Sogno o son desto? (2di2)

Né questo né quello, ma quello in cui viviamo è uno stato di continua rappresentazione teatrale distopica spacciata per vita.

Quanto segue si riferisce all’incontro n° 73 del 01.02.2022 che è stato suddiviso in 6 articoli. Questo è il n°4.2.

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Ciò che di vitale e vero ci accade si svolge e sviluppa secondo leggi che ne determinano il corso interagendo con infinite possibili variabili. Di conseguenza cerchiamo di spiegare tali accadimenti solo dopo che si sono manifestati. È l’ennesimo tentativo di trovare una chiave di lettura in grado di spiegare alla coscienza il senso dell’esperienza che ha vissuto, senza mai accedere alla causa prima, ma partendo solo, in modo casuale, da punti diversi della catena di effetti che si producono in modo, apparentemente caotico, da tali interazioni.

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Quindi quello che noi stiamo facendo adesso quando andiamo a cercare o andiamo a definire situazioni è proprio un modo artificiale che abbiamo messo in piedi per cercare di comunicare prima di tutto con noi stessi e poi con altri che manifestano situazioni che noi riteniamo simili. Ma se noi prima non abbiamo indagato sulla nostra ragione di essere in vita e quindi non troviamo le parti costituenti di questo enorme universo e non ne comprendiamo le funzioni, come facciamo a determinare le relazioni tra un problema e una funzione che contiene la sua risoluzione se non la conosciamo? Possiamo dargli un nome ma continuiamo a non conoscerla. Quindi sì, ci possono essere dei collegamenti, ma questi collegamenti non sono solo diretti. Se noi vediamo il collegamento stress diurno e stress notturno e stabiliamo che quello che avviene nella notte è conseguenza di ciò che abbiamo fatto durante il giorno diciamo una cosa che per lo meno non è del tutto esatta, perché vediamo e prendiamo in considerazione solo uno tra i miliardi di collegamenti che producono questo stato di cose. Lo stesso esempio vale per tutte le azioni che compiamo. Oggi interveniamo sulla relazione tra un virus e le nostre cellule dicendo che abbiamo individuato ed intercettato le relazioni che conducono ad una patologia conseguente, ma non ci rendiamo conto che è solo una tra le innumerevoli interazioni con altre cose che insieme conducono a quella patologia in quella determinata persona e non in un’altra. Come se dicessimo che basta trovare un numero tra miliardi di numeri contenuti in un codice per essere certi di avere l’intero codice e a cosa si accede attraverso di esso. Ci andrei molto cauto! Vale anche l’inverso, attenzione! Per l’attacco diretto dal virus alla cellula. Anche il virus deve trovare la combinazione esatta tra miliardi di miliardi di codici per poter entrare nella cellula. Non avviene automaticamente e immediatamente perché c’è stato un contatto. Anche quando noi sfioriamo una persona tra tante, pur avvenendo molte cose in comune, trasmissibili per osmosi diretta, non per questo stabiliamo con essa una relazione immediata e duratura; nella maggior parte dei casi non si svilupperà nulla di tutto ciò che sarebbe stato possibile secondo le statistiche. Non è del tutto vero che un virus che colpisce le cellule umane le possa penetrare tutte per il solo fatto di esserne venuto a contatto. Semplicemente non è vero. Infatti molte persone possono essere state infettate, ovvero lo ospitano, ma senza sviluppare sintomi o conseguenze poiché il virus non ha attaccato le cellule con successo. Non ha trovato i codici di accesso. Deve trovare i codici; per questo si ricombina continuamente assumendo nuove varianti a tale scopo, tentando di trovare la giusta combinazione della serratura cellulare. È una evidenza talmente ovvia che anche il più impreparato la conosce. Ma è pur vero che chiunque giunga a comprendere veramente questo meccanismo nei fatti, poi fa come se questo non esistesse. Ed ecco perché allo stesso modo noi diciamo che viviamo pur sapendo che quella che viviamo non è vera vita, ma facendo come se non lo sapessimo. E così partono tutte le giustificazioni del nostro vivere per questa o quella ragione che altro non sono che un modo di sostituire a quello che sappiano di dover fare e non facciamo, con qualcosa che giustifichi il nostro essere in vita, anche se sono azioni che per la vita non hanno senso, ma lo hanno solo per il nostro egocentrismo autoreferenziato. Una vita in cui dovremo fare delle cose, metter al mondo dei figli, fare altre cose che anche i nostri figli faranno, per riempire di esse la vita e poi morire senza aver capito niente di ciò che abbiamo fatto e perché lo abbiamo fatto. Semplicemente per mantenere in movimento la ruota del criceto (che siamo noi, ovviamente). E anche se abbiamo capito che in quel nostro fare un senso non c’è, va bene lo stesso. Lo stessa relazione concettuale virus-vaccini vale per vita dell’essere umano e le azioni che egli compie nella vita in conseguenza dell’avere una vita. Uguale. Di un infinito numero di cose che compongono il nostro codice vitale ne abbiamo trovate tre e pensiamo che questa sia l’intera combinazione. Perfetta sintesi di una catastrofica supponenza ignorante, comunque in grado di generare figli della stessa natura. Pare che a qualcuno basti così, sia sufficiente per giustificare la propria esistenza. Questi non devono essere disturbati da alcuno e da alcunché fino a quando la vita stessa interverrà, secondo le necessità, per modificarne le condizioni con modalità coerenti verso la loro essenza profonda. Il bello della combinazione della vita è che non è racchiudibile in un DNA, ma che è in grado di ricombinare continuamente un DNA nuovo, se solo glielo si permette. E quindi se noi lasciamo spazio alla vita, ovvero non la cicatrizziamo su quello che noi pensiamo, la vita si ricombina a tal punto e così velocemente da essere sempre in vantaggio rispetto a chi deve trovarne il codice di accesso per attaccarla e penetrarla. La vita lasciata libera di esprimersi è assolutamente sempre più veloce di un virus che la voglia sfruttare malevolmente. E la ragione è semplice: è la vita che dà vita alle cose, virus compresi, e come tale è essa stessa a determinarne leggi e limiti delle sue creature, non il contrario. Ovviamente tutto questo si scontra con l’elemento dominante della e nella nostra vita, che è la paura. Ora la paura, come si sul dire blocca, ci fa stare fermi, ci impedisce il respiro. Vuol dire che nella combinazione continua degli elementi della vita, tak, per un istante si blocca tutto. Ed ecco che se tutto ciò che è vitale si ferma, qualsiasi altra cosa può scoprirne la combinazione perché la vita si è fermata per il tempo sufficiente ad essere individuata anziché continuare a ricombinarsi e quindi sfuggire in anticipo ad ogni tentativo di attacco. Se invece essa sta ferma ecco che permette a chiunque di avere il tempo per identificarla, per identificarne la chiave. Avviene così anche per noi quando ci identifichiamo stabilmente in questo e quel modello: possiamo facilmente essere identificati e attaccati in quanto prevedibili. Ovviamente sostenere una cosa come questa, seppure è matematica, fa passare quel povero matematico per uno che, come un qualsiasi premio Nobel che non dice quanto si vuole che dica, deve essere condotto al manicomio. Esattamente come ognuno di noi fa con sé stesso.

 

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Prosegue nei prossimi articoli

 

foto e testo

pietro cartella

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Articolo pubblicato il 19/07/2023