Davvero più uno sa più umano è e più valore ha? … (1di2)

… oppure ci sfugge ancora qualcosa di così immenso senza il quale la nostra scala di valori è solo una convenzione condivisa nel tentativo di celare la nostra grande ignoranza fondamentale delle cose che esistono e il loro senso di esistere.

Quanto segue si riferisce all’incontro n° 73 del 01.02.2022 che è stato suddiviso in 6 articoli. Questo è il n°3.1

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Certo sarebbe meglio per noi riuscire a semplificare le cose per portarle al nostro livello di comprensione ma, come risulta evidente, tutti gli sforzi fatti in tal senso finiscono per complicarle ulteriormente.

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C’è però una cosa che gioca a nostro favore: noi facciamo parte di tutto ciò, di questo grande universo, di questo grande tutto, e quindi, in qualche modo, siamo collegati a tutti i suoi aspetti mediante quella cosa che noi chiamiamo coscienza. Essa per certi versi genera in modo reversibile quell’aspetto che noi identifichiamo come anima, cioè quell’ente avente funzione animatrice. Per semplificare diciamo che ogni essere ha un’anima, allo stesso modo in cui diciamo che ogni liquido bagna, ovvero diamo per scontata una serie di caratteristiche di cui non conosciamo realmente il significato, ma solo il risultato finale di un’esperienza sensoriale senza specificare quanto i liquidi possano essere diversi tra di loro. Infatti non c’è una sola anima così come non c’è un solo liquido. Ci sono diversi tipi e livelli di anima e di coscienza.

Quindi si può ben comprendere che chiunque voglia realmente comprendere qualcosa di un essere umano deve poterlo fare prima di tutto con sé stesso, dove tutto ciò è raccolto e collegato: tentare di farlo verso un altro individuo senza aver fatto prima questo lavoro su sé stesso sarebbe puramente velleitario e condurrebbe più alla creazione di nuovi problemi che alla loro risoluzione.

 

Una domanda su quello che hai appena illustrato in questa chiaro riepilogo sintetico. Diciamo così: un conto è sé stesso verso la vita, la sensazione che uno ha di sé, di sé con gli altri, con il mondo, … ha di sé rispetto alla sua, non so se è corretto, esistenza, missione di vita, e questo è un discorso che mi è chiaro perché anche se, come dici tu, ci vuole del tempo per comprendere il contorno, diciamo così mi aiuta a riflettere. Quello che non ho ancora ben inteso, che sarà ancora più difficile probabilmente, è quando diciamo di uscire dal …. (dalla cabina ndr). Ecco non mi aspetto una risposta perché penso che una risposta diretta non esista, quale è la missione là fuori, cioè … perché vedo talvolta che l’uomo seguendo la vita è arrivato ad oggi, ma come è successo, ognuno ha la sua idea e non è tutto qui immagino … siamo partiti dall’età della pietra con poca esperienza nella banca dati e siamo arrivati ad oggi, dicevi l’altra volta, attraverso oltre 100 miliardi di vite calcolate, con una banca dati zeppa di esperienze ed importantissima. Quello che non riesco a comprendere è il fine ultimo, che non voglio banalizzare, ma capire. Cioè c’è di più oltre a, …; ho capito, il discorso su sé stessi, ma … è una dimensione differente di vita? Un punto diverso di attenzione? Una visione superiore, scusa e poi mi taccio. Solo per aiutarmi nell’analisi, per me, perché mi manca un pezzettino o forse un pezzettone!

 

Domanda corretta! Potrei rispondere, in maniera provocatoria, che ancora non abbiamo capito cosa ci stiamo a fare qui e quindi è ancora più difficile capire cosa dobbiamo fare là.

 

 

Però non posso cavarmela così come se fosse una condizione simile alla campagna elettorale per il presidente della repubblica delle banane. Quindi mi tocca prendere la responsabilità conseguente. Ovvero iniziare lo sforzo per metterci nelle condizioni di comprendere che, per quanto possa dire, la risposta sta in ogni singolo universo e solo ad esso è relativa, poiché si attiva proprio in quell’universo e per quell’universo. Quindi ciascun universo, pur seguendo determinate leggi comuni agli altri universi, le svilupperà secondo una modalità propria “completamente altra”, senza apparenti punti comuni con nessun altro individuo, che significa costituito da sé stesso e non ulteriormente divisibile, separabile. Per noi questo è un concetto strano anche se ci comportiamo come se lo fossimo. Anche l’universo che è apparentemente separato in miliardi di miliardi di componenti non è divisibile, è uno in sé. Per questo noi facciamo fatica a capire, perché la nostra capacità di elaborare concetti non è in grado di andare oltre certi limiti. O almeno oggi è così. Per esempio sappiamo che è stato scoperto un nuovo elemento distante 4000 anni luce da noi, a cui è stato dato il nome di gravitar, che fino a quel momento era solo stato ipotizzato come presente nell’universo, ma non era mai stato trovato e quindi osservato. A trovarlo è stato uno studente, non un ricercatore blasonato. Cosa intendo dire con questo? Semplicemente che quello studente ha manifestato una caratteristica che nessun altro aveva ancora evidenziato prima di lui e quindi solo lui ha potuto fare tale osservazione e nessun altro. Quindi ciascuno di noi ha in sé da svolgere funzioni pionieristiche per tutti coloro che verranno dopo di lui nel sperimentare qualcosa di simile. Ciò accade all’infinito senza interruzioni. Ciascuno di noi ha il compito di fare una certa parte nel sviluppare quello che è il piano di vita dell’insieme di tutto ciò che vive. A quale scopo? Perché questo semmai è il lavoro che ha da fare, ma lo scopo che non gli è chiaro, perché non è chiara neppure l’idea di coscienza che noi abbiamo, è proprio quello di creare coscienza dell’uno, coscienza che tutto è uno anche se si manifesta in tutte queste innumerevoli e diverse espressioni.

 

Ovvero significa che ciascuno di noi è parte integrante dell’altro, pur avendo funzioni diverse, perché appartiene allo stesso corpo. E questo stesso corpo che ha dato il via a quello che si sta continuamente generando; lo sta facendo per strutturare tutti i suoi organi in funzione di ciò che vuole sperimentare. Tutto ciò che vive in questo momento e di cui noi facciamo parte è parte integrante della creazione di quello che noi potremo chiamare l’organo di coscienza dell’uno. E con questo non ho praticamente detto niente di apparentemente concreto e reale.

 

Beh, no, qualcosa è passata! Qualcosa sullo sfondo comincia a intravvedersi.

 

Grazie, forse allora non tutto è stato vano. Poi come tu ben sai, poiché svolgi un determinato lavoro quotidiano in cui costruisci sistemi per andare a vedere come far funzionare cose che non si vedono, per la sicurezza di tutti, e a volte devi anche inventarti nuove funzioni, perché non ancora esistenti, di conseguenza puoi ben comprendere come quello che andiamo a fare in determinati ambiti di lavoro non è che la fotocopia in piccolo, estremamente circoscritta, di alcune delle funzioni che ci appartengono e allo stesso tempo appartengono all’universo, agli universi, all’uno che tutto comprende. Ed anche oltre. Qualcuno tempo fa commentò queste affermazioni con un tranquillo: ma a me che importa? Cosa me ne viene da tutto ciò? Io domani mattina devo andare a lavorare e ciò che mi interessa è poterlo fare a prescindere dai massimi sistemi. Va bene; in tal caso va benissimo così. Quella persona ha tutti i diritti di non essere disturbata affinché possa svolgere il lavoro che la vita gli ha riservato senza ulteriori fardelli che gliene possano derivare dalle nostre parole. Inoltre ognuno conduce la sua vita dove vuole, crede o crede di potere e volere e va bene comunque. Questo discorso vale per tutti coloro che in qualche modo hanno cominciato a farsi qualche domanda diversa da quella “come farò ad alzarmi domani mattina in tempo per andare al lavoro e fare le stesse cose di ieri anche domani”. Nel momento in cui nascono delle domande e soprattutto cominciano ad arrivare da dentro di noi delle risposte stranissime, perché veramente sono tali, il nostro sistema in automatico provvede ad eliminarle dal campo di osservazione della coscienza e a spedirle in quello del subconscio o dell’inconscio, dove potranno soggiornare per un numero incalcolabile di vite. Ma alcune di queste domande invece toccheranno dei punti resi sensibili e pronti a venire alla luce del mondo e manifestarsi pienamente entrando in relazione con ogni altra cosa esistente nel contesto della parte cosciente dell’entità essere umano in questione, come noi la vediamo oggi. Allora a quel punto cominciano tutti quei vari percorsi di ricerca che sono propri dell’essere umano. C’è chi cerca di far volare gli aerei senza farli cadere, chi muove i suoi passi lungo le scale cercando di non incespicare, chi guarda fiorire un fiorellino, chi contempla il cielo blu, insomma c’è spazio per tutti.

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Prosegue nei prossimi articoli

 

foto, schemi e testo

pietro cartella

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Articolo pubblicato il 09/07/2023