L'EDITORIALE DELLA DOMENICA DI CIVICO20NEWS - Giancarlo Guerreri: considerazioni sulla natura della Felicità

La ricerca del senso della vita

Durante i periodi di crisi, e quello attuale è certamente uno dei periodi più scuri della nostra Storia, la consapevolezza dell’Uomo si trova con i piedi posati su di una realtà fatta di incertezze e di insicurezze, che rendono l’appoggio decisamente instabile.

La crisi energetica, guerre che nascono come funghi in ogni parte del globo, minacce di future pandemie di eziologia sconosciuta, ma contro le quali si sono già prodotti “efficacissimi vaccini”, graduale perdita di certezze e di riferimenti etici… sono gli elementi ricorrenti che scandiscono la colonna sonora dell’attuale momento.

Sono anche alcuni degli aspetti più inquietanti del mondo nel quale stiamo vivendo.

Eppure molti sostengono che le parti più alte dell’Essere umano sembrano tendere a qualcosa che non facciamo fatica a definire sacro e trascendente.

La fonte del grande disagio esistenziale sembra proprio essere contenuta in un rapporto apparentemente antitetico tra il Male di questo Mondo e la tensione spirituale verso le alte vette dei Cieli.

Vivere e agire esclusivamente nella materialità porta, inevitabilmente, ad identificarsi in un Universo che sembra escludere qualsivoglia elemento trascendente. Sotto alcuni aspetti il domicilio della materialità sembra sposarsi con la definizione di Inferno dantesco.

Dante, nella sua magnifica visione dell’universo riuscì a rappresentare magistralmente l’ambiente infernale, caratterizzato, nel suo punto più basso dal freddo assoluto del lago Cocito, dal buio impenetrabile, dalla paura pervasiva, dall’assoluta immobilità di quell’ambiente maledetto a dalla totale mancanza di Amore.

Il Poeta volle così rappresentare nel XXXIV Canto dell’Inferno le peculiarità di ciò che si trova al centro della Terra, che nella sua cosmografia è anche il centro dell’Universo.

Contrapposto al luogo infernale vi sono, oltre le stelle fisse, oltre il Cielo Cristallino o Primo Mobile, l’Empireo dove risiedono Dio e le anime dei Beati.

Dante lo descrive come un “Non Luogo” fatto di Luce, calore, energia, movimento e Amore… quello stesso Amor che move il Sol e l’altre Stelle.

Recenti studi di fisica e di geometria non euclidea hanno evidenziato che Dante descrive l’ingresso nell’Empireo come possibile da qualsiasi punto del cerchio delle Stelle fisse ovvero dall’ultimo Cielo:

E la virtù che lo sguardo m’indulse,
del bel nido di Leda mi divelse,
e nel ciel velocissimo m’impulse.

Le parti sue vivissime ed eccelse
sì uniforme son, ch’i’ non so dire
qual Beatrice per loco mi scelse.

Paradiso XXVII, 97-102           

In altre parole Quella che descrive Dante è la rappresentazione di una Ipersfera, o sfera a quattro dimensioni, che consente, grazie alla sua geometria non euclidea, di accedere all’Empireo da un punto qualsiasi del Cielo delle Stelle fisse.

Quindi in questa visione divina, fatta, come si legge negli ultimi Canti del Paradiso, di luce abbagliante, calore e Amore, il Poeta, l’Uomo iniziato ai sacri Misteri, può concedersi di penetrare con la propria “Testa”, la Realtà Ultima.

Tuttavia parlare di “piedi per terra” e di “testa nei Cieli” può indurre nel banale travisamento di una realtà ultima, ove crediamo che possa ancora persistere una visione separatista.  

Appare evidente che la palese concezione dualistica, o manichea che dir si voglia, risulta essere fonte di estrema tensione per l’Uomo; tensione che vorrebbe separare la parte che poggia i piedi sulla Terra dalla testa rivolta al Cielo.

Potrà forse sembrare strano o anacronistico voler cercare nel disagio dell’Uomo contemporaneo, quelle cause metafisiche che poco sembrano sposarsi con le visioni positivistiche o post illuministiche dell’attuale periodo storico.

L’era attuale sembrerebbe ben attrezzata per risolvere qualsiasi problema di natura psicologica o esistenziale, tuttavia molti specialisti del settore sembrano non accettare l’idea che tali problematiche psicologiche o esistenziali possano essere determinate proprio dallo scollamento a cui si è fatto cenno.

Le religioni con i loro algidi dogmatismi dividono da sempre l’Umanità in gruppi uniti dalle credenze più diverse, e quando queste differenze non sono sufficienti si creano scismi e si producono sottogruppi che, grazie a “cavilli ideologici”, dividono ulteriormente i credenti.

Peggio fa la politica che ubbidendo direttamente alle leggi dettate dall’economia, crea gruppi “liquidi” che si scompongono continuamente, modificando nel tempo l’originale fisionomia ideologica del partito che li aveva ispirati.

I vari movimenti iniziatici, diffusi a livello planetario, propongono percorsi di crescita individuale, ispirandosi alle antiche Tradizioni, rispolverando la scienza e la filosofia degli antichi Maestri che hanno scolpito un sentiero di sviluppo consapevole. La Massoneria, in particolare, intesa come scuola di Metodo più che di Pensiero, propone un ventaglio di possibili suggestioni culturali, concedendo agli Adepti la totale libertà di scelta, nel rispetto di alcune regole comportamentali, universalmente condivise.

Altre organizzazioni sapienziali propongono dei percorsi molto definiti e ben delineati, considerati delle autentiche scuole iniziatiche ispirate ad antichi Maestri e a precisi insegnamenti.

Il palcoscenico delle possibili offerte è immenso e forse eccessivo.

La frequente frammentazione di molte strutture, religiose, politiche o iniziatiche, è spiegabile unicamente con motivazioni di carattere economico o legate al potere personale dei dirigenti di quelle stesse organizzazioni.

Con il tempo molti raggruppamenti tendono ad identificarsi con il leader del momento, spesso dimenticandosi delle proprie antiche origini che profumavano, se non proprio di sacro, per lo meno di rispetto e coerenza verso ideali che, a buona ragione, potevano essere considerati sacri.

Molto spesso ci avviciniamo alle religioni o ai vari gruppi perché convinti che quella particolare proposta possa donarci un poco di Felicità.

Ma non dobbiamo dimenticarci che ogni percorso, ogni via che desideriamo intraprendere all’interno di un gruppo, deve essere percorsa in solitudine, sviluppando un dialogo interiore con noi stessi, che può farci comprendere se quella via ci conduca realmente verso una forma di benessere.

Propongo, a riguardo, un pensiero del noto studioso Carlos Castaneda:

“La decisione di proseguire su quella strada o di abbandonarla deve essere presa indipendentemente dalla paura o dall'ambizione. Ti avverto: osserva la strada da vicino e senza fretta, provala tutte le volte che lo ritieni necessario e poi rivolgi a te stesso, e a nessun altro, questa domanda: Questa strada ha un cuore? Le strade sono tutte uguali: non portano da nessuna parte. Alcune attraversano la boscaglia e altre vi si addentrano. Posso dire di aver percorso strade molto lunghe nella mia vita, ma non sono mai arrivato da nessuna parte. Questa strada ha un cuore? Se ce l'ha, è la strada giusta; se non ce l'ha, è inutile. Nessuna delle due porterà da qualche parte, ma una ha un cuore, l'altra non ce l'ha. Una rende il viaggio felice, e finché la seguirai sarete una cosa sola. L'altra ti farà maledire la vita. Una ti fa sentire forte, l'altra ti indebolisce.”

Ho voluto proporre al Lettore questa riflessione dello scrittore peruviano perché ritengo possa fare chiarezza sull’uso del nostro potere personale, relativamente alla capacità di discriminare quello con cui entriamo in contatto, per effettuare delle scelte consapevoli.

Troppo spesso poniamo la nostra attenzione verso gli obiettivi da raggiungere, dimenticandoci della cosa più importante che, come suggerisce lo stesso Castaneda, è il Viaggio.

Raggiungiamo una meta e restiamo fortemente delusi, trovandoci di fronte ad altri traguardi sempre più lontani e apparentemente irraggiungibili. Se focalizzassimo la nostra attenzione su ogni fase del Viaggio potremmo anche trascurare la meta, limitando le note frustrazioni.

La Partenza appartiene al passato, l’Arrivo al futuro. Quello che sta in mezzo è il Presente ed è l’unico luogo temporale che non sia legato al mentale e alla razionalità.

l’Uomo cerca la felicità e non si arrende all’infelicità.

L’Uomo comprende sempre quale debba essere il proprio compito, lo comprende nel suo intimo, dal grado di benessere che prova nel quotidiano e dal grado di intima realizzazione che avverte nel profondo.

L’Uomo è destinato a cercare e a crescere nonostante la naturale tendenza all’ indolenza che vorrebbe veder rispettato il primo principio d’inerzia che afferma la propensione a non modificare lo stato di quiete o di moto e ad opporsi a ogni forma di cambiamento.

La Vita non fa sconti, si sente dire spesso, e il percorso di crescita ne fa ancora di meno.

Molti Maestri sostengono che vivere con i “piedi per terra” e la “testa nel Cielo” possa insegnarci che solo superando l’apparente dualità di questa rappresentazione sia possibile vivere la realtà in modo completo e senza disarmonie.

Trovare se non la felicità, almeno la serenità, significa essere presenti al mondo, accettandone le regole e la sua fisicità, senza dimenticare che quel “profumo d’assoluto”, che talvolta percepiamo, sia la prova concreta che qualcosa di noi è realmente sacro ed eterno.  

 

“…E come il vento

odo stormir tra queste piante, io quello

infinito silenzio a questa voce

vo comparando: e mi sovvien l’eterno,

e le morte stagioni, e la presente

e viva, e il suon di lei. Così tra questa

immensità s’annega il pensier mio:

e il naufragar m’è dolce in questo mare.”

 

Giacomo Leopardi   -   "L’Infinito

 

 

 

    Civico20News

Giancarlo Guerreri

     Editorialista

 

 

 

© 2023 CIVICO20NEWS - riproduzione riservata

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 22/10/2023