La “Torino noir” vista e narrata da Milo Julini

Il “serraglio” di piazza Bodoni

Si è parlato, il giorno 30 gennaio di quest’anno, della proposta dell’associazione Gioventura Piemontèisa di modificare l’intestazione del Conservatorio di Torino, situato in piazza Bodoni. 

Nella Torino dell’Ottocento, quando Giuseppe Verdi era un musicista ancora vivente, nella piazza Bodoni di Borgo Nuovo, non sorgeva il Conservatorio ma un mercato coperto o “serraglio”, come si diceva allora popolarmente.

Questo mercato coperto, destinato al commercio di latticini, pollame, frutta ed erbaggi, comprendente anche un lavatoio pubblico, appare in alcune antiche cartoline.

Presentava le caratteristiche che qui possiamo esporre grazie alla documentata descrizione del sito http://baldung.blogspot.it/2011/11/il-mercato-di-piazza-bodoni-torino.html

Gli ingegneri E. Pecco e C. Velasco lo hanno progettato per incarico del Municipio di Torino.

I lavori sono iniziati nel 1864 e si sono conclusi nel 1866: è stata costruita una tettoia con struttura portante in ferro e legno, poi rivestita esternamente da una facciata in muratura, secondo il gusto allora in voga.


La costruzione aveva una pianta quasi quadrata, di m 42,30 per m 45,60; una tettoia a cupola ottagonale copriva la parte centrale. La sua superficie era di 1.932 mq.

Questo “serraglio”è stato demolito nel 1924.

Il sito prima citato definisce  il mercato di Piazza Bodoni come uno degli edifici più rappresentativi dell’architettura in ferro del Regno d’Italia.

Soffermiamoci ora sugli aspetti “criminali” di piazza Bodoni.

In primo luogo sono coinvolti i monelli, come i «due giovinotti furono ieri presi in flagranti a gettar sassi contro i vetri del serraglio civico degli erbaggi a piazza Bodoni» («Gazzetta Piemontese», 7 maggio 1872).

Nella piazza si verificano furti modesti, come quello subito dell’impresario edile D. F. che viene derubato dal suo magazziniere S. B. di due carrucole, valutate 35 lire, portate via da una casa in costruzione sulla piazza Bodoni. Il furto è avvenuto l’ultimo giorno di Carnevale ma il derubato si è accorto del furto soltanto il 2 aprile («G. P.», 3 aprile 1877).

Ma in piazza Bodoni si sono anche verificati episodi da Far West, come questa assalto all’omnibus descritto da una lettera inviata alla «Gazzetta Piemontese» di 19 maggio 1870, e pubblicata col titolo «Strana audacissima aggressione».

Riassumiamo la lettera, in termini moderni. Il 18 maggio, poco dopo le sei del pomeriggio, l’autore della lettera, per recarsi rapidamente da Borgo Nuovo a piazza Solferino, è salito su un omnibus in prossimità di via Belvedere (via Fratelli Calandra).

Nella vettura, oltre a lui vi era un solo passeggero.

Davanti al serraglio di piazza Bodoni, due individui si sono messi a inseguire correndo l’omnibus.

Il fattorino, come si usa, credendo che volessero salire, ha messo il piede sul freno per arrestare il veicolo. Non ha avuto il tempo di fare la manovra perché l’individuo che precedeva il compagno di pochi passi, ha raggiunto il fattorino sul predellino e gli si è attaccato alle spalle con tutto il suo peso cercando di trascinarlo a terra.

Il fattorino, inizialmente, ha pensato ad uno scherzo ma, quando si è accorto dell’aggressione, con una spinta ha cercato di liberarsi ed è entrato nell’omnibus: sospettava che volessero derubarlo della borsa con l’incasso delle corse e, per difendersi, ha impugnato un coltello.

Frattanto lo sconosciuto, anche lui armato di coltello, è riuscito a mettere di nuovo il piede sul predellino dell’omnibus, mentre dava furiosi fendenti e lottava per entrare nella vettura.

Il fattorino cercava di ripararsi dai colpi, ma è stato ferito ad un polso.

Durante questa breve ma violenta scena, l’autore della lettera ha messo fuori la testa dal finestrino della vettura ed ha gridato al cocchiere di frustare i cavalli, calcolando che, con una corsa veloce, l’assalitore avrebbe perso l’equilibrio.


Così è successo: all’imbocco di via Carlo Alberto, l’assalitore è scivolato dal predellino ed è rimasto a terra, anche se ha fatto nuovi inutili sforzi per raggiungere l’omnibus.

L’autore della lettera sottolinea che una aggressione simile era già stata tentata contro un altro omnibus, poi racconta che, dieci minuti dopo, lo sconosciuto aggressore è stato arrestato dalle guardie di pubblica sicurezza mentre se ne stava fermo sull’angolo di via Nuova (via Roma) e via Arcivescovado, forse pensando a qualche nuovo attacco.

Tutto si è concluso in modo rassicurante, con l’arresto dell’aggressore.

A poco meno di 150 anni di distanza, non restiamo stupiti del fatto che il personale dei mezzi pubblici venga aggredito (se ne è più volte parlato su “Civico 20 News”!), in compenso oggi non poche anime belle direbbero che l’autore della lettera ha un deplorevole atteggiamento da “giustiziere” o da “sceriffo” visto che termina così la sua lettera: «Fu fortunato l’aggressore che né l’uno né l’altro dei due passeggeri portassero seco né mazze né armi».

Nella piazza Bodoni, nei primi mesi del 1877, fa la sua apparizione anche la misteriosa ladra indicata come “scialle rosso”, personaggio che all’epoca ha assunto una certa notorietà: una donna che si è specializzata nel derubare le giovani servette.

Il suo soprannome di “scialle rosso” deriva da un capo del suo abbigliamento ma per lei, oggi, parrebbe più indicato il soprannome di “Ti piace vincere facile?”, vista la scarsa o nulla resistenza opposta dalle sue giovani vittime.

Questo spregevole personaggio, al quale la «Gazzetta Piemontese» non dedica troppo spazio e che a quanto pare non è mai stata arrestata, esordisce a metà del gennaio 1877, rivolgendo le sue nefaste attenzioni ad una ragazzina incaricata di portare ad un sarto un fagotto di vestiti da rammendare.

La donna le si avvicina, la incanta, le promette dei regali che la  ragazzina deve andare a cercare al quarto piano di una abitazione. La poverina, per correre più veloce a cercare i regali promessi, ingenuamente lascia alla ladra il suo fagotto.

Così la donna ruba abiti per un valore di circa sessanta lire.

L’aspetto più drammatico di questa vicenda si verifica quando la ragazzina derubata si trova davanti al suo datore di lavoro: sviene per l’agitazione e rimane come morta per più di un quarto d’ora, malgrado l’intervento di un medico.


La «Gazzetta Piemontese» del 18 gennaio 1877 quando riporta questa notizia, non parla ancora di “scialle rosso” ma definisce l’imbrogliona come «una donna, venuta di galera o direttavi con treno celerissimo», profezia che a quanto pare non si è avverata.

Il 15 febbraio 1877, a circa un mese di distanza, il giornale parla ormai di “scialle rosso” come di un personaggio torinese noto: la donna che deruba le ragazzine ha fatto un altro colpo «ieri sul corso del Re (corso Vittorio Emanuele II)». Ha adescato con le sue solite astuzie una giovane cameriera che andava a fare la spesa e le ha rubato un biglietto da dieci lire.

E veniamo a piazza Bodoni.

Qui, lunedì 26 febbraio 1877, “scialle rosso” riesce a rubare ad una ragazza di undici anni un fagotto di biancherie del valore di circa venti lire.

Visto che con le buone maniere, cioè con le sue chiacchiere astute, non riusciva a farsi consegnare il fagotto, allora non ha esitato a ricorrere alla violenza: tutto questo, si stupisce il cronista, è avvenuto in piazza Bodoni, alle 9 del mattino, senza che la ladra avesse la menoma soggezione della gente sempre numerosa in quella zona («G. P. », 27 febbraio 1877).

Si conclude così la nostra ricognizione tra fatti e personaggi “criminali” di piazza Bodoni nella Torino dell’Ottocento.

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Articolo pubblicato il 20/02/2014