Demagogia 2.0, ecco come trasformare una tragedia nel festival dell'ovvio e del cattivo gusto

Tra social network e discutibili scelte di marketing ciò che dovrebbe far riflettere diventa una nuova e triste moda passeggera

Gli attentati a Parigi di venerdì scorso hanno certamente scosso le nostre coscienze, ma hanno dimostrato per l'ennesima volta quanto l'Occidente sia vulnerabile. Dopo l'attacco a Charlie Hebdo la Francia e il mondo occidentale sono nuovamente piombati nel buio del terrore.

Le motivazioni che hanno portato a tutto ciò, apparentemente molteplici, sono state sviscerate a dovere nelle numerosi edizioni straordinarie di telegiornali e talk show in cui primeggiano tuttologi che cambiano il loro settore di specializzazione a seconda dei fatti di cronaca del momento.

La politica del buonismo  e dell'ugualianza ad ogni costo e del Volemose Bene sta violentemente impattando verso il fallimento in tutta la sua devastante e impacciata mediocrità.

Che il destino dell'austera Europa denarocentrica delle sanzioni e delle bacchettate di teutonica provenienza sia ai titoli di coda è solo questione di tempo.

La Francia, colpita al cuore e con l'anima ancora lacerata e copiosamente sanguinante, piange ora le sue vittime e a denti stretti evoca vendetta.

Vendetta per quelle vittime che avevano la sola colpa di trovarsi a loro insaputa in un posto normale in un momento sbagliato. Poco importa se la sigla del terrore cambia da Al-Qaeda a Isis e da Bin Laden a Al- Baghdadi.

E mentre questi politicanti sono buoni solo ad indignarsi e a mostrare la loro faccia corrucciata quando avvengono queste tragedie se non si agisce a livello concreto si rischia di finire in un pericoloso punto di non ritorno.

Intanto, oltre che in televisione, lo sciacallaggio sugli attentati di Parigi continua sui social network.

Dopo la moda del Je Suis Charlie e le foto profilo con lo sfondo della bandiera multicolor per festeggiare le unioni tra persone dello stesso sesso arriva l'ennesima novità per seguire il gregge tecnologico.

Ed ecco che spopolano sui social network le foto profilo di persone con lo sfondo della bandiera francese. Il tutto per "dimostare vicinanza alla Francia", come afferma lo stesso Facebook.

Per non parlare della scelta di qualche genio del male del marketing di immettere sul mercato magliette recanti la scritta Je Suis Paris. E intanto si svendono tragedie e morti pur di guadagnare o per collezionare qualche like su Facebook mentre ci si monda virtualmente l'anima e ci si pulisce così la coscienza.

Si spera che la tanto decantata dottrina del politicamente corretto lasci spazio a qualcosa di più concreto, affinchè si possa pensare di poter costruire un mondo dove la personale e cieca osservanza di precetti religiosi non sia più motivo di un becero tentativo di far ripiombare l'umanità nel buio di un nuovo e tetro Medioevo.

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Articolo pubblicato il 17/11/2015