ICOMOS International Council ON Monuments and Sites.

Unico organismo consultivo non governativo dell’UNESCO per i Monumenti e i Siti.

L’ICOMOS (International Council on Monuments and Sites), si basa sui valori fondativi della Carta di Venezia per il Restauro e la Conservazione dei Monumenti e  dei SITI del 1964 , che portò nel 1965 alla costituzione dell’ICOMOS, per la realizzazione di una rete di eccellenza di supporto al programma delle Nazioni Unite di fare riemergere dalle macerie della guerra mondiale il passato comune da consegnare alle generazioni future; da questo primo passo si arrivò nel 1972 alla Convenzione dell’UNESCO sul Patrimonio dell’Umanità.

I membri dell’ICOMOS costituiscono una comunità di esperti indipendenti e quindi esenti da influenze degli Stati nazionali nelle loro valutazioni; lavorano in modo volontario e rappresentano una eccellenza, sempre mirando all’allargamento della Comunità, privilegiando le entrate dei giovani e sono oggi nel mondo 9500, in 144 Paesi, con 110 Comitati Nazionali e 27 Comitati scientifici internazionali: la più grande organizzazione non governativa mondiale per il Patrimonio dell’Umanità.

In questa organizzazione si è sempre affrontata la teoria e la pratica del Patrimonio in una visione olistica che non separa la conservazione dalla sostenibilità e difende “Il monumento per l’uomo”.

Negli ultimi anni le condizioni degli ecosistemi e i rischi climatici globali hanno suscitato preoccupazioni che focalizzano l’attenzione sui problemi globali dello sviluppo. La massiccia industrializzazione e l’uso di combustibili fossili, a partire dalla rivoluzione industriale e in modo accelerato negli ultimi 70 anni, hanno avuto effetti catastrofici che mettono in pericolo la stessa presenza umana e di gran parte del vivente sull’intero Pianeta.

Si stima che saremo tra le ultime generazioni a poter fare qualcosa per invertire tale tendenza, anzi, per alcuni scienziati abbiamo già superato il punto di non ritorno. Sotto un altro aspetto, l’aumento delle temperature, la scomparsa delle specie e il collasso ambientale hanno  fortunatamente determinato una consapevolezza crescente.

Queste problematiche sono oggi sostenute da settori della scienza e dell’industria illuminata il cui interesse più che al passato è rivolto allo sviluppo e alla prefigurazione di scenari futuri. L’approccio è comprensibile date le sfide impellenti a cui devono fare fronte le Nazioni Unite, come la povertà, la fame, l’acqua, l’istruzione e la sanità. Sembra crearsi una dicotomia tra posizioni che antepongono la storia, la cultura e la difesa del patrimonio rispetto quelle centrate sull’ambiente e il futuro. Ma la differenza è solo apparente.

L’UNESCO e l’ICOMOS hanno dimostrato l’importanza del patrimonio fattore di successo e portatore di valori, conoscenze e pratiche utili nel perseguire la sostenibilità e prefigurare nuovi modelli. Hanno, quindi, operato affinché la cultura fosse riconosciuta nella Agenda delle Nazioni Unite come parte indispensabile delle soluzioni alle sfide globali.

Nell’ormai lontano 2015, l'ONU ospitò a New York il vertice per l'adozione della nuova Agenda globale di Sviluppo Sostenibile per i successivi  15 anni ( 2030).

Tra i numerosi obiettivi le iniziative volte a rafforzare la protezione e la salvaguardia del Patrimonio culturale e naturale per rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, resilienti e sostenibili. L’obiettivo rappresenta proprio quanto l'UNESCO, l’ICOMOS e l’ICCROM hanno maggiormente perorato nel corso degli ultimi anni attuandone il pieno riconoscimento.

Infatti è affidato a loro il compito dell’attuazione delle strategie delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile, divenendo così parte attiva del processo d’implementazione dell’Agenda. Si colma così l’apparente divario tra l’approccio orientato sulla storia e la salvaguardia e quello imperniato sul modello di sviluppo e la prefigurazione del futuro. Divario, come si è detto, mai realmente esistito.

Molti degli esperti impegnati nella conservazione hanno da sempre dedicato la loro attenzione alle tematiche ambientali, lavorando spesso anche per quelle convenzioni. Specialmente in Italia, dove siamo abituati a una visione e sensibilità integrata. Basti ricordare tra tanti la figura di Antonio Cederna, difensore del Patrimonio e fervente ambientalista.

Negli ultimi 45 anni, i membri dell’ICOMOS hanno compiuto una continua riflessione concettuale e una quantità enorme di esperienze che hanno coinvolto scienziati ed esperti di tutto il mondo. Al patrimonio come un'opera d'arte indipendente dal suo ambiente, come risultato originale dell’ingegno individuale, si è sostituita la visione del monumento come prodotto architettonico corale. Progressivamente si è giunti a vedere le città storiche nella loro interezza a considerare gli ecosistemi e l’ambiente, fino ad arrivare al concetto di paesaggio.

L’aspetto rilevante è che l’aggiornamento della teoria si basa soprattutto sull’esperienza pratica realizzata da centinaia di esperti impegnati in tutto il mondo nell’eseguire la valutazione, controllo e gestione dei siti del Patrimonio. E’ in gran parte attraverso la presentazione di nuove iscrizioni, il rapporto continuo con diverse candidature e culture, le ricognizioni sul campo, il monitoraggio, le enormi  quantità di riflessioni scambiate in studi e convegni che si attua il continuo adeguamento teorico.

A fronte di questo intenso lavoro, abbiamo nel mondo 1054 siti iscritti in 164 Paesi. L’Italia con 51 iscrizioni è il paese con più siti al mondo. Le prime iscrizioni italiane dopo il varo della convenzione nel 1972 risalgono alla fine anni ’70: la Val Camonica nel 1979; Santa Maria alle Grazie con L’ultima Cena di Leonardo a Milano e Roma nel 1980; Firenze nel 1982; Pisa e Venezia nel 1987; San Gimignano nel 1990. La prima iscrizione a Sud di Roma fu Matera nel 1993. Tra le ultime, in Piemonte le Langhe Roero e Collina Po.

 

 

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Articolo pubblicato il 23/02/2017