Ogni nostra esperienza non è completa fino al momento in cui …

… siamo costretti a vivere direttamente anche quella parte di essa che è stata vissuta solo da coloro con i quali abbiamo interagito.

Quanto segue si riferisce all’incontro n° 67 del 14.12.2021 che è stato suddiviso in 8 articoli. Questo è il n°1.

-------------------------------

Qualcuno ricorderà le parole: “non fate ad altri ciò che non vorreste fosse fatto a voi”. Quanti di noi però non comprendono bene cosa ciò significhi e cosa comporti realmente. Si tratta infatti dell’esposizione, secondo una modalità mistico-religiosa, del contenuto di una legge cosmica, universale ed inalienabile, alla quale nessuno può sfuggire. Una legge che se non trova applicazione durante la vita, mentre siamo dotati di un corpo fisico, non mancherà di farlo subito dopo che questo avrà terminato la sua funzione, chiamando in causa la nostra coscienza prima che essa ne segua la stessa sorte.

-----------------------

Benvenuti!

La scorsa volta abbiamo messo lì un bel po’ di informazioni relative alla vita e alla morte che è uno degli aspetti più incompresi, anzi, sconosciuti, o ignorati, della nostra realtà. Infatti non si può capire la vita se non si capisce contestualmente la morte. E dato che della morte abbiamo paura e la vogliamo tenere lontana a tutti i costi, di conseguenza non riusciamo a capire la vita. La scorsa volta una delle domande era stata perché occorre scendere da quella ruota dove noi siamo inseriti all’interno di una delle cabine che gira su di essa. Che bisogno c’è di scenderne, se uno sta bene e può starsene tranquillo lì? In tal caso non c’è nessun bisogno di andarlo a disturbare. Il biglietto è pagato per un numero infinito di vite; pagato a caro prezzo, ma comunque pagato e quindi se uno vuole continuare a girare in tondo, nessun problema, continui pure a farlo. Ma quando cominciano a nascere delle domande, quando si comincia a capire che qualcosa non torna, che qualcosa manca, che qualcosa ci manca, allora ci si mette a cercare un’alternativa, una via d’uscita da tale situazione. Quindi dicevamo che nessuno deve disturbare chi sta sulla ruota e vuole, o non può fare altro che continuare a girare e guardarsi il panorama che più lo interessa tutte le volte che vuole, può o deve. Se non può fare niente altro che starsene tranquillo dentro quella cabina che per certi versi può anche essere confortevole, gradevole, e che quindi lo fa star bene. Se non può desiderare altro che starsene lì tranquillo ad aspettare il suo tempo, il suo turno e gli eventi che la vita gli metterà davanti. Però non è così per tutti. Ad un certo punto qualcuno le domande, non tanto o non solo comincia a farsele, ma a sentirsele arrivare senza poterci fare niente, senza potervici opporre, perché a volte è così che accade. Mentre costui sta facendo altro, in modo apparentemente del tutto improvviso ed inaspettato, zac, arriva un impulso nel cervello, sotto forma di domanda o di immagine, e ciò basta a provocare una reazione nel sistema. Sente qualcosa di diverso che per un attimo interrompe i meccanismi automatici e quella interruzione provoca un cataclisma nel sistema. Perché quando si interrompe un automatismo, non è detto che quell’automatismo possa ripartire come prima senza aver riportato qualche danno o modifica. Quasi sempre qualcosa è cambiato anche se lì per lì nessuno se ne accorge. Il filo continuo è stato tranciato e poi riannodato in qualche modo, ma non è più lo stesso filo, la continuità è stata interrotta e ne reca la traccia.  I legami con i valori ad esso connessi, con le situazioni abitudinarie, con le idee fisse che avevamo nei confronti delle cose ed alcune in particolare. Benissimo. Ora sospendiamo per un attimo l’osservazione di quali ne siano le conseguenze e introduciamo altre considerazioni che ci serviranno quando entreremo più nel pratico per vedere cosa tutto ciò che ho raccontato comporta nel quotidiano, nelle nostre attività pratiche e nei nostri comportamenti. Nella nascita o risoluzione dei problemi che incontriamo sulla nostra strada. Ed ecco quindi altri contenuti importanti per capire le conseguenze che le premesse di queste leggi fondamentali comportano. Perché dicevo che è importante capire la morte se si vuole capire la vita? Perché le due cose non sono disgiunte e fanno parte di un unico percorso, ripetitivo fino a quando serve. Vedremo ora cosa succede nel momento in cui una persona, che per un certo tempo ha vissuto, muore. Abbiamo detto che i corpi che si sono formati all’inizio di questo ciclo di vita si dissolvono e lasciano praticamente una sintesi della loro esperienza nella banca dati personale e generale che verrà poi messa a disposizione di chi proseguirà l’esperienza. Ma c’è una cosa importante che accade subito dopo il momento in cui una persona muore. Subito dopo e per un tempo estremamente ridotto (secondo i nostri parametri consueti), circa 3 giorni e mezzo, 84 ore, accade una cosa importante e fondamentale (insieme ad altre) per tutto quello che verrà dopo.

 

Quella entità rivede al contrario tutta l’esperienza della sua vita appena trascorsa, ma con una differenza sostanziale: lo rivive visto dalla parte di coloro con i quali egli o ella ha interagito.

 

Quindi per la legge della attrazione gravitazionale e delle polarità inverse attira a sé, al contrario, tutte le esperienze della sua vita, tutti i suoi atti, ma come sono stati vissuti da coloro che li hanno subiti. Significa che se io ho agito in un certo modo nei confronti di una persona, quando rivivrò quel fatto, sentirò direttamente su di me quello che quella persona ha patito, ciò che le ho fatto patire. Così si completerà l’esperienza di un fatto, acquisendone anche la parte mancante, integrandone i suoi due poli: quello che ho fatto io e quello che ha subìto l’altro (o viceversa). Solo così può essere fatta esperienza completa di entrambi gli aspetti. Solo allora avrò conosciuto davvero, sperimentandolo, il senso completo di quel fatto. Ed è estremamente importante perché ci permette di comprendere anche quanto possano risultare dannose (ma anche il contrario) tutte quelle cose che facciamo intorno ad una persona deceduta, in quel breve lasso di tempo. Mentre l’unica cosa che dovremo fare sarebbe lasciarla tranquilla, non disturbarla, per tutto quel tempo necessario a completare tale processo di integrazione delle parti delle esperienze fino al loro completamento e prima di essere acquisite correttamente nella banca dati generale delle esperienze umane. Lasciandoglielo fare nel migliore dei modi, cioè senza interferire. Altrimenti si aggiungerà problema a problema in quanto le cose non si completeranno, oppure lo saranno parzialmente e così saranno inserite nella banca dati incomplete e distorte a danno di coloro che verranno e dovranno utilizzarle.

 

- Cosa intendi per lasciare tranquilla quella persona, il deceduto, cosa intendi dire?

 

Vorrebbe dire lasciare che la salma non venga disturbata in alcun modo. Vorrebbe dire che tutte le pratiche normalmente effettuate intorno ad una persona morta, compreso pianti, dispiacimenti e ricordi, non solo non hanno ragione di essere (poiché si tratta solo di reazioni emotive automaticamente indotte dalle abitudini e altri condizionamenti inconsci) ma sono controproducenti perché disturbano tale processo di completamento delle esperienze che è estremamente delicato. Gli antichi indiani americani quando sentivano prossima la morte si allontanavano dal loro gruppo e andavano a morire distanti per poterlo fare in modo tranquillo, isolandosi. Sapevano di non dover essere disturbati per un certo periodo anche se non erano ancora del tutto, o non più del tutto, coscienti di quello che doveva avvenire; ne avevano comunque un ricordo approssimativo. E quindi si affidavano a tale ricordo senza problemi. Anche in altri luoghi della terra i riti funebri sono di tipo differente dai nostri ed in alcuni casi recano ancora qualche traccia di questi ricordi ancestrali. Non importa se tali procedure siano improntate alla tristezza o alla gioia; sono sempre e solo disturbi che andrebbero evitati per il bene di tutti.

 

- Si può dire che sia anche uno stato d’animo simile a quello che necessita ad una persona durante una malattia. Cioè sia una necessità che, al di là di un supporto opportuno nel caso sia necessario, serva silenzio, tranquillità, isolamento, anche in tale situazione, ovvero che risulti utile alla persona malata?

 

Probabilmente è utile a chi sente questa utilità perché in tal caso si lega più ad uno stato di coscienza; è più una risposta relativa alle necessità di uno stato di coscienza, specifico del momento, di quella persona. C’è chi sente di aver bisogno di tale condizione, e ne ha tutte le ragioni per pretenderla, mentre altri desiderano avere attorno a sé il massimo sostegno possibile, fisico, energetico, visivo, tangibile, a cui attingere ciò di cui sente mancanza, per ritornare, quanto prima, ad uno stato di equilibrio psicofisico accettabile. Ma quando si tratta del processo “post mortem” è diverso, perché tale stato non può essere ripetuto, né recuperato diversamente. Avviene solo in quel momento. Quindi niente interferenze se possibile.

 

------------------------

prosegue nei prossimi articoli …

 

foto e testo

pietro cartella

 

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 13/01/2023