Zavorra alla crescita: La manovra lascia in eredità un’ipoteca da 47 miliardi. Di Dino Pesole

Nonostante il disinnesco dei 23 miliardi sul 2020 nel biennio seguente resta il pesante fardello che sottrae risorse alla crescita.

Si chiude il sipario sulla manovra per il 2020, e già si comincia a ragionare all'interno del Governo e al Ministero dell'Economia su come far fronte all'ingombrante fardello di 47,1 miliardi di clausole Iva (44,2 miliardi) e accise sui carburanti (2,9 miliardi) pronte a scattare nel biennio 2021-2022.

 

Nel passaggio parlamentare della legge di Bilancio, le clausole per il 2021 sono infatti lievitate di circa 2 miliardi, per effetto delle modifiche e delle nuove coperture individuate in corso d’opera. E anche nel 2022 il conto si annuncia salato.

 

Come avvenuto quest'anno, anche le prossime due manovre di bilancio partiranno in sostanza con un handicap tale da ridurre al lumicino gli spazi a disposizione per rilanciare la crescita e l'occupazione. Arduo ipotizzare fin d’ora che si possa ricorrere nuovamente alla “flessibilità” europea, in poche parole ad aumenti del deficit. Al contrario, per non incorrere negli strali di Bruxelles con la prossima manovra occorrerà garantire un percorso credibile di riduzione del deficit strutturale e del debito.

 

In sede tecnica si comincia allora a considerare un mix di interventi, che non esclude in via di principio (ma qui la variabile politica sarà ancora una volta decisiva) che in parte si possa far aumentare l’Iva, anche attraverso una rimodulazione dei beni sottoposti alle attuali tre aliquote. Ipotesi che il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri aveva posto sul piatto delle possibili opzioni nella fase di prima definizione della manovra, salvo poi riporla rapidamente nel cassetto per l’opposizione di buona parte della maggioranza che sostiene il Governo, Italia Viva e M5S in testa.

 

Il quadro politico è incerto, diversi i fronti aperti nella maggioranza in attesa del responso delle imminenti consultazioni elettorali e degli sviluppi legati al referendum confermativo sul taglio dei parlamentari. Gualtieri è comunque dell’idea che occorra agire su due fronti: potenziare gli incassi attesi dalla lotta all’evasione e avviare finalmente un percorso di revisione strutturale della spesa. Da qui l’idea di ricorrere a una nuova commissione per la spending review.

 

«Intendiamo intraprendere un nuovo lavoro sulla spending review con una nuova commissione», ha osservato nel corso dell’audizione alla Camera del 19 dicembre. Riforma fiscale e spending review dovrebbero camminare insieme su un profilo temporale di almeno tre anni, secondo un cronoprogramma da inserire nel Def di metà aprile e nel Programma nazionale di riforma. Sulla base di tali impegni programmatici, si comincerà a definire nei mesi successivi l'architettura della prossima manovra di bilancio.

 

Il tabù tutto politico dell’intoccabilità dell’Iva sta provocando la sostanziale paralisi dell’intera politica di bilancio. A spingere perché si volti pagina si segnalano gli inviti che da anni vengono rivolti al nostro paese da Ocse, Fmi e Commissione europea a spostare parte del prelievo dai redditi dal lavoro ai consumi, ma anche la constatazione che un aumento ancorché limitato dell'imposizione indiretta stimolerebbe un sia pur contenuto incremento dell’inflazione. Con effetti anche sul debito pubblico che viene calcolato in termini nominali.

 

L’impatto moderatamente recessivo di una manovra sull’Iva potrebbe trovare opportuna compensazione nei benefici attesi da un taglio degli oneri sul lavoro ben più consistente dei 3 miliardi che scatteranno dal luglio del prossimo anno.

 

Quanto alla spending review, alla luce delle esperienze più recenti e del sostanziale fallimento della stagione dei commissari, appare evidente che il vero nodo della questione non vada ricercato in sede tecnica (dei possibili ambiti di intervento abbonda la letteratura in materia) quanto nella volontà politica di metter mano a una profonda riqualificazione della spesa. Operazione che andrebbe avviata a inizio legislatura, con un profilo dunque almeno quinquennale.

 

Se al contrario si continua a rincorrere il consenso a breve, e ci si limita a intervenire sugli incrementi di spesa già iscritti nei tendenziali di finanza pubblica, è ben difficile che i risultati possano essere tali da liberare risorse significative per ridurre la pressione fiscale.

 

ilsole24ore.com

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Articolo pubblicato il 26/12/2019