Neppure la vita è quello che crediamo …

… perché preferiamo credere ad una catena di luoghi comuni, frutto di una ignoranza fondamentale, al posto di fare uno sforzo per comprenderla; …

Quanto segue si riferisce all’incontro n° 72 del 25.01.2022 che è stato suddiviso in 6 articoli. Questo è il n°2.

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… quante vite dovranno essere vissute prima che la coscienza possa comprendere quale sia e come si possa riattivare il senso della vita? Quanti processi di cambiamento, quante strade tortuose dovranno essere percorse prima di individuare la corretta direzione?

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Il processo verso la reincarnazione dell’intero sistema dell’essere umano può risultare più liscio oppure più travagliato, allo stesso modo in cui un karma specifico conduce inevitabilmente alla meta.

 

Quindi con i nostri legami di sangue, con i nostri tentativi o forti desideri di metterci in contatto con coloro che se ne sono andati, in qualche modo, anziché dare o trovare beneficio, procuriamo danno. Ostacoliamo il percorso di quella anima.

 

Certamente! Ma ciò non vuol dire che non abbia un senso comunque, che non abbia senso tale situazione. E qui dobbiamo fare riferimento ad un concetto molto chiaro che invece, per ignoranza, quasi nessuno conosce. Se parliamo di un mondo, di qualunque natura esso sia, noi non stiamo vivendo in quel mondo ma in una entità separata da qualunque idea che abbiamo di un mondo.

 

 

Proprio perché queste attività che hanno condotto questa ruota di continue vite e morti ad essere, per certi versi, degenerativa, sarebbero state pericolose per l’intero universo, esse sono state confinate all’interno di un tutto chiuso, incistate in una specie di contenitore ermetico, allo scopo di evitare il diffondersi dell’infezione. Perché tale infezione sarebbe stata inarrestabile.

 

Infatti l’essere umano, benché degenerato o incompleto, è ancora e comunque, o è già in grado, di essere un agente infettivo capace di creare qualunque cosa senza che gli sia impedibile. Ed è a causa della nostra ignoranza del potenziale che costituiamo, positivo o negativo non importa, che siamo stati confinati, almeno fino al momento in cui avremo acquisito o riacquisito la nostra capacità di intendere e volere responsabilmente ciò che è coerente con il Piano Originale. Intanto continueremo ad alimentare il contenuto di questa specie di ciste nel corpo dell’universo, in una specie di processo a circuito chiuso di nascite e morti (di quelle entità che vivono nelle cabine sulle ruote panoramiche di cui abbiamo già detto in precedenza). Quindi noi, prima di poter capire cosa è la vita, dobbiamo, diciamo così, risanare questa infezione, uscirne fuori e ritornare all’interno del corpo sano nel posto e ruolo che ci spetta e di cui siamo responsabili. Tutto ciò però fa parte di una esplorazione diversa di uno stato d’essere diverso in un contesto diverso rispetto a quanto stiamo praticando al momento.

 

Allo stato dell’arte ciò che siamo e ci accade serve, qualora sia possibile, perché ciascuno di noi possa comprendere che in tutto questo non c’è soluzione che la situazione stessa. Quindi occorra uscire da questo stato di cose e non tentare di modificare solo questa o quella cosa o situazione in meglio o peggio, secondo i punti di vista. Chiaramente per rendersi conto di trovarsi all’interno di una ciste è necessario giungere a comprendere la situazione e la nostra condizione conseguente. E che, altrettanto chiaramente, in tale situazione qualunque cosa si faccia alimenta solo tale stato di cose.

 

Il tentativo che sto facendo attraverso queste parole è quello di portare alla comprensione di cosa producono i meccanismi di cui siamo ormai prigionieri o schiavi, anche se li abbiamo generati noi stessi. A renderci conto di cosa mantengono in piedi e dove ci conducano a causa della nostra incoscienza e ignoranza. Essi non possono produrre altro che una maggiore ignoranza ed incoscienza e, infine, una maggiore sofferenza.

 

Per poter uscire da queste dinamiche occorre poter elaborare un’altra possibilità.

 

Una possibilità che non ha bisogno di essere pensata perché già esiste in quanto tutti noi proveniamo da essa. Da essa proveniamo e siamo immersi in processi transitori circoscritti, destinati a maturare verso una meta posta oltre essi. In realtà avremmo dovuto continuare a stare nel mondo ma, a causa della “nostra” (intesa come “sistema cabina”) ignoranza di cosa stavamo facendo e delle relative conseguenze, per evitare guai irreversibili siamo stati confinati in questo piccolo mondo planetario.

 

È interessante cominciare a comprendere che tanto più noi agiamo in un certo modo, tanto più, in questo luogo circoscritto, una parte di esso sarà abitato da esseri dotati di corpo e una parte da entità prive di esso che interagiscono in modo scriteriato e che si alternano girando su quella giostra panoramica di cui abbiamo parlato. Ciò che è stato confinato in questo luogo ha in sé ciò che serve per uscirne. Le dinamiche, i meccanismi e le leggi utilizzabili per tale compito sono argomento di altra cosa di cui qui non si tratta. Ogni cosa ha suo tempo e modo che devono essere rispettati, per evitare guai ancora maggiori ed inutili sprechi di energia e possibilità. Infatti se quanto detto è già difficile da comprendere nonostante abbiamo a disposizione gli strumenti per farlo, figuriamoci quanto più lo sia comprendere ciò per il quale gli strumenti non siano ancora adatti. In un caso possiamo farne esperienza attraverso i sensi, nell’altro caso devono essere attivati sensi diversi per poter render comunicabile attraverso di essi l’esperienza relativa ad un diverso stato di cose. Non abbiamo ancora mezzi adatti.

 

Quindi, per una certa ragione, gli orientali dicevano, per esempio, che astenersi dai desideri vuol dire ridurre la sofferenza degli esseri umani. Certamente, però tra il dire e il fare, il poter fare, c’è una bella differenza. Quindi non basta avere una informazione per rendere pratica una strada che possa condurre fuori da questa situazione. Anche se tale assunto fosse corretto, non necessariamente contiene le indicazioni per renderlo praticabile. Infatti se prima non ci si rende conto di essere prigionieri di un certo stato di cose non si cercherà mai il modo di liberarsene. Se non siamo in grado di acquisire la coscienza dell’esistenza di muri ed inferriate della prigione entro la quale siamo costretti, possiamo riferirci ad essi come la narrazione di un racconto fantasioso e non della realtà dei fatti. Senza coscienza della realtà ci saranno solo seguaci di questa o quella idea religiosa, separata dalla realtà. Anche se le religioni hanno la loro ragione d’essere esattamente come l’asilo, la scuola elementare, le scuole medie e superiori fino all’università; poi però, finito il periodo scolastico, si deve andare oltre per entrare nella vita. Le regole scolastiche cessano e iniziano quelle della vita. Tutti noi siamo ancora in una fase scolare, ancora non pronti per entrare realmente nella vita. Siamo ancora allievi, studenti, e non adulti capaci di relazionarsi con la vita.

 

Certamente non bastano le ore che abbiamo dedicato a questi scambi per mettere in evidenza tutte le esperienze che si celano non solo dentro una esistenza di uno qualsiasi di noi, ma di tutte le esistenze di tutti. Quindi ricordiamoci che nessuna delle parole che ci scambiamo sono la verità, tutta la verità, ma sono comunque stimoli, un po’ diversi dal solito, necessari per spingerci ad un lavoro della coscienza attraverso domande e osservazioni delle cose da punti di vista sempre differenti, anziché da uno solo. Che, anche se fosse giusto, non sarebbe sufficiente per una corretta osservazione e comprensione delle cose, e quindi deve essere integrato in una visione più ampia delle cose, per includere altri aspetti della realtà, che può essere sempre la stessa, ma non si limita ad una sua sola parte, quella osservabile dal quel punto di vista. La realtà può essere una sola, ma cambiano gli aspetti di essa osservabili in relazione al punto di osservazione. Non solo guardandola dall’esterno, ma anche sperimentandola all’interno quando diventiamo uno con la realtà. Il che accade molte volte. Ma quando accade noi ci spaventiamo, perché sono impressioni diverse dal solito e quindi le rigettiamo buttandole nel subconscio o nell’inconscio, per fare in modo che la nostra vita si riferisca a pochi principi, sempre gli stessi, a quei parametri che abbiamo stabilito e condiviso come giusti per noi. E qualche volta anche per gli altri.

 

Qualcuno mi ha chiesto da dove prendo queste informazioni, specialmente alcune come quelle relative alle 84 ore dopo la morte e al riepilogo al contrario dei fatti del vissuto sperimentati dal punto di vista di chi li ha subiti come imposizione da parte nostra. È evidente che non siano tratte da un manuale al quale attenersi rigidamente, ma che si tratti di informazioni suscettibili di modifiche, integrazioni ed altro. Niente di tutto ciò è inalterabile rispetto al continuo variare dell’universo. Però ci sono alcuni riferimenti ai quali ci si può relazionare per poter iniziare la nostra esplorazione. Questi riferimenti sono e rimangono sempre simili a se stessi quali principi confermati da esperienze molto diverse tra loro. Potremo dire che sono punti fondamentali che si ritrovano sempre a dispetto del continuo variare delle cose e delle nostre credenze o aspettative.

 

Se prendiamo in considerazione l’analogia che esiste tra il comportamento dei corpi sottili nei diversi stati di morte e sonno potremo vedere la similitudine tra alcuni dei meccanismi comuni a tali stati. La grande differenza tra di loro consiste nella reversibilità o meno delle condizioni che essi inducono. Durante il sonno sono transitorie, mentre nella morte diventano definitive. Ci sono molti libri che descrivono cosa avviene dopo la morte, per esempio il libro tibetano dei morti, che spiegano come l’anima possa essere accompagnata lungo questo divenire, in quel tipo di processo descritto come religioso. In altri ambiti simili, diffusi in ogni parte del mondo, esistono informazioni analoghe, anche se apparentemente molto diverse tra di loro, che confermano la presenza di tali informazioni a prescindere dalla cultura e civiltà dei popoli in cui esse sono radicate. Tutte traggono origine da una unica matrice riconoscibile, e tutte fanno riferimento ad una matrice comune, anche se differenziata da usi e costumi, riscontrabile proprio nelle analogie tra sonno e morte. E tra quello che accade in quelle ore dopo la morte di una persona in relazione al contesto in cui sono comprese le persone care e oggetti o cose che le sono appartenuti. Nonostante ciò che noi pensiamo o pensiamo di non pensare, dentro di noi viventi passano un sacco di suggestioni relative alla persona scomparsa e a tutto ciò che ella ha lasciato in vita come riferimenti di sé. Se noi esaminiamo tutto questo, ne prendiamo nota come appunti di uno studio, di una ricerca, come faremmo riguardo ad un argomento qualsiasi, cominceremmo a vedere apparire delle cose che normalmente ci sfuggirebbero. Notandole però, potremo vedere e renderci conto di che cosa accade a tutte le persone che ne sono coinvolte. Vedremo quindi una specie di modifica di ciascuna di esse in relazione al momento in cui quella modalità di riepilogo tocca argomenti o esperienze che avevano condiviso con la persona scomparsa.

 

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Prosegue nei prossimi articoli

 

foto, schema e testo

pietro cartella

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Articolo pubblicato il 04/06/2023