Federica Pellegrini e il teorema della perfezione forzata dello sport italiano

La nuotatrice azzurra torna dalle Olimpiadi di Rio con molti dubbi riguardo il suo futuro agonistico. Ma siamo realmente sicuri che si debba sempre puntare alla vittoria a tutti i costi?

Parlare di Federica Pellegrini ormai è come trattare un'argomento che ha da tempo travalicato i confini dello sport.

Oramai è una figura pubblica consolidata, in grado di far parlare di se dentro e fuori la vasca delle piscine dove ha ottenuto primati mondiali ed europei che l'hanno fatta entrare di diritto nell'Olimpo dello sport azzurro.

Tutti avevano riposto delle grandi aspettative nella Pellegrini, tanto da affidarle il compito di portabandiera del nostro Paese alla cerimonia di apertura dei giochi Olimpici di Rio.

E' stata chiamata a portare a casa risultati importanti e, in un modo o nell'altro, ci è riuscita.

La stampa italiana ha additato la sua prestazione olimpica come una delusione all'interno di una carriera costellata di traguardi importanti e prestigiose vittorie.

E lei, in balia di fiumi di parole che sono stati scritti su di lei come atleta e come donna, ha vacillato circa il suo futuro nel nuoto.

Ha preso a male parole alcuni giornalisti che avevano postato eccessivamente l'accento sui suoi venti centesimi che l'hanno allontanata dal podio e che l'hanno inevitabilmente esposta a critiche di ogni genere.

Ma ci siamo dimenticati un fattore importante: nello sport, così come nella vita, si vince e si perde.

Non si può essere sempre tecnicamente perfetti, talmente puliti da raggiungere il tempo perfetto che ci può garantire la medaglia d'oro.

Certo, i sacrifici e il lavoro dietro ad una preparazione olimpica sono molti e grandi. Ma non si può sempre avere la pretesa di vedere vincitore chi ha addosso l'etichetta del vincente a tutti i costi.

Ma come vuole l'italica usanza se hai successo e i riflettori posano la loro luce dorata sul tuo volto diventi un personaggio pubblico.

E quindi qualsiasi cosa farai, qualsiasi rumore tu produrrai sarà destinato a far discutere nel bene o nel male.

Questo tipo di mentalità ha portato nel corso degli anni lo sport ad essere avvelenato con il virus del doping, a cui fin troppi atleti ricorrono per cercare di non deludere le aspettative dei propri allenatori, dei propri sponsor (il cui giro di denaro è da capogiro) e dei propri connazionali.

Come si fa ad avere una sana carriera agonistica se bisogna sempre vincere per poter essere notati e riconisciuti? Non è tutto oro quello che luccica, ma anche l'argento e il bronzo fanno la loro splendida figura.


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Articolo pubblicato il 19/08/2016