e vivono invece questa, che non è una esercitazione sul campo pratica, ma guerra, che combattono senza averne motivazione, nell’ansia per le madri, che li aspettano con ansia diversa, e vedranno forse un giorno recapitarsi un assegno - risarcitorio di che, di cosa, di chi? – e una cassetta con un mucchietto di ossa ridotte in cenere dai forni crematori portatili, approntati per motivi di igiene sanitaria e anche, o forse soprattutto, per sottrarre alla vista la conturbante teoria di bare, che deprime l’umore e cancella l’incoscienza dei combattenti.

 

Anche i russi muoiono nella guerra insulsa di Putin all’Ucraina, forse non sapremo mai quanti, e la nostra pietà per i bambini di quella terra, sacrificati al Dio della guerra, coinvolge anche quei tanti russi, da poco tempo non più bambini, che non avevano coscienza d’essere stati mandati lì a celebrare sacrifici umani d’infanti, sacrificandosi con loro.

 

Si vales, vàleo.

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Articolo pubblicato il 10/03/2022