Non c’è il due senza il tre!

Quando due cose si incontrano, ne nasce sempre una terza, diversa sia dall’una che dall’altra, in un eterno processo di aggregazione e scioglimento delle transitorie proprietà manifestate dalle singole parti o dall’insieme.

Quanto segue si riferisce all’incontro n° 70 del 11.01.2022 che è stato suddiviso in 7 articoli. Questo è il n°5.

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Nella situazione in cui ci troviamo non sembrano esserci alternative all’obbligo di doverci schierare a favore o contro uno dei due poli di cui sono costituite tutte le cose. Anche se cerchiamo di assumere un comportamento di equilibrio tra le parti ciò non perdura e nessuno sforzo può impedire di propendere alternativamente verso l’una o l’altra delle parti.

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Per comprendere qualcosa che va oltre questo apparente circuito chiuso occorre nuovamente chiamare in causa un terzo elemento.

 

Infatti era quanto volevo chiedere in precedenza perché non ho ancora capito quale o cosa sia questo terzo elemento.

 

Accade solo perché noi lo vogliamo identificare nel modo in cui siamo soliti farlo per gli altri due elementi e le solite cose. Ma non è possibile farlo allo stesso modo poiché è di una natura differente. Non è frutto di ragionamento e neppure di polarità. O meglio, è frutto di una tri-polarità, non di bipolarità. Significa semplicemente questo, difficile da spiegare in termini bipolari. Quando noi smettiamo di voler prendere posizione verso qualcosa o qualcuno stiamo già vivendo con l’apporto e il supporto di questo terzo elemento. Infatti stiamo comunque vivendo, anche se non schierati da qualche parte.

 

Ma questo terzo elemento, questo non schierarsi, questo elemento misterioso, questo non giudicare, non prendere posizione, hai detto un momento fa che non coincide però con la facilità (o l’opportunismo - ndr). Per fortuna l’hai detto altrimenti sarebbe stata la mia obiezione. Di fronte alle cose della vita, di fronte alle scelte imposte dalla vita non si può sempre rimanere neutrali. Le scelte vanno fatte e devono essere prese posizioni. E anzi, c’è anche il rischio, se non si prende posizione, di essere semplicemente scettici, passivi, incapaci di reagire, incapaci di soffrire, di fare qualcosa per migliorare. Allora vedendo proprio la situazione attuale, secondo la logica ed il nostro sentire comune, sembrerebbe più bello, più evoluto, il fatto di schierarsi dalla parte della difesa della libertà, della costituzione, di una nuova forma di medicina che non sia invasiva, che non sia totalitaria, dispotica. E quindi tornando a questo misterioso elemento io direi, se in qualche modo posso intuire qualcosa perché è ovvio che sia difficilmente spiegabile con la ragione, che questo terzo elemento ci consente di prendere una posizione, ma dipende molto da come si prende quella posizione. Dallo stato d’animo con cui si prende posizione. Cioè necessariamente ci si dovrà schierare da una parte o da un’altra. Tutto dipende molto da come lo si fa. Io posso schierarmi dalla parte del rispetto della costituzione, di una medicina non invasiva, non totalitaria ma rispettosa della individualità dell’essere umano, posso farlo senza aggressività, senza angoscia, ma comunque devo prendere una posizione. Non posso non prenderla. Non so se mi sono spiegata, perché è talmente enigmatico il tuo discorso questa sera che necessariamente solleva obiezioni confuse.

 

Invece sei stata perfettamente chiara nel sollevare questa obiezione. Hai affermato una cosa inattaccabile: qualcosa bisogna fare. Quindi ti riporto all’esempio del bicchiere d’acqua che ho bevuto poco fa. Vi ho reso noto che stavo andando a berlo e che dentro poteva esserci l’acqua inquinata, come normalmente possibile. Ma nel momento in cui mi è stato necessario bere, il fatto che l’acqua fosse o meno inquinata non ha avuto alcuna importanza ed io ho bevuto serenamente. Ho “semplicemente” bevuto l’acqua. Ho fatto ciò che era necessario senza se e senza ma. Chiaro?

 

E poi perché dobbiamo per forza prendere posizione da una parte o dall’altra?

 

Perché nel caso del bicchiere d’acqua qualcuno potrebbe dirmi che potevo berla oppure no in funzione del grado di purezza dell’acqua (senza tenere conto della priorità della sete rispetto al grado di purezza).

 

Ma c’è sempre qualcun altro, però!

 

Ma quel qualcun altro può anche solo essere la polarità che sta dentro di me! La quale mi dice: hai sete, vai a bere e al contrario mi dice non bere perché è inquinata e quindi non dovresti berla nonostante la sete. Ma sei hai sete devi bere. E si può andare avanti così all’infinito finendo per avere l’acqua a disposizione e morire di sete per non averla bevuta perché ritenuta inquinata.

 

È un po’ come essere condizionati comunque dalla paura sia nel farlo che nel non farlo. Stessa cosa da qualunque parte ti metti.

 

Ed è infatti così che sta succedendo. Di questo passo …

 

Ad un certo punto occorrerebbe distaccarsi da questa contrapposizione e provare a vivere diversamente.

 

Certo! D’altra parte qualunque delle due risoluzioni possa prendere potrebbe accadere l’irreparabile. In entrambi i casi; in uno perché muoio di sete e nell’altro per avvelenamento. Qualcuno allora potrebbe dire, in qualsiasi dei due casi, che ciò che mi è accaduto è in funzione di ciò che ho fatto, della scelta fatta. Ed altri potrebbero egualmente sostenere il contrario, ovvero sarebbe stata conseguenza di ciò che non ho fatto. In realtà in entrambi in casi non sarebbe cambiato niente. Ed è quello che sta succedendo. Il destino si sarebbe compiuto comunque anche se, apparentemente, attraverso azioni diverse del karma. Ma a noi che cosa interessa di tutto questo? Specialmente a quel terzo elemento che ci dà la vita e dal quale dipendiamo senza saperlo, cosa interessa di tutto ciò? Assolutamente niente! Attenzione, non è che siamo arrivati qui per caso. Sbagliando tutto. C’è sempre quell’elemento di coscienza che ha bisogno di fare esperienze per poter arrivare al punto di comprendere che qualunque tipo di esperienza, qualunque tipo di schieramento non ti toglierà dall’impiccio di fare quello che devi fare e quindi, quando sarà arrivato il momento, farai quello che devi fare. Il problema nasce perché noi non ci limitiamo a fare la cosa che c’è da fare, ma vorremmo sapere prima se è giusto farla: questa è la trappola!

 

E vorremmo sentircelo dire!

 

Esatto! Proprio così! Vorremmo essere rassicurati a priori, sia da noi stessi che dagli altri. Vorremmo starcene tranquilli circa la giustezza e sicurezza della nostra decisione in merito, qualunque essa sia. Anche se poi quella cosa ci farà morire.

 

È come prendere atto che basta una parola per farci cambiare idea (senza che la sostanza sia mai cambiata - ndr).

 

È proprio così! Se noi riuscissimo a capire questo meccanismo, anziché tutte le parole che ho sprecato in queste sere, basterebbe questo per restare sereni in qualsiasi situazione, compresa quella terminale. Perché non sarà mai né quello che pensiamo né quello che ci hanno detto, ma sempre un’altra cosa. Solo che si potrà scoprire solo quando saremo arrivati a quel tempo.

 

Ma perché questo terzo elemento sarebbe frutto di polarità?

 

È frutto di polarità perché anche se noi ad oggi vorremmo dire che l’equidistanza non è polare, in realtà quell’equidistanza è la condizione di equilibrio tra i poli, non è frutto della loro eliminazione. Non è ancora un equilibrio stabile, non è uno stato conseguito per sempre e quindi non permette di gestire una condizione veramente diversa ed esente da nuovi possibili squilibri verso uno o l’altro polo. Puoi speculare fin quando vuoi, ma la polarità, la divisione polare, è stata all’origine del divenire di tutto, della possibilità della manifestazione dell’idea originale. Quindi fino a quando tutto si ricompone nuovamente, tornando ad essere tutto in uno (ammesso che sia possibile e debba essere), tale sarà la situazione: le polarità continueranno ad esistere. Ed è anche ciò che avviene nella speculazione metafisica dove tutti dicono “arrivi lì, sei centrato, sei a posto, niente ti può disturbare”. Si può fare qualsiasi affermazione, anche credendoci, ma la realtà è che, pur potendo arrivare a conseguire un tale stato, difficile, se non impossibile, è esserci anche l’istante successivo. È un po’ come affermare che si è capaci di volare negli istanti in cui, mentre si sta precipitando nel vuoto, non ci si è ancora schiantati al suolo. È anche questo un punto di vista e per alcuni, forse, una esperienza sufficiente a ripagarli di sforzi e delusioni durati troppo a lungo. Ma non è certamente la soluzione finale, il raggiungimento del fine. Non è la condizione statica, il conseguimento di uno stato inalterabile ed eternamente persistente. Che invece diventa sempre più tale man mano che cessano di predominare gli elementi di disturbo, che, pur continuando ad esistere, non richiedono più così tanta energia per essere tenuti insieme a tutto il resto nell’uno che li comprende tutti secondo la legge dell’attrazione gravitazionale attraverso polarità inverse. Vengono tenute insieme quasi ad energia zero, ovvero impiegando il minimo necessario di energia. Raggiunto tale equilibrio, tutta l’enorme energia residua disponibile può essere messa a disposizione per “vedere” cosa accade in una nuova condizione, per il perseguimento del vero fine dell’essere umano.

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Prosegue nei prossimi incontri

 

Foto e testo

pietro cartella

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Articolo pubblicato il 20/04/2023