Semplice o complesso?

Tendiamo a semplificare, in modo superficiale e incoerente, la complessità delle relazioni, per poi ritrovarci sorprendentemente invischiati, senza vie di uscita, in una tela di ragno, intessuta, con zelo e pervicacia, da noi stessi.

Quanto segue si riferisce all’incontro n° 69 del 04.01.2022 che è stato suddiviso in 7 articoli. Questo è il n°5.

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Su che cosa dobbiamo ancora riflettere, ragionare, prima di agire? Non serve farlo, poiché la nostra esperienza è già sufficiente a trovare quello che occorre per ogni situazione che si para davanti a noi. Siamo o non siamo, proprio ora, l’ultimo aggiornamento funzionale dell’umanità? Che cosa dobbiamo ulteriormente sapere o imparare se già siamo il compendio di tutto ciò che è avvenuto fino a qui? Il nostro desiderio di semplificare ciò che riteniamo possibile per evitare di complicare troppo le cose ci induce a cercare scorciatoie che non esistono se non nelle nostre velleitarie intenzioni.

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Quindi possiamo ben comprendere quanto le poche cose che abbiamo detto siano in grado di far affiorare da una complessità enorme quelle cose che noi invece gestiamo come se fossero semplici e che pensiamo di poter gestire benissimo perché le abbiamo ridotte (proprio noi) a quella semplicità (che non hanno). Non è vero! Stiamo solo chiudendo gli occhi e facendo montare la pressione all’interno di una bomba che prima o poi ci scoppierà tra le mani. Esattamente come accade nel periodo dell’adolescenza.

 

Vediamo se riesco a formulare la domanda perché ho delle perplessità su punti che non sono ancora chiari a me stessa. Mi auguro di riuscire a comunicarle. Sentendo la prima parte del discorso sulle relazioni famigliari, in particolare tra genitori e figli, sono arrivata ad un momento in cui mi sono detta che occorra essere illuminati per potersi rapportare ad un bambino. Diversamente siamo tutti inadeguati! Profondamente inadeguati! Bisognerebbe veramente essere illuminati per poter conoscere chi abbiamo davanti e poterci rapportare nella maniera appropriata. Detto questo, quando sei arrivato a parlare della scuola io mi aspettavo delle bastonate sugli insegnanti, magari arrivano dopo, e invece hai cominciato a parlare del rispetto della gerarchia e così via e mi son detta ma guarda che bravo, sta tirando fuori un argomento che sembrerebbe così fuori moda, così superato. Allora, non so dove andrai a parare, però mi viene subito di fare questa domanda, questa obiezione, questa riflessione: da quello che ho sentito mi viene da intuire che tutto sommato quella che è l’influenza dei genitori con i loro corpi energetici e del sangue la vince di gran lunga su quello che poi invece si può apprendere a livello culturale e attraverso le relazioni che si stabiliscono all’asilo e nella scuola. E così o non è così? E poi un’altra domanda: e anche gli insegnanti con i loro corpi energetici con la loro coscienza non possono forse avere un forte influsso sia in senso positivo che negativo sull’alunno che sta loro davanti?

 

Intervento con domande assai complesse. Vediamo come uscirne. Cominciamo col dire così. Se vogliamo stabilire una gerarchia di forze tra tutte le cose che accadono all’interno di un individuo, al primo posto c’è il proprio programma di vita; al secondo posto le relazioni con i genitori e dal terzo posto in avanti tutte le altre relazioni. Relazioni che diventeranno, nel corso del tempo, predominanti, se si lascia spazio a che lo diventino, togliendo di mezzo i genitori. Altrimenti la funzione distorta dei genitori sarà sempre di ostacolo tra il piano di vita e le relazioni con tutto quello che avviene nel corso della vita per manifestarla. Allora, occorre giustamente comprendere bene quali sono le funzioni e le relazioni, non per diventarne schiavi ma per comprendere come, ottemperando a queste necessità di base, si può invece essere liberi di andare oltre ciò che queste regole dicono (e impongono). Se io capisco quale sia la relazione tra un corpo che si butta da un aereo e l’aria, prima che si sfracelli al suolo, posso anche capire come evitare che accada (per esempio usando un paracadute), no? Se invece ignoro o faccio finta che non esistano tali regole e relazioni, oppure voglio impormi tentando di farle funzionare diversamente dalla loro natura, mi butterò dall’aereo e mi schianterò al suolo. Quindi l’influenza dei genitori volente o nolente attraverso i legami del sangue rappresenterà un aiuto, una possibilità di sopravvivenza, per un certo tempo, fino a quando quella entità-figlio non sarà pronta per camminare con le proprie gambe, solo se essi capiscono che non devono interferire con il piano di vita di quella persona, ma devono lasciarla libera, prima possibile, di proseguire verso l’obiettivo del suo piano di vita. Essi potranno accompagnarlo fino al momento in cui egli comincerà a comprendere l’esistenza e lo scopo delle sue relazioni con la vita, lasciandogli spazio per sperimentarle. Il che vuol dire provvedere responsabilmente al necessario per farlo e non interferire in ciò che si possa pensare sia bene o male per lui, specialmente se non ci viene chiesto di farlo. E l’unico che può chiedercelo è colui che ne ha bisogno. E se chi ne ha bisogno fa una domanda o una richiesta specifica di lasciarlo andare a sbattere contro un muro, gli si può certo far notare cosa ciò comporti, ma non glielo si può evitare o impedire. Drastico e drammatico molto più di quanto vogliamo lasciarlo apparire. Non ci si può mettere in mezzo tra chi vuole o deve andare a schiantarsi contro un muro e il muro. Perché una volta potrà anche funzionare e noi faremo da cuscinetto tra lui e il muro (ed è ovvio cosa succederà a noi al suo posto). Forse quella volta ci salveremo entrambi, ma la prossima volta costui dovrà schiantarsi ancora più forte e non ci sarà altra soluzione. Prima o poi accadrà, perché non potremo sempre essere lì a fargli da cuscinetto verso il muro. Perché quello è il suo muro, quello che prima o poi dovrà affrontare. Quindi quando mandiamo un figlio all’asilo sperando che chi è all’asilo si metta tra nostro figlio e il suo muro, beh, ci stiamo sbagliando. Mentre stiamo affidando, e dovremmo affidare, alla vita i compiti che le competono e sa svolgere meglio di noi verso chiunque, compreso nostro figlio. Delegare costantemente queste cose a qualcuno, a qualche organizzazione, che lo faccia per noi vuol dire che noi non risolveremo mai quel problema perché non l’abbiamo mai affrontato noi stessi dentro di noi. Quindi quando quel bambino tornerà a casa dopo aver appena fatto l’esperienza di schiantarsi contro il muro, parato da un cuscinetto, arriverà a casa e farà la stessa cosa ma non troverà nessuno che si para tra lui e il muro e si schianterà davanti ai nostri occhi. Allora noi crederemo che la colpa sia di chi non lo ha avvertito che c’era il muro e andremo a prendercela con quelli dell’asilo o della scuola, con quella maestra o quell’insegnante, anziché con noi stessi che non abbiamo compreso in quale lingua occorre comunicare con tutti questi altri mondi, universi, che crediamo siano tutti lì per servire noi secondo il nostro capriccio. Non funziona così! Possiamo crederci, possiamo anche cercare di farlo, ma non funziona così! Torno a dire che anche nell’universo quando una stella deve esplodere o un pianeta deve schiantarsi contro un altro corpo celeste, non muore l’universo e c’è una ragione per cui ciò accade. Queste stesse regole, poiché tutto vive, sono le stesse per tutti gli esseri viventi, compresi gli umani. Per l’universo, per gli universi! Quindi si tratta di una grande complessità che non può essere né banalizzata né codificata in modo standard. Non può essere ridotta ad un protocollo famigliare o scolastico. La famiglia, i legami di sangue, sono la chiave che potrà aprire o tenere chiusa la porta di accesso alle relazioni con la vita di quell’essere nato all’interno di quella famiglia. Non per niente si dice che così come è stato fatto con il cordone ombelicale fisico, che viene tagliato al momento della nascita, occorre fare la stessa operazione ogni volta con i cordoni ombelicali che trattengono gli altri corpi energetico, del desiderio e del pensiero. Altrimenti genitore e figlio rimarranno legati tra di loro in maniera patologica morbosa. Anche se con le migliori intenzioni e agendo nel modo migliore concesso. Ma sarà patologica perché creerà una malattia del vivere e morbosa perché tendenzialmente rivolta agli attori di questa patologia. Senza emancipazione del figlio dalla famiglia, la vita di quella famiglia e di quel figlio saranno delimitate dalle mura di una prigione che si saranno costruiti con le proprie mani senza volerlo. Come vedremo, la stessa legge di attrazione gravitazionale e delle polarità inverse, regolerà costantemente tutto ciò che accade durante la vita di un essere umano, non solo nelle relazioni famigliari, con la scuola o la società, ma anche e soprattutto con i propri partner, con una grande differenza: mentre in tutti gli altri casi, in qualche modo noi delegheremo qualcosa a qualcuno che non facciamo entrare così spesso all’interno della nostra cabina di 16 metri di diametro, nella quale ci scambiamo tutti i dati e le informazioni, coscienti o no, nel caso del partner o di chiunque, fosse anche un amico o una amica, decidiamo di far entrare in stretta relazione con noi, vedremo come con questa entità, altra da noi, queste regole diventeranno ancora più evidenti e difficili da gestire e non potremo delegare niente a nessuno. Metteranno sempre più in evidenza come questa difficoltà nasca dal fatto che noi non siamo mai entrati in relazione con noi stessi, con le stesse modalità. Perché prima di tutto dobbiamo considerare che l’idea che abbiamo di noi stessi, quella che noi chiamiamo “io” nelle sue varie espressioni, la attiriamo a noi come se fosse un elemento altro, esterno a noi, la nostra immagine nello specchio che vogliamo far coincidere con il nostro essere, lo facciamo entrare nella nostra cabina, ci identifichiamo con tale componente come se fosse tutto, come se fosse “io”, e vorremo che queste cose facessero quello che noi vogliamo. Per questo si dice che la maggior parte degli esseri umani, considerati sani, sono paranoici e schizofrenici; figuriamoci quando siano considerati malati quante altre distorsioni portano in sé (vedi dsm V).

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prosegue nei prossimi articoli …

 

foto e testo

pietro cartella

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Articolo pubblicato il 28/03/2023