L’immagine di noi stessi che vogliamo dare agli altri può essere integralmente coerente o completamente difforme da quello che siamo realmente, anche indipendentemente dalla nostra coscienza e volontà.

Non tutto si riduce solo a significati semplici e concetti consolidati, definiti per sempre, anche se ci disturba che così sia e ci coinvolga indirizzando interamente il nostro normale comportamento con le sue conseguenze.

Quanto segue si riferisce all’incontro n° 71 del 18.01.2022 che è stato suddiviso in 6 articoli. Questo è il n°2.

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Tutto quello che desideriamo, pensiamo e facciamo o evitiamo di fare è diretto da qualcosa di noi di cui, anche nel migliore dei casi, non siamo mai del tutto consapevoli. Solo se siamo fortunati o sufficientemente maturi può succedere che ce ne accorgiamo, ma sempre troppo tardi per poterlo impedire o subito dopo che il fatto è avvenuto e ci abbia coinvolto, nostro malgrado, costringendoci ad assumerne le conseguenze. A nulla valgono i nostri tentativi tardivi di giustificare il tutto a nostro favore o porvi rimedio, addossando ad altri le cause di ciò che, evidente agli occhi di tutti meno che ai nostri, proviene da noi stessi.

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Per questo quando noi ci vestiamo in un certo modo (e qui di solito cominciano a farsi valere - e ad opporsi - i principi della morale, del costume, e del luogo comune “ognuno si può vestire come vuole”) occorre essere al corrente che tale comportamento manda segnali all’intero universo, raccontando quanto di noi stessi neppure immaginiamo di essere. Ma se non lo prendiamo in considerazione e facciamo finta di niente o lo nascondiamo, non scopriremo mai di mandare continuamente un certo tipo di segnali all’universo e all’ambiente che ci circonda, segnali che riceveranno risposte coerenti anche se non saranno quelle che ci immaginiamo o desideriamo o che avremmo voluto ricevere. O addirittura contrarie o pericolose, autodistruttive. Tutto ciò indipendentemente dall’educazione o formazione ricevuta, dalla morale, dal buonsenso, dalla appartenenza razziale, religiosa, politica, culturale e famigliare. Per fare un esempio particolarmente chiaro, possiamo essere antimilitaristi, ma se ci vestiamo con qualcosa che assomiglia ad una tuta mimetica potremo attirare su di noi le reazioni di chi individua in ciò il simbolo di quanto odia di più al mondo, con tutte le conseguenze possibili.

È evidente quanto in ciò si esprima la legge di attrazione gravitazionale e polarità inverse che sta alla base della vita e delle relazioni vitali umane.

Ogni essere umano esercita tali influenze sugli altri o le subisce, senza alcuna possibilità di sfuggirne. Lo stesso vale verso l’ambiente. La prima di queste relazioni è tra i figli e i genitori. Ne abbiamo già parlato in termini polari, ora possiamo parlarne in termini sessuali. In termini sessuali come rappresentazioni polari di tutto quello che c’è dentro di noi. Per questo molte volte alcuni genitori vestono i propri figli in un certo modo, li portano in certi ambienti, e li educano in modo indirizzato nel modo specifico che credono sia corretto per quella entità senza aver mai davvero esaminato cosa ciò abbia comportato fino a quel momento all’interno delle loro stesse relazioni, all’interno di sé stessi e dei singoli componenti coinvolti. Anche per la salute ci comportiamo in maniera non rispettosa delle leggi che governano il nostro vivere. Infatti quando ci rechiamo da un medico gli raccontiamo di noi quello che ci ricordiamo di ciò che gli vogliamo dire. Ma se noi che abbiamo vissuto così tanta vita con noi stessi non abbiamo preso nota delle nostre reali caratteristiche fisiologiche e comportamentali, della nostra intera storia clinica, come possiamo pretendere che il medico, che ci vede per quella mezz’ora, possa capire qualcosa più di noi? Se non ci siamo riusciti noi in tutta la vita, come potrà farlo lui in pochi minuti senza avere riferimenti precedenti corretti? Così come per andare dal medico bisognerebbe avere appresso la propria cartella clinica scritta dalle nostre mani, non dagli esami a cui ci siamo sottoposti, poiché riduttivi delle nostre reali condizioni, e privi delle connotazioni relative al nostro stato d’animo, dell’umore del momento, del modo in cui ci svegliamo al mattino, come passiamo la notte, come dormiamo, cosa succede quando beviamo, quando facciamo determinate cose e scelte alimentari, così, non essendoci traccia da alcuna parte, bisognerebbe avere appresso anche tutte queste informazioni utili a comprendere quale sia il nostro reale stato e cosa ci abbia condotti ad esso. E così come quanto appena detto è necessario per una corretta valutazione dello stato di salute, allo stesso modo occorrerebbe entrare nella società dotati di una cartella di dati relativi, di anamnesi di come siamo arrivati a quel punto preparati o meno per farvi il nostro ingresso, avendo chiara la storia della nostra vita fin dal primo istante (o forse ancora prima) dopo la nascita. Una nota di tutte le cose che hanno concorso al nostro comportamento psicologico, psicofisico attuale. Anche se è ancora un quadro riduttivo, non comprende proprio tutto ciò che siamo, esattamente come non comprende tutto ciò che avviene nei cinque minuti che passiamo in uno studio medico per arrivare a comprendere le ragioni del nostro stato di salute. Dobbiamo aver chiara la nostra storia in tutte le sue componenti e sfumature. Non per legarci a quella storia per sempre, ma, avendola ben chiara, poterci evolvere ed emanciparci da essa. Al contrario, se non abbiamo chiara tale situazione, ogni nostro sforzo per liberarcene risulterà vano e ci farà ripiombare sempre nelle stesse dinamiche. Dalle quali non usciremo mai. È importante quindi anche solo dal punto di vista sessuale, ovvero dal rapporto che noi abbiamo con tutto quello che cerchiamo di portare vicino a noi per soddisfare un aspetto (mancante?) di noi stessi, non importa quale, perché solo a quel punto potremo comprendere il perché dei nostri comportamenti e perché non riusciamo, o non siamo ancora riusciti, a comprendere il senso della vita. Se invece avremo almeno questi strumenti a disposizione, a portata di mano, per cominciare a ricordare semplicemente la ragione del nostro comportamento nel momento in cui si svolge, potremmo scoprirne le radici e le finalità. Potremmo scoprirne aspetti predominanti, riequilibrarli e cambiarli, o lasciarli cambiare, seguendo un processo di trasformazione coerente con il piano di vita originale.

Se noi non sappiamo da cosa siamo dominati, non possiamo neppure sapere da che cosa ci dobbiamo liberare.

Al contrario, se conosciamo chi o cosa ci tiene prigionieri, allora troveremo il modo per liberarcene. Anche se ciò non vorrà dire poter intervenire direttamente su tali vincoli, perché non funzionerebbe vista la disparità di forze in campo, visto il collegamento tra ogni punto dell’universo e le relative forze espresse, ma potremo utilizzare tutto ciò come canale comunicativo nei confronti di ogni cosa, esattamente come, usando i legami di sangue, cambiando qualcosa di noi stessi, costringiamo tutto ciò che è collegato a noi a cambiare a sua volta, in conseguenza del nostro cambiamento. Esattamente come il nostro cambiamento si trasmette ai nostri figli.

 

Ciò che hai appena illustrato presuppone un’attenzione rispetto al tuo comportamento, no? Faccio un’ipotesi. Ad ogni partita a cui assisto rompo un bicchiere. Non devo fermarmi solo all’osservazione del fatto che si ripete, ma devo allargarla per comprenderne ragione e scopo. Devo allargare il campo della mia attenzione.

 

Assolutamente sì, perché se non ti vedi agire non c’è possibilità di cambiare lo stato delle cose. Continuerai a fare quello.

 

Quindi il primo passo è riuscire a vedersi.

 

Esattamente! L’osservazione è fondamentale, è un fondamentale strumento per cominciare a conoscersi. In tal caso potrai cominciare a renderti conto che ogni volta che guardi una partita rompi un bicchiere e quindi potrai prenderne nota o diventare cosciente e presente al fatto quando accade. E a chiederti come mai il fatto si ripete, perché, è ovvio, se continua a ripetersi un senso ce l’ha! Puoi anche non indagarlo, ma hai cominciato ad osservarlo. Significa che quel punto che ti stava governando in modo occulto, nascosto, cioè che ti dominava perché tu non lo potevi vedere, comincia a scoprirsi e non è più così in grado di agire alla sua massima potenza. Sta emergendo dal tuo profondo attraverso un qualunque mezzo, in questo caso attraverso l’osservazione attenta. Ma potrebbe essere anche un’altra modalità, non importa quale. Vale per tutti: tu rompi un bicchiere, un altro imbraccia un fucile e spara all’impazzata, un altro mangia 38 panini di burro e marmellata.

 

Chiaro, compreso!

 

È solo il grado di espressione della compressione o repressione esercitata da noi stessi verso ciò che siamo, perché non vogliamo (inconsciamente) che si renda evidente, smascherandoci agli occhi del mondo per quelli che siamo veramente. Tutto ciò che siamo si accumula fino al punto di esplodere in modo impensabile quando meno ce lo aspettiamo e senza che lo si possa fermare in alcun modo. Anche nei fatti che noi vediamo, per esempio quando la polizia tiene sotto controllo persone sospette, a rischio relativamente a possibili fatti che prevedibilmente possono commettere, non si può quasi mai evitare che tali fatti vengano comunque commessi. Non si può impedire che un fatto possibile, correlato ad un rischio connesso ad una previsione, possa essere commesso, perché non si può sapere con certezza il modo, il tempo e il luogo in cui esso avverrà. Si può solo sapere quali forze scendano in campo in questo gioco, ma non è possibile essere certi delle modalità che si verificheranno durante il suo svolgimento tra le parti coinvolte. Ancora meno se partecipano ad esso forze oscure, ignote all’individuo, generate ed attive nel suo profondo, specialmente se affiorano alla coscienza improvvisamente, poiché esse sono in grado di eludere, nei tempi e nei modi, tutte le nostre difese automatiche. Ed anche organizzazioni studiate apposta per bloccarle o gestirle secondo le nostre attuali conoscenze. Non esiste niente in grado di controllarle o difendersene. È evidentemente il contraltare del voler e poter stare nella società, perché per farlo noi siamo, per così dire, costretti a reprimere un certo numero di nostri aspetti, ritenuti sconvenienti in tale ambito, e di conseguenza essi si accumulano fino ad un punto di massa critica, fino ad un limite oltre il quale esplodono in comportamenti inaspettati, incomprensibili o violenti. È come se invece di riempire con inezie cento serbatoi diversi, le riunissimo tutte in un unico grande serbatoio. È chiaro che è ben diverso lo scoppio di un piccolo serbatoio rispetto ad un solo enorme contenitore, anche se entrambi pieni della medesima tipologia di contenuti. Le conseguenze sono assai diverse: in un caso la situazione può essere circoscritta, nell’altro no, e ciò che si libera nell’esplosione travolge tutto ciò che trova. Tutti gli esseri umani sono così. Perfino gli animali sono così. Perfino gli animali domestici sono così. Sono al nostro fianco, vivono nelle nostre case, continuamente vessati dalla nostra idea di relazione buona e corretta verso di loro, apparentemente ricambiata allo stesso modo, ma in realtà subìta, fino a quando, colmata la misura, l’aspetto animale si fa valere nuovamente in repentine, inattese aggressioni verso il loro carnefice dal volto umano e sorridente. Reagiscono secondo la propria natura che non è mai andata perduta, ma è solo stata temporaneamente repressa per opportunismo naturale al quale noi diamo una diversa valenza per ignoranza, accanimento e distorsione indegni di umanità. Animali ed esseri umani funzionano in modo simile, ma mentre i primi sono obbligati per leggi naturali, i secondi lo fanno per ignoranza delle leggi naturali e per mancanza di intelligenza funzionale e comportamentale. Le strutture psichiche umane non sono ancora, o non più, in grado di riconoscere, comprendere e utilizzare gli aspetti di cui sono composte per il fine a cui sono destinate e ciò ha per conseguenza la loro applicazione distorta in un contesto distopico, autocreato costantemente per giustificare tale modo di utilizzarle. Ovviamente non tutto è solo negativo o distorto; vi sono anche aspetti positivi, come in ogni cosa. Quello che cambia è il livello di tensione generato tra le parti per trovare una specie di equilibrio; un livello che cresce continuamente fino al momento in cui raggiunge un livello oltre il quale non può più essere contenuto ed esplode travolgendo tutto, in modo simile a ciò che avviene tra genitori i figli.

 

 

 

Allora, il nostro essere formato nell’infanzia, nella gioventù, dai genitori e ciò che ruota intorno a loro, poi dal contesto scolastico e ludico, inizia a ribellarsi a tutto ciò si trova ad essere in quel contenitore quasi saturo di tutte le tensioni create dalle opposte polarità che costituiscono tali aspetti.

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Prosegue nei prossimi incontri

 

foto, schemi e testo

pietro cartella

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Articolo pubblicato il 19/05/2023