La felicità non si nega a nessuno, né si nasconde volutamente, …

… ma nessuno sa dove si trovi e come trovarla!

Quanto segue si riferisce all’incontro n° 65 del 30.11.2021 che è stato suddiviso in 11 articoli. Questo è il n°5.

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Indaffarati come siamo a riempire la vita di ogni tipo di attività, spesso non ci rimane tempo per comprendere il senso di quello che facciamo al posto di quello che servirebbe veramente. Anche perché crediamo che quello che stiamo facendo sia già quello che serve veramente. Ma è proprio così?

 

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Così come tutti i corpi, tutti gli esseri viventi, tutto ciò che esiste, sono compenetrati dall’essenza originale attraverso la quale possono esistere e vivere. Senza questo niente di ciò che vive o esiste potrebbe farlo.

 

Riferito all’ultima parte del discorso che hai fatto, la questione di voler stare bene cercando di ottenerla con qualunque mezzo disponibile, non fa parte anch’essa di un bisogno primario? Se penso a bisogni primari direi: stare bene ed essere felici. La scelta di voler star bene ed essere felici secondo i parametri di ognuno di noi è fortissima, immagino …

 

Certamente. Ha sostituito però in modo classico l’idea originale primaria ed è degenerata verso una semplice soddisfazione sensoriale o di quelle parti o desideri che noi non conosciamo. Quindi si traduce in quella condizione per cui desidero una cosa che mi farebbe felice ma quando arrivo ad averla non sono felice lo stesso, continuo a non essere felice. Mi tocca ricominciare daccapo. Questa giostrina continua sempre più veloce fino a quando non c’è più niente che ti soddisfa e rende felice. Così comincia la paranoia oppure la depressione o altro che sono risposte correttamente naturali ma incredibili perché stanno a significare la necessità di agire diversamente da quanto crediamo di dover fare per ottenere il risultato atteso. Per essere felici siamo convinti di dover avere a disposizione, o meglio, possedere, tutto ciò che ci passa per la mente, saturando ogni spazio ed istante della nostra vita di cose che dovrebbero renderci felici. Tuttavia dopo averlo fatto non siamo felici lo stesso. Allora cosa succede? Che al posto di continuare a saturare questo spazio con tutto ciò che conosciamo ma non ci conduce al risultato atteso, si cerca di liberare un po’ di spazio per permettere che qualcosa di nuovo possa entrare nel nostro sistema, in precedenza saturo, e quindi refrattario ad accogliere qualsiasi nuova istanza. Questo liberare spazio è ciò che nelle persone comuni viene identificato come depressione, ovvero condizione che permette di creare un vuoto all’interno di un pieno e quindi quella depressione che noi identifichiamo come malattia “depressione” non è che un tentativo di segnalare una necessità del sistema. Quella di creare spazio per accogliere altro, qualcosa di nuovo più coerente con la necessità o desiderio in questione. Qualcosa di nuovo che tende a produrre la condizione richiesta e che ci manca. Il grosso guaio conseguente alla nostra ignoranza in materia è che in quello stato in cui non ci sentiamo ancora così bene come vorremmo, anzi che percepiamo come forte disagio, che permarrebbe solo per il tempo necessario a produrre il risultato, vogliamo che scompaia immediatamente perché ci procura sofferenza, procura sofferenza alla nostra coscienza, perché se fossimo incoscienti non lo sentiremmo tale. Infatti un malato di Alzheimer non si pone tali problemi ed il suo corpo fisico diventa una roccia, supera tutti gli ostacoli fisici, poiché non ha interferenze di pensieri o desideri, quindi non produce tale stato di pieno che impedisce che giunga altro. Purtroppo il fatto che chi è riconosciuto come sofferente di tale patologia viva in ambienti saturi di presenze simili a lui, non dispone di spazio e modo di reagire diversamente a quella sollecitazione e quindi si tende a mantenere lo stato di quella persona al limite della semplice sopravvivenza senza possibilità di apportare nulla di nuovo e risolutivo. Noi facciamo la stessa cosa. Siamo potenzialmente malati di Alzheimer, riconoscibili come asintomatici perché viviamo in mezzo ad altri come noi come se fossimo sani e integralmente in possesso della nostra capacità di intendere e volere, ma è evidente, anche ad un esame non troppo approfondito, che così non è. Infatti non ci ricordiamo perché viviamo. E comunque facciamo di tutto per mantenere il nostro corpo apparentemente sano e vivo anche se siamo completamente fuori strada. È un problema grandissimo, che genera una condizione generale terribile. Basta osservare cosa ha prodotto negli opposti schieramenti di convinzioni rispetto alla pandemia e alle sue ipotetiche modalità di risoluzione. Si può osservare chiaramente come funzionano le cose all’interno di questi stati d’essere. C’è solo posto per posizioni nettamente contrapposte a prescindere da una benché minima argomentazione coerente con la realtà della situazione e basata, invece, su convinzioni strampalate sostenute da argomenti circoscritti ad un sapere presunto ritenuto sufficiente a renderli credibili. Mentre sono indegni di tale valore attribuitogli per proprio tornaconto. È la prova evidente di uno stato patologico, simile ad una degenerazione senile incontrollabile, che si è conclamata nella maggior parte dell’umanità in modo trasversale. È come se un matto dall’interno di un manicomio guardasse fuori e dicesse: accidenti quanti matti ci sono lì fuori! C’è un problema di fondo che sta facendo diventare gli esseri umani qualcosa di diverso da un essere umano. Quindi è giusto anelare alla felicità, è giusto desiderare la salute ma solo se sappiamo cosa significa felicità e salute. Altrimenti è inutile mettere etichette a cose o situazioni che con ciò non hanno nulla a che vedere. Tant’è che una volta raggiunte o entrati in loro possesso riconosciamo il fallimento di quell’obiettivo. Quando ho accennato al discorso gravità e polarità avrei dovuto anche sottolineare che pur essendo vero che l’essere umano è una specie di mago, un essere capace di fare qualsiasi cosa senza alcun limite, se non comprende ciò che sta facendo, e ciò che sta facendo diventa realtà, sono guai a non finire. Prima di tutto per lui stesso e poi per gli altri e tutto il resto. La prova più evidente è questa: ritorniamo alle fasce di Van Allen quali elementi di protezione della Terra rispetto alla Terra stessa e ai raggi cosmici non necessari. Un essere umano all’interno di questo spazio protetto può agire ed emanare da sé stesso, emettere, irradiare, pensieri, desideri, capacità di costruzione. Ad esempio costruire un tunnel, una galleria che passi sotto tutti gli oceani. Se decide di farlo impiegando tutte le sue energie ci riuscirà. Ovviamente così facendo non può essere certo che prima o poi non si verifichi una crepa attraverso la quale, prima poco e poi sempre di più, l’acqua dell’oceano sovrastante fluisca e riempia l’intera galleria e tutti coloro che si trovano a percorrerla finiscano annegati. Ma è anche ciò che avviene per analogia nei nostri pensieri e desideri. Emettendo, e questo è ormai chiaro, dal cuore e dalla mente impulsi tutto intorno a noi, nel nostro ambiente ed anche oltre, e generando campi magnetici misurabili, verso qualcosa o qualcuno, quando essi non raggiungono l’obiettivo, come se si trattasse di boomerang o un sonar, vengono respinti al mittente dalle fasce di Van Allen quale ultima difesa e contenimento. Ciò genera di conseguenza un rafforzamento delle proprie convinzioni nella persona che ha emesso tali impulsi o campi magnetici. In essa tali convinzioni si sclerotizzano fino a diventare completamente inalterabili. Quella persona diventerà talmente convinta di ciò che si è generato in lui e attraverso di lui, da diventare un fanatico senza scampo. Arriverà ad identificarsi in ciò fino a non potersene più liberare in alcun modo. Vedremo più avanti cosa ciò comporti. Queste dinamiche valgono non solo per costruire una galleria ma anche per gestire o dominare le masse o i rapporti interpersonali. Possiamo osservare queste dinamiche in ogni comportamento umano, in ciascuno dei suoi aspetti. E dalla osservazione possiamo facilmente dedurne comportamenti successivi e conseguenze del suo agire, anche solo prendendo in considerazione piccole cose o espressioni del suo comportamento. Pur rimanendo sempre in un campo di osservazione limitato. Ognuno può fare lo stesso verso di sé ancora più facilmente. Se noi descriviamo la nostra giornata-tipo e osserviamo che in tali circostanze stiamo bene, poi osservandone un’altra in cui non stiamo così bene, confrontandole potremo dedurne le differenze e quindi le eventuali relazioni con il cambio di situazione percepito. Possiamo individuare gli elementi che sono in qualche modo collegati a tale variazione di stato. Si possono osservare giorni successivi e trovare gli elementi comuni che si ripetono quando non stiamo bene. Personalmente, qualche anno fa, ho fatto un’indagine giornaliera, durata sei mesi, per riuscire a provare o sfatare la certezza granitica che il peso corporeo variasse in relazione alla dieta. Infatti al variare della dieta, delle quantità, dello stato d’animo, delle funzioni corporee, delle ore di sonno, della quantità di movimento ed altro ancora, il peso è rimasto pressoché inalterato. Solo negli ultimi tre anni qualcosa è cambiato, ed è variato il peso. Ma sono dovute subentrare altre variabili di cui la maggior parte sconosciute (dopo oltre un decennio di peso costante, la variazione è giunta fino a 7/8 kg in più per poi stabilizzarsi nell’ultimo anno calando a soli 3 kg di differenza in più rispetto al peso di riferimento iniziale, in ogni caso senza intervenire in alcun modo. Ovviamente c’è stata una modificazione strutturale facilmente osservabile e sperimentabile: è cambiata la conformazione generale del corpo con meno massa muscolare e più massa grassa, determinata non solo dall’età ma anche dalle diverse necessità del corpo (ed oggi sono in uno stato di equilibrio che mi permette di non avere grandi acciacchi e non assumere medicinali). Questo esperimento mi ha fatto comprendere che non basta agire su questa o quella cosa per cambiare condizioni, ma devono subentrare molti più fattori, in parte sconosciuti ma evidentemente necessari, per modificare un sistema e renderlo maggiormente adatto alle nuove circostanze, anche contro ogni nostro controllo e fuori dai nostri desideri ed aspettative. Vedremo più avanti quanto ciò sia importante per evitare di farci del male pur agendo secondo le nostre migliori intenzioni per migliorare la nostra salute o la nostra forma fisica.

 

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prosegue nei prossimi articoli …

 

foto e testo

pietro cartella

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Articolo pubblicato il 13/09/2022