Articolo 41 ter del Codice Penale Universale.

Regime di carcere duro per tutti, a prescindere dalla appartenenza ad associazioni a delinquere, per causa di ignoranza, presunzione e oltraggio rispetto alle leggi della vita.

Quanto segue si riferisce all’incontro n° 69 del 04.01.2022 che è stato suddiviso in 7 articoli. Questo è il n°6.

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Non c’è niente di peggio che comminarsi da sé stessi una pena infinita determinandone metodicamente presupposti e modalità mentre si sta facendo di tutto per affermare la propria inalienabile libertà.

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Nella pratica quotidiana possiamo vedere, come evidenziato in un precedente intervento, che vivere nella tranquillità fuori dal caos cittadino induce un diverso modo di vivere. Cosa cambia? Non è forse la stessa persona che poi ritorna in città? Certamente, però se in quella persona alcune condizioni problematiche non sono risolte, come per tutti, quando variano le condizioni al contorno, per esempio il contesto nel quale vive, cambiano le risposte alle sollecitazioni e quella persona sembra non essere più la stessa che ricordiamo. Tutti noi siamo suscettibili di tali cambiamenti di comportamento continui in relazione alle condizioni del contesto nel quale ci troviamo e chiunque ci osservi se ne accorge. Allora ci domanda cosa ci sia accaduto, per trovare la ragione del nostro cambiamento. “Cosa ti è successo, non ti riconosco più, sembri un altro”. E noi sosteniamo di non essere cambiati, di essere sempre gli stessi, ma non è proprio così vero. Intanto perché non ci conosciamo davvero e poi perché (questa è una evidenza facilmente documentabile) se ci chiedono di fare una certa cosa mentre siamo tranquilli in montagna reagiamo in modo diverso da quando ce la chiedono mentre siamo coinvolti nel traffico cittadino di ogni giorno. Siamo sempre gli stessi (!?) ma rispondiamo diversamente in relazione alle condizioni esterne (che evidentemente influiscono su di noi e sul nostro comportamento). Queste stesse relazioni e reazioni mutevoli valgono anche verso i figli. E tra noi e i figli, se ci troviamo insieme a casa o a scuola. Quello che vale nel contesto di un asilo viene moltiplicato in maniera esponenziale all’interno di una scuola. Già a partire dalla scuola elementare, perché tutti i membri della stessa classe diventano un sovra-corpo che ha caratteristiche proprie temporali e temporanee. Durano il tempo di permanenza di tutti i suoi membri all’interno della classe fino a che sono riuniti e formano un corpo unico. Il loro comportamento in quella classe è di un certo tipo e manifesta caratteristiche proprie e specifiche. Il loro comportamento se li spostiamo in un’altra classe o cambiando qualche loro elemento o in un’altra ora di lezione di una materia diversa e con un altro insegnante, è di altro tipo, può cambiare radicalmente. Difficilmente potrà essere trovato un denominatore comune ai loro comportamenti al variare del contesto. Anzi impossibile. Sono corpi diversi che si costituiscono diversamente per assumere una funzione diversa relativa alle condizioni diverse che trovano in un certo contesto piuttosto di un altro. Ma soprattutto non è corretto credere o pensare che tutti i componenti di tale corpo reagiscano allo stesso modo solo perché sono messi nello stesso contesto nello stesso tempo. È un ragionamento, un assunto assurdo, come i fatti rivelano a dispetto di chi non vuol vedere. Sarebbe come dire che tutto ciò che costituisce la terra con tutti i suoi abitanti, visto che siamo tutti presenti su di essa nello stesso momento, si debbano comportare allo stesso modo come se fossero la stessa cosa. Possiamo ben comprendere quindi perché una struttura scolastica non possa rispondere correttamente alle esigenze specifiche di ciascuno degli individui che la frequentano. Siano essi insegnanti o allievi. In modo particolare perché quanto si manifesta al momento in cui lo osserviamo è il risultato di tutte le azioni corrette e errate fin lì messe in atto. Quindi neanche i presupposti sono solamente corretti. Non è corretto il contesto. E neppure la finalità. Che cosa possiamo aspettarci da simili condizioni? Da ciò se ne deduce qualcosa di molto importante che vigeva in tempi non sospetti in cui queste cose avvenivano diversamente, anche se non vuol dire che fosse stato fatto tutto bene, positivo allora e negativo adesso. Le comunità di una volta non ghettizzavano, non dividevano, per età, sesso e funzioni i loro componenti. Si insegnava ai bambini cosa era necessario fare, ma tutti i bambini delle diverse classi erano presenti insieme, stavano insieme, insieme a tutti gli insegnanti di tutte le materie che svolgevano ruoli e funzioni come servivano e i bambini naturalmente erano attratti e prestavano attenzione a quello che serviva loro. Non solo, ma essendo corpo unico tutti insieme, anche le cose che imparavano gli altri, per osmosi, si trasferiva necessariamente a quelli che stavano guardando altro. E ciò che imparavano in questo modo sarebbe ritornato fuori nel corso della vita attraverso l’esperienza, richiamando alla coscienza quanto avevano assimilato apparentemente senza prestare attenzione specifica. Potremmo dire che ciò avveniva per immersione in una certa condizione generale. Perché alcuni di noi sono diventati adulti conoscendo cose che adesso gli adulti non conoscono più? Solo perché sono vissuti in un cortile in cui si sono scambiati con tutti quelli che c’erano in un cortile, bambini, giovani, adulti, anziani, passanti, ospiti, artigiani e lavoratori di ogni genere. Mentre oggi vige la selettività e la costrizione. Ti porto a nuotare, ti guido ed accompagno fino alla corsia di nuoto e ti sto ad osservare per tutto il tempo prestabilito, ti tiro fuori, ti asciugo e ti riporto a casa. Poi faccio lo stesso con la scuola dopo averti cambiato abiti e preparato la borsa. Ti porto a scuola e ti riporto a casa. E ti programmo anche cosa fare a casa. O ti metto in parcheggio davanti alla tv o ai videogiochi. Neanche ad un detenuto per gravi crimini contro l’umanità si impone una simile routine. Neanche se condannati ai lavori forzati viene imposta una così alienante routine. Neanche al peggiore dei peggiori assassini si impone una simile pena. Perfino a qualche ergastolano si concede la grazia. Invece un individuo che è stato “formato” così non potrà mai più uscire da quegli schemi, inculcati in tal modo, mediante una ripetizione asfissiante e sfibrante. Anche se, ad un certo punto, lo si dovesse liberare, lasciandolo libero di andare e fare ciò che vuole. Farà come un elefante che una volta liberato dalla corda che per anni lo ha tenuto legato al palo, continuerà a restare sul posto convinto di essere ancora legato.

 

Mi hai indotto a riflettere sulla vita, sul vissuto di tutti, bambini, giovani, adulti, in questi circa due anni di pandemia. Si possono immaginare i danni che sono stati causati. Sulla base di quanto è stato detto preferisco non pensarci.

 

Davvero, meglio non pensarci! Perché nessuno può considerarsi non implicato a diverso titolo. Anche se, ripeto, non c’è colpa, ma ignoranza. Nessuno lo ha fatto apposta, con intenzione di farlo. Quindi dovrebbe essere comprensibile più facilmente perché quando si dice che se uno solo di noi cambia inserisce questo cambiamento nel contesto generale di tutte queste relazioni. Vuol dire mettere a disposizione una esperienza diversa, e qualche volta risolutrice, di aspetti che altrimenti sono sempre più reiterati aumentando così l’infezione, la malattia, il disagio, il malessere. Inutile dire che questa situazione non ci fa bene.

 

Oggi i bambini che stanno a casa non sanno neanche più giocare se non ci sono i genitori. Non riescono neppure più a farlo con i fratelli, se non c’è un genitore lì. Ho osservato questo.

 

Certamente! Ci deve sempre essere qualcuno che risponde alla sua esigenza. Ma questo glielo abbiamo insegnato noi. Abbiamo insegnato al bambino, al posto di potersene stare in un cortile a giocare con quello che trovava, a giocare solo con quello che noi gli diamo o gli diciamo, nelle ore, negli spazi e nei modi che noi stabiliamo. Per poi lamentarci se senza queste indicazioni non possono più agire da soli. È vero ciò che hai osservato, è un fatto accertato ed assoluto in un contesto ormai racchiuso dentro tali condizioni consolidate. Nessuno si ricorda se ai tempi in cui era possibile giocare in un cortile qualcuno abbia mai chiesto ai suoi genitori di farlo giocare? Mai successo! Non ci si pensava nemmeno, poiché troppo presi a giocare; qualsiasi pretesto era sufficiente per farlo. Al massimo qualcuno ricorreva al genitore per difesa quando veniva picchiato da qualcun altro, ma mai, in alcun caso, perché non sapesse cosa fare per gioco. Gioco che era sempre insieme autoapprendimento. Ora accade che a fronte di ciò che non abbiamo risolto in noi stessi abbiamo trasferito le stesse informazioni problematiche ai nostri figli. Prima in maniera incosciente attraverso i legami di sangue, poi strutturalmente con tutto ciò che gli abbiamo messo intorno, per cui ad ogni esigenza c’era una organizzazione, una associazione, qualcuno o qualcosa a cui delegare la risposta, la soddisfazione di un bisogno. Nel corso dei prossimi incontri vedremo sempre più chiaramente come le relazioni, come le funzioni, come le risposte a quelli che sono i ruoli dipendano dalle leggi fondamentali e quando non si conoscono tali relazioni succedono tutte le cose che succedono e noi continuiamo ad avvolgerci sempre di più nella tela del ragno che abbiamo tessuto da noi stessi. Ma giusto perché siamo all’inizio dell’anno e non vorrei che questo fosse inteso come un “aiuto, aiuto, si salvi chi può”, ovvero che non ci sia via di uscita, vedremo queste cose ed insieme una possibilità di uscita. Costi quello che costi, ma c’è! Altrimenti neppure potremo parlare di quanto appena detto, perché sarebbe la nostra ammissione di colpa e la nostra conseguente condanna definitiva. E invece no! Quindi anno nuovo e ancora alcune cose che dobbiamo portare alla nostra coscienza e poi un messaggio sufficiente a farci comprendere che, volendo, possiamo fare molto di più di quello che crediamo, facendo semplicemente quello che c’è da fare.

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prosegue nei prossimi articoli …

 

foto e testo

pietro cartella

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Articolo pubblicato il 30/03/2023