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Di tutto un po'
La curva
Di Francesco Cordero di Pamparato
Articolo di Milo Julini
Pubblicato in data 04/03/2023

Dario aveva tardato a prendere sonno.

Aveva avuto una giornata dura e stancante, ma lo stress era stato forte e l’adrenalina accumulata non lo lasciava rilassare e quindi lo aveva tenuto sveglio per qualche ora. Finalmente la stanchezza prese il sopravvento e Dario si addormentò. Il suo sonno però divenne presto agitato.

L’uomo rivide l’incubo ricorrente che sovente lo ossessionava. Rivedeva la sua famiglia: papà, mamma e i suoi due fratelli più vecchi. Tutti erano felici in quel giardino… In seguito, comparvero gli zii e la cuginetta che gli piaceva tanto. Si doveva partire e i suoi salirono sulla macchina di famiglia.

Lui, con una scusa, salì con gli zii, per stare vicino alla bella cuginetta. Fu il fratello più vecchi che si mise a guidare la macchina di famiglia. Era un’auto sportiva nuovo e il ragazzo voleva provarla. Subito partì ad alta velocità, tanto che lo zio con la su auto stentava a stargli dietro. “Gianni guida troppo forte, è pericoloso”, disse lo zio scuotendo la testa. Era stato buon profeta, la provinciale era piene di curve strette, con pericolosi strapiombi, al di là della strada. A un certo punto Gianni sbandò. Lui e gli zii videro con orrore che la vettura usciva di strada, rotolava giù in un crepaccio e prendeva fuoco. Si erano precipitati sul ciglio del burrone, per vedere se era possibile fare qualcosa e cercare di salvarli.

Non c’era niente da fare.

La macchina aveva preso fuoco e si sentiva un vomitevole odore di carne bruciata. L’automobile esplose. Se prima Dario aveva avuto una famiglia numerosa e felice, ora era solo.

Orfano e solo.

L’uomo, si svegliò di soprassalto, voleva urlare, ma si ricordò che era in albergo e non volle dare adito a pettegolezzi. Si prese la testa tra le mani, Quante volte aveva rivissuto quella scena! Quella tragedia che aveva segnato la sua vita. Da allora tutto era cambiato. Sì, aveva sposato la cuginetta e aveva avuto due figli splendidi e un matrimonio felice. Grazie a Marina e agli zii, che gli erano stati molto vicini, era riuscito a sopravvivere, ma l’incubo permaneva. Quella maledetta curva da tempo era tristemente famosa per gli incidenti che aveva causato. Le croci con i fiori in quel luogo erano numerose. Anche lui, quando poteva, portava qualcosa.

Ogni tanto doveva percorrere quella strada e quella curva, che passava radente alla roccia nella strada scolpita nella montagna, gli pareva un’enorme bocca che lo scherniva, e che voleva divorarlo. Ogni volta era una sfida e un dolore. Lui odiava quella curva, la sentiva come un’entità viva, una cosa che lo irrideva e lo minacciava. Sembrava quasi che lo sfidasse. Così, tutte le volte che passava per quella strada, la notte aveva il solito incubo. Il giorno dopo, per fortuna non dovette ripercorrere la strada maledetta. Quando arrivò a casa, raccontò alla moglie del solito incubo: “Cara Marina, questa notte ho avuto il solito incubo. Ho rivisto la tragedia dei miei genitori. Quel terribile incidente. Te lo ricordi vero? Eri presente anche tu”.

Certo che me lo ricordo Dario. Me lo chiedi ogni volta che ti succede. Non credere che lo abbia dimenticato. Sì, certo è stato un momento terribile per tutti. Anch’io l’ho sognato per qualche anno, come sai”.

Cara, l’azienda mi ha offerto di trasferirmi a un’altra filiale, più lontano. Non te ne avevo ancora parlato, ma dopo questo incubo, penso proprio che sarebbe una buona cosa”.   

Marina rimase un momento a pensare. “Sì, Dario, penso proprio che sarebbe una buona idea. Il tuo incubo ricorrente ti toglie la salute. Cambiare aria ti farà bene. In fondo io faccio il telelavoro e posso farlo da qualsiasi città”.

Il trasferimento fu positivo. Dario non aveva più avuto incubi e, se già era stato bravo nel suo lavoro, era diventato ancora migliore. Era rappresentante di gioielli per conto di una grossa casa e grazie a lui i clienti erano aumentati sensibilmente e le vendite erano molto incrementate. Dopo tre anni, che era in quella città, la direzione centrale lo convocò. Il direttore commerciale era molto soddisfatto di lui. Aveva superato le più rosee previsioni.

Signor Dario, l’azienda vuole premiarla per l’ottimo lavoro che ha svolto. La sua regione oggi ha ottenuto dei risultati insperati e le siamo molto riconoscenti. Adesso contiamo su di lei per un problema che pensiamo solo lei sia in grado di risolvere. Purtroppo, la sua precedente regione ha avuto un forte calo di clienti e di conseguenza di vendite. Abbiamo bisogno di qualcuno che ci faccia recuperare la quota di mercato che abbiamo perso. Solo lei è in grado di farlo. Vorremmo che lei la prendesse di nuovo in mano, ma con la carica di dirigente alle vendite e una provvigione di tre punti superiore a prima. Se riuscirà, come siamo certi, dopo tre anni sarà chiamato in direzione, con la carica di direttore alle vendite e mio vice. Cosa ne pensa?”.

Dario esitò, da un lato si sentiva lusingato.

Sapeva di aver fatto un ottimo lavoro e il riconoscimento era sicuramente apprezzabile. Tuttavia, non era così entusiasta di tornare nelle terre della sua infanzia. Lì aveva passato tante esperienze dolorose e forse ritornarci gli avrebbe rievocato ricordi tristi e spiacevoli. Fu però una riflessione di pochi attimi. Quanto gli veniva offerto era molto e rifiutarlo sarebbe stato assurdo. Ci avrebbe solo perso e avrebbe fatto una figura da scemo con il direttore. Sapeva che alle offerte bisognava sempre dire di sì.

Signor direttore, la ringrazio. Quanto mi dice mi lusinga molto. Non posso che accettare una proposta così allettante. Sono ben lieto di accettare questa proposta che mi onora”.

Pochi giorni dopo Dario e la famiglia si trasferivano nella regione dell’infanzia. Avevano ancora una casa di famiglia, cosa che aveva limitato i problemi. Marina era contenta di ritornare in quei luoghi e anche i bambini erano felici di trovarsi in una casa con giardino. Solo Dario sentiva i fantasmi del passato. I giorni felici passati a giocare con i fratelli, poi di colpo la tragedia.

Il lavoro però lo assorbiva molto. Passava molto tempo a visitare le aziende che sarebbero dovute diventare clienti e otteneva non pochi successi.

Il personale della filiale si ricordava di lui e lo aveva accolto con piacere. Sapeva che era molto bravo e che avrebbero ottenuto dei risultati migliori, con conseguenti premi.

Solo una volta era passato per quella curva dannata. Si era sentito a disagio, ma non aveva avuto incubi.

Erano passati due mesi e tutto procedeva bene, Dario era sereno e il lavoro procedeva. La vita in famiglia era serena. I bambini si erano ambientati subito nella nuova scuola. Sembrava che i fantasmi del passato si fossero dissolti, come la nebbia al sole. Purtroppo, non era così. Uno dei suoi dipendenti aveva avuto un incidente proprio nella curva maledetta. Lui era corso a soccorrerlo e quella notte aveva di nuovo avuto il solito incubo.

Il mattino dopo era molto nervoso e ne aveva parlato con la moglie: “Marina, sai questa notte ho di nuovo avuto il solito incubo. Non mi era più venuto. Ma adesso…”.

Me ne sono accorta caro, da come ti agitavi nel sonno. Mi sono preoccupata. Ma desso cosa pensi di fare?”.

“Niente tesoro, non vedo proprio cosa possa fare. Ho un ottimo lavoro, ho intrapreso un percorso che potrebbe farmi fare molta carriera, se chiedessi un trasferimento, adesso che sono qui da pochi mesi, distruggerei la mia carriera”.

Ma non vorrai mica diventare matto? Questi incubi ti logorano si ai nervi che la salute. Cosa ne diresti di consultare uno psicologo?”.

Non ho fiducia negli strizzacervelli. Sanno solo stare a sentirti e spillarti i soldi. Sono sicuro che se mi concentro sul lavoro, gli incubi spariranno”.

Così Dario sperava, purtroppo non fu sufficiente.

Sul lavoro stava veramente ottenendo degli ottimi risultati, ma l’incubo sovente ritornava. Rivedeva quella curva maledetta. Quel tornante, incavato nella montagna sembrava una gigantesca bocca che lo irrideva. Sembrava volesse sfidarlo, irriderlo quasi dirgli: “Sono qui, ti aspetto, quando meno te lo aspetterai colpirò anche te. Non illuderti, non ho fretta, ma quando avrò deciso ti ucciderò”.

Ogni volta che percorreva quella strada non si sentiva sicuro.

Guardava con ostilità la strada.

Ormai non la considerava più una cosa inerte. Per lui quella curva era diventata un genio maligno, un’entità viva, ma ostile, avversa. Era qualcosa che voleva combattere, sconfiggere, ma come? Non se ne dava pace. Era diventata un chiodo fisso. Tuttavia, dopo qualche tempo, un altro problema era venuto a sovrapporsi alla sua ossessione personale.

I carabinieri avevano segnalato la presenza di una banda di rapinatori, particolarmente interessati ai gioielli. Alcuni concorrenti erano stati rapinati e in una sparatoria c’era anche scappato il morto. Non era una cosa da prendersi alla leggera. Dario però non volle dare troppo peso a quei delinquenti. Doveva raggiungere degli obiettivi e si era imposto di ottenerli. Continuava quindi a vedersi con i più importanti clienti infischiandosene del rischio. Invano Marina gli aveva consigliato di prenderla con più calma. Quando si imponeva un obiettivo, voleva raggiungerlo. Solo la maledetta curva, lo distraeva qualche volta.

Era passato circa un mese, incominciava a nevicare, ma per il momento tutto era filato liscio. Una sera, mentre rientrava, si accorse in tempo che una vettura sportiva lo aveva superato in velocità e ora si era messa di traverso e gli sbarrava la strada. Comprese subito che erano i rapinatori. Fece appena in tempo a fermarsi e a girare rapidamente la macchina. Si diede alla fuga. Aveva paura. Per fortuna la sua auto era potente e poteva sperare di scampare il pericolo. Non era un pilota sportivo, si accorse che i banditi guadagnavano terreno, la paura aumentava, sentì anche alcune detonazioni. Erano colpi di pistola diretti contro di lui. Cercava di correre sempre più veloce e non rendeva neanche quale strada stesse percorrendo. Ad un tratto sentì la sua macchina sbandare, compiere un testa coda, che lui non era in rado di controllare. Si sentì morire, ma la macchina si fermò qualche metro al di là della curva. Quasi istintivamente scese dall’auto.

Gli inseguitori non ebbero la sua fortuna. Dario vide i fari del veicolo incominciare a girare, come gli occhi di un animale impazzito. Poi puntarono verso l’alto come a guardare il cielo, sentì un colpo mentre iniziava a precipitare, poi prese fuoco.

Lo stesso incidente dei suoi pensò.

Era buio, ma guardò bene la strada. Era proprio la stessa curva. Aveva ucciso i suoi, ma questa volta gli aveva salvato la vita. Ritornò a casa e raccontò tutto a Marina. La moglie lo abbracciò felice.

Quella notte sognò di nuovo la curva, sembrava sempre una gigantesca bocca, a questa volta gli sorrideva.

Non l’avrebbe sognata più.

Francesco Cordero di Pamparato

Fonte dell’immagine: Pixabay.

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