Aldo Calcagno - Una giovane vittima d'una guerra terribile

Di Alessandro Mella

I mesi terribili vissuti dal nostro paese tra la fine del 1943 e la primavera del 1945 furono caratterizzati da un livello di ferocia raramente visto nel nostro paese.

La caduta di un regime ventennale, un traumatico armistizio ed anni di condizionamento politico concorsero a spaccare in due gli italiani ed a farne fazioni in lotta. Da un lato chi nella Resistenza cercava speranze di libertà e dall’altro quel che restava del fascismo morente e claudicante. Persone a volte disperate ed altre semplicemente aggrappate, ancora e malgrado tutto, all’unica realtà che nella loro vita avevano conosciuto.

Ma il prezzo più alto fu pagato dai giovanissimi, dai ventenni, che schierati da un lato o dall’altro finirono per essere colpiti, come poche altri, dalla bestialità del momento. Vuoi che portassero la camicia nera vuoi che portassero al collo un fazzoletto colorato.

Vi fu, tra loro, il giovane Aldo Calcagno, figlio di Giuseppe e di Rosa Brino, nato a Torino il 2 ottobre del 1925. (1)

Aveva solo diciannove anni Aldo, era uno studente promettente che si divideva tra studio e fidanzata. Poi, di fronte alla situazione terribile che lo circondava, scelse di aderire alla Repubblica Sociale Italiana arruolandosi nella Guardia Nazionale Repubblicana (GNR).

Perché? Forse per sincera convinzione politica? Forse per spontaneo sentimento figlio di un ventennio vissuto sulla pelle viva? Non lo sapremo mai, certo Aldo nacque e crebbe in tempo di regime e ne assorbì, forse, pienamente la propaganda facendola fatalmente propria e non potendo smarcarsi da quella cultura che in qualche modo gli apparteneva.

Il 15 giugno 1944, un bel giorno di primavera che annunziava l’estate imminente, prese a passeggiare per Torino, con la divisa da allievo milite della Guardia, in compagnia del commilitone Alberto Musco. (2) Vi è da dire che altre fonti collocano l’episodio in quel di Casellette. (3)

Aldo ed Alberto furono improvvisamente aggrediti, un agguato compiuto da partigiani li sorprese, non poterono fare nulla, resistere od opporsi, restarono a terra abbattuti dal fuoco delle armi dei loro aggressori.

Due ragazzi, appena ventenni e nemmeno, caduti senza nemmeno un pensiero, un sussurro, forse senza una colpa se non una scelta che oggi è facile, per noi, considerare criticabile, deprecabile e financo sbagliata. Meno facile era certo decidere, scegliere e giudicare nella confusione di quei tempi cupi.

Il giorno dopo il console comandante, Gaetano Spallone, ne diede notizia agli organi superiori mentre già si preparavano i necrologi pubblicati su La Stampa e La Gazzetta del Popolo per desiderio della famiglia disperata. (4)

Finché il 17 giugno 1944 un mesto corteo partì da via Duchessa Jolanda diretto verso il cimitero e dietro il giovane Aldo tutti i suoi cari devastati ed affranti e forse tanti commilitoni consapevoli che non sarebbe stata l’ultima volta e forse quel momento sarebbe presto venuto anche per loro.

Oggidì in quel cimitero il nostro ragazzo riposa, il volto sorridente di un giovanissimo, dimenticato però. E chi vi passa davanti forse non sa, non conosce, nemmeno può immaginare come quel loculo custodisca le spoglie di un quasi bambino. Una vittima dell’inconsapevolezza, dell’orrore e della ferocia della guerra. Una vicenda che risuona come un monito perché guerre fratricide non ne tornino mai più.

Alessandro Mella

NOTE

1) Comando Provinciale della Guardia Nazionale Repubblicana di Torino, Ufficio Comando, Segnalazione Perdita del 16 giugno 1944.

2) Torino 1943-1946 Martirologio, L’Ultima Crociata Editrice, Torino, 2005, p. 219.

3) I ribelli siamo noi, Tomo I, Michele Tosca, Chiaramonte Editore, Collegno, 2019, p. 331.

4) La Stampa, 170, Anno LXXVIII, 18 giugno 1944, p. 4 e La Gazzetta del Popolo, 169, Anno XCVII, 18 giugno 1944, p. 2.

 

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Articolo pubblicato il 26/02/2024