Torino - Giustizia: storie come quella di Giulia Ligresti potranno ancora succedere

L'analisi di Luigi Cabrino

In molti prevedevano una scarsa affluenza alle urne per i referendum sulla giustizia, in effetti le questioni o erano complesse ( legge Severino, valutazione magistrati) o poco appassionanti ( correnti politiche e loro potere nella magistratura).

Tuttavia credo che la vera vittoria del “partito delle procure” come è stato battezzato in occasione di questa consultazione, sia stata quello di non permettere che si accendesse il minimo interesse sulla orrenda questione degli eccessi di carcerazione preventiva; di fatto buona parte degli italiani si è dimostrata disinteressata al fatto che ogni anno oltre mille persone vengono arrestate prima del processo e la loro carcerazione si rivela poi ingiusta; eppure tre innocenti sbattuti in carcere ogni giorno dovrebbero fare riflettere.

Invece l’interesse non c’è stato: da un lato la Sinistra giustizialista che con le toghe va a braccetto da tempo – chissà se per convenienza o per paura – di sicuro non si è spesa per limitare la possibilità di sbattere in cella a piacimento degli innocenti, ma anche una parte della Destra con simpatie manettare ha dato indicazione di votare no al quesito.

Nelle settimane precedenti i referendum, nel silenzio della grande stampa, alcuni giornali hanno pubblicato le molte storie di innocenti incarcerati.

Tra queste c’è quella di Giulia Ligresti, figlia del famoso costruttore che si è poi buttato in finanza con l’acquisizione di compagnie assicurative e finanziarie.

Il 17 luglio 2013 viene arrestata, in quanto vicepresidente di Fonsai, per fatti poco chiari e fumosi; mossa dalla disperazione dovuta al fatto di essere stata prelevata all’improvviso da casa e buttata in cella viene indotta a patteggiare, cosa che fa il 2 agosto, probabilmente in quelle precarie condizioni psicologiche avrebbe ammesso anche la responsabilità per le bombe atomiche del 1945 ad Hiroshima.

Il 3 settembre ottiene il patteggiamento e torna in libertà, ma il fratello con due alti dirigenti della compagnia, per gli stessi fatti imputati a Giulia Ligresti vengono prosciolti con tante scuse perché per quei fatti non sussisteva alcun reato.

Di recente la cosiddetta giustizia italiana ha riconosciuto a Giulia Ligresti un piccolo risarcimento per il tempo trascorso in carcere fino alla richiesta di patteggiamento, ma non per il periodo successivo perché col patteggiamento, quasi estorto in una cella di carcere nelle condizioni psicologiche che possiamo immaginare, avrebbe ammesso la colpa.

Colpa che, però, la stessa magistratura ha affermato non essere tale per l’insussistenza del reato.

Bene, storie come queste ce ne sono a centinaia, e non riguardano solo affermati imprenditori o grandi manager, ma poveracci sbattuti in galera senza colpa. Mille all’anno, tre al giorno.

Storie come quella di Giulia Ligresti e tanti altri meno conosciuti potranno ripetersi, e alla stragrande maggioranza dei cittadini , a quanto pare, va bene così.

Si, la cultura manettara ha stravinto, occorre riconoscerlo.

 

Luigi Cabrino

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Articolo pubblicato il 19/06/2022