Davvero più uno sa più umano è e più valore ha? … (2di2)

… oppure ci sfugge ancora qualcosa di così immenso senza il quale tale scala di valori è solo una convenzione condivisa nel tentativo di celare la nostra grande ignoranza fondamentale delle cose che esistono e il loro senso di esistere.

Quanto segue si riferisce all’incontro n° 73 del 01.02.2022 che è stato suddiviso in 6 articoli. Questo è il n°3.2.

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Certo sarebbe meglio per noi riuscire a semplificare le cose per portarle al nostro livello di comprensione ma, come risulta evidente, tutti gli sforzi fatti in tal senso finiscono per complicarle ulteriormente.

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Ognuno comincia a farsi delle domande in relazione a ciò che può sentire ed osservare in relazione al suo stato di coscienza. Qualcuno comincia a chiedersi: come mai il cielo sta su e non mi cade addosso? Oppure: come mai il fiorellino ci mette così tanto a fiorire e poi sparisce in due minuti? Oppure come mai arriva un’ape su un fiore e prima che arrivasse il fiore non c’era neppure l’ape? Dove stava l’ape? Domande apparentemente banali, di cui abbiamo riempito i libri, che ci sono servite per capire un po’ di meccanismi, a fondare scuole, a stabilire specializzazioni, a istruire generazioni, a creare l’enciclopedia dello scibile umano, affermando che più uno sa più umano è e più valore ha. Ma forse non è così. Il bello di queste domande è che molte volte ricevono delle risposte inconsuete, per non dire assurde.

Prendiamo ad esempio quando il primo essere umano ha pensato che gli uccellini potevano volare, mentre gli uomini no, e anche lui avrebbe voluto farlo. La sua domanda è stata probabilmente: come posso fare per volare anche io come fanno loro? Il primo tentativo è stato forse quello di lanciarsi nel vuoto di un fosso non troppo profondo in modo che i suoi piedi si staccassero da terra almeno per un poco, ma senza rischiare troppo. Ha però immediatamente compreso che quella modalità non bastava per poter arrivare sull’altra sponda volando. Così è caduto dentro il fosso ed uscendone ha elaborato il concetto che per arrivare sull’altra sponda doveva compiere un balzo sufficiente a superare la larghezza del fosso. Quello è stato il suo primo tentativo di volare. Il primo momento in cui si è staccato dalla terra con entrambi i piedi, superando allo stesso tempo una certa distanza: un piccolo volo. Lo stesso concetto vale per noi quando ci stacchiamo per un attimo dai nostri preconcetti mentali per imparare ad andare oltre e prendere in considerazione aspetti di noi mai considerati prima. Oppure considerare che quello che noi pensiamo normalmente non lo stiamo pensando noi, ma siamo strumentalmente utilizzati per generare un pensiero sollecitato da e attraverso qualcosa che neppure crediamo che esista. Perché desideriamo vivere a tutti i costi? Sapendo che poi dobbiamo morire comunque? Questa è una domanda assurda. Una domanda così non può essere fatta. Ed infatti la maggior parte delle persone non se la fa. Vive come se dovesse e potesse vivere all’infinito. Perché “sente” che una sua parte vive davvero all’infinito. Ma non è quella a cui sta facendo fare le cose per poter vivere all’infinito. Assurdo è che se non consideriamo la morte come un aspetto della vita, noi cerchiamo di evitare proprio quell’aspetto che permette alla nostra vita di andare oltre quel breve lasso di tempo in cui viviamo in un corpo fisico. Un altro assurdo. Che però tutti abbiamo assunto come una verità. E abbiamo surrogato quel periodo in cui vediamo che qualcuno ci va a finire, perché di persone che muoiono ne abbiamo viste parecchie, allora diciamo che vanno a finire in un posto ed abbiamo cominciato a pensare a cosa avviene in quel posto e qualcuno ha pensato bene di visitare quel posto. Esattamente come noi facciamo visitando alcuni aspetti della nostra vita quando, durante la notte, con i nostri corpi sottili visitiamo quello che noi chiamiamo il mondo del sonno e dei sogni. Il sonno per certi versi ha una certa somiglianza con la morte, poiché i corpi sottili degli esseri umani dormienti si staccano, nel caso il mentale e l’astrale, recandosi nella dimensione che è loro propria per affinità, vibrazione e attrazione magnetica. Si recano in quella parte del mondo dove le proiezioni degli esseri umani hanno costruito un altro mondo. La differenza sostanziale è che durante il sonno i legami con il corpo fisico non si rompono, mentre dopo la morte essi si rompono irrimediabilmente ed è come se lo stato di sonno diventasse definitivo. Infatti durante il sonno noi abbiamo quelli che vengono chiamati sogni, ma l’unica attività reale che continuiamo ad avere è quella per cui tutte le parti fisiche che si sono logorate durante l’attività diurna vengono ripristinate, riparate, altrimenti dureremmo poco tempo. La memoria di ciò che abbiamo compiuto durante il giorno viene elaborata: in parte viene strutturata come ricordo ed in parte viene eliminata in quanto non necessaria e per non sovraccaricare il sistema. Si scaricano le cellule da quanto superfluo o eccessivo. Quando i neuroscienziati indagano le funzioni corporali e cerebrali possono vedere attraverso determinati apparecchi come si svolgono tali processi, in quali aree avvengono scariche elettriche o si attivano i circuiti elettrici di scambio di informazioni elettrochimiche. Tutto ciò rende evidente come quanto si accumula in determinate zone del nostro sistema, del nostro cervello, ma non solo, scarichi tutti gli elaborati accumulati durante il giorno e ritenuti non più necessari. Quindi durante la notte in parte i nostri corpi sottili vanno a finire nel contesto che gli è proprio in cui scambiano informazioni ricevendone di particolarmente specifiche, come se avessero accesso ad una enciclopedia specialmente dedicata, come a cercare il significato di una parola che ci gira nella testa ma di cui non conosciamo bene il significato, per trovarne chiarimenti e completare quella necessità ed essere pronti ad applicarne le conseguenze il giorno successivo.

 

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Prosegue nei prossimi articoli

 

foto e testo

pietro cartella

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Articolo pubblicato il 12/07/2023