Radiografia del populismo

Cinque tesi per dire che il populismo c’è e prende piede

Il populismo è una realtà tornata a galla nell’ultimo decennio, quello che ha visto indebolirsi l’economia, allargarsi la forbice sociale tra ricchi e poveri e il continuo flusso migratorio dal Nord Africa verso le coste del vecchio continente.

In un’interessante analisi condotta sul quotidiano britannico The Guardian vengono riportare cinque tesi sul populismo.

La prima considerazione è che a priori il populismo non è né di destra né di sinistra, ma è un’ideologia che considera la società divisa sostanzialmente tra due gruppi: il popolo “puro” e le elite corrotte, entrambi accomunati dal fatto di condividere gli stessi interessi e valori ma divisi da una profonda spaccatura sul piano morale, poiché i primi sarebbero onesti e i secondi corrotti.

La seconda tesi è che solitamente i movimenti populisti, pur essendo a favore della democrazia, ritengono che questa debba essere direttamente emanata dal popolo, per cui le democrazie così dette liberali, in cui le minoranze e i pesi e contrappesi del sistema democratico limitano in qualche modo le maggioranze, ma ovviamente a vantaggio di una maggiore dialettica, non vengono viste di buon occhio: il popolo ha sempre e comunque ragione.

Una terza riflessione riguarda la non accettazione del fatto che certe scelte, prese comunque da chi è stato votato, possano incondizionatamente andare contro il volere del popolo.

La quarta tesi è che talvolta su certi argomenti anche una minoranza della popolazione può imporre le proprie scelte su tutti, come se una certa politica potesse andare bene per tutte le persone.

L’ultima considerazione è che talvolta, pur avendo i partiti populisti un 20-25% di consenso risultando terzi in moti paesi, la loro determinazione e la loro voce portano le maggioranze di governo ad attuare politiche più soft rispetto a quelle che avrebbero in mente.

Per trovare riscontro a quanto scritto dal The Guardian, mi permetto di rilevare ciò che è accaduto recentemente in Italia e in Europa con rifermento ad alcune delle analisi esposte.

Se pensiamo al caso Brexit e alla recente richiesta di indipendenza della Calatogna notiamo come le minoranze che non sono state d’accordo sullo “strappo” si sono viste imporre la scelta degli altri su un tema così importante come lo staccarsi dall’Europa, nel primo caso, o dalla propria Nazione, nel secondo.

Poco tempo fa, Di Battista, esponente di punta del 5 Stelle, ebbe modo di dire, a proposito della Catalogna, che lui sta sempre e comunque dalla parte del popolo.

L’atteggiamento di essere sempre e comunque dalla parte dei cittadini e delle piazze è solo apparentemente democratica e rispettosa del volere popolare, dal momento che i popoli, nelle loro decisioni, si fanno spesso guidare dalla demagogia di chi li trascina, altrimenti non si spiegherebbe come mai, pur avendo dato ascolto al popolo sia per la Brexit sia per la Catalogna, in entrambi i casi molte aziende abbiano deciso o minacciato di spostarsi altrove facendo un danno a quello stesso popolo che se meglio consigliato avrebbe deciso diversamente.

Un’ultima considerazione va al primo punto. Che nel nostro paese ad esempio ci siano corrotti, lobby, volta gabbana anche tra la classe dirigente non c’è alcun dubbio, ma da qui a far credere al popolo che tutto l’ancient regime fatto di giornali, telegiornali e politici sia da buttar via poiché menzoniero e corrotto rischia di fare del qualunquismo ed è proprio questo atteggiamento presuntuoso di far piazza pulita di tutto e tutti che ha condotto il vecchio continente alle dittature del secolo scorso in cui nelle piazze tutto il popolo era unanime col proprio capopopolo e sappiamo bene con quali esiti.

Alla base di una qualsiasi democrazia liberale c’è l’idea che il popolo sia sovrano nel momento in cui va a votare, dopodiché per il periodo della legislatura è il Parlamento da esso votato     a dover dimostrare di prendere le decisioni corrette, pena il non venir rivotato alle elezioni successive.

Sei si ricorre spesso e volentieri alla consultazione popolare (piazza, referendum, votazioni on line, …) per condizionare il Parlamento si finisce con lo svuotare il potere legislativo e, talvolta, anche con disinformazione, come quella che ha portato la maggior parte dei Lombardi e dei Veneti a volere l’autonomia per mantenere sul territorio il residuo fiscale, ben sapendo che la Costituzione, proprio su questa materia, non consente alcuna trattativa.



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Articolo pubblicato il 02/11/2017