Quell’appello che anche Norberto Bobbio ha firmato

Gli eventi storici si ripetono?

Confesso di non essere tranquillo e di provare qualche brivido, quando sugli schermi televisivi vedo che Matteo Salvini cammina da solo per le strade della città di Roma.

Un’esortazione comparsa a grandi lettere sulla prima pagina del giornale che ha sostituito  a tutti gli effetti quella “Unità”, che era l’organo del partito comunista, e che ora porta il nome di “Repubblica”, mi ha riportato indietro di qualche anno.

L’esortazione esibita dal direttore del quotidiano ancora debenedettino, Carlo Verdelli, recitava, fuori di ogni possibile dubbio,:  “CANCELLARE SALVINI.

Come ha rilevato Vittorio Feltri, cancellare non ha solo il significato di depennare con la gomma una parola, ma può venire interpretato come eliminare o far fuori una persona che non è gradita.

Come era logico attendersi, il direttore ha cercato di correre al riparo e, da buon compagno qual’ è, arrampicandosi con le unghie sui vetri della redazione, ha osato affermare che si trattava di “polemica pretestuosa”.

Ed ha anche fatto capire, con la solita alterigia tipica delle sinistre, ereditata dal loro DNA berlingueriano, che l’offeso poteva essere lui, perché il suo titolo era stato frainteso.

Prestando fede alla teoria enunciata da G.B. Vico, che prevede che gli eventi storici possano ripetersi nel corso degli anni, la mia memoria è corsa nel passato e si è fermata negli anni 1969-i970.

Anche allora un uomo doveva essere cancellato. 

Su di lui, il commissario Luigi Calabresi, si era concentrata l’attenzione di tutta la galassia dei centri sociali e dei circoli della sinistra, fiancheggiati ed eccitati dagli intellettuali progressisti e dai giornali comunisti come, L’Unità, che è la testata (come abbiamo scritto più sopra) che ha allevato con latte rosso sangue, la figlia adottiva Repubblica. Quella che oggi si permette di scrivere che chi non la pensa come la sua banda di redattori, va cancellato.

E poi tutti dietro. Con in prima linea l’Espresso, che aveva definito Il Calabresi, un “commissario torturatore”, il Movimento Studentesco di quel Mario Capanna che ancor oggi dà lezioni di democrazia nei talk show della Palombelli, il Manifesto, Lotta Continua, il Corriere della sera e molti altri. 

L’imperativo categorico era quello di CANCELLARE IL COMMISSARIO CALABRESI, ed anche qui non c’erano equivoci: cancellare voleva proprio dire eliminare dalla faccia della terra quello che ritenevano, senza alcuna prova, colpevole dell’omicidio di un anarchico.

Anche allora era stato svolto un lungo lavoro di preparazione. Si erano mobilitate senza risparmio giornaliste assetate di sangue come Camilla Cederna del Corriere ed esponenti di tutte le correnti di sinistra che infestavano la nazione.

Erano di moda in quei tempi le lettere aperte, ed è passato alla storia un appello elaborato da 800 pseudo intellettuali che “si impegnavano a combattere con le armi in pugno a fianco delle masse” ed incitavano a “cancellare” il commissario Calabresi.

Crea imbarazzo ancor oggi scorrere l’elenco di chi l’aveva sottoscritto.

Tra i firmaioli si potevano leggere nomi in quel tempo altisonanti, quale quello di Norberto Bobbio, (che non aveva ritenuto di scusarsi nemmeno quando la verità era emersa) e quello dell’architetta Gae Aulenti, cui addirittura è stata dedicata una via.

Ed è bene ricordare anche i nomi di quei firmaioli che sono ancora tra noi e che ancor oggi sono ascoltati da seguaci che bevono dai teleschermi, o sorbiscono dai loro articoli, lezioni di dirittura morale, di lealtà e di coerenza.

Sono, tra gli altri, l’intimo del Bergoglio Eugenio Scalfari, Furio Colombo, Paolo Mieli, Dacia Maraini (che pensa di avere qualcosa da insegnare agli altri) , Lucio Colletti, Tinto Brass, Alberto Bevilacqua, Tiziano Terzani, Carlo Rossella, Toni Negri, Giorgio Benvenuto ed anche l’attrice Paola Pitagora.

Hanno vinto loro e Luigi Calabresi è stato ucciso da due killer inviati da Adriano Sofri.

Abbiamo scritto più sopra che gli eventi storici si replicano. Ma dobbiamo per fortuna constatare che le condizioni di oggi non sono quelle degli anni settanta.

Verdelli ha lanciato il suo squillo di tromba, invitando i compagni a “cancellare Salvini”. Deve però confrontarsi con il fattor che il suo giornale, La Repubblica, con la linea editoriale adottata, ha ridotto abbonati e lettori. Al punto che la GEDI, la casa editrice della famiglia De Benedetti, è costretta a vendere l’organo ai discendenti degli Agnelli.

Eugenio Scalfari, a parte l’età, è troppo impegnato a diffondere il nuovo corso della religione cattolica che il papa gesuita gli confida per telefono.

Gli appelli non sono più di moda, e solo l’immigrato dal Libano Gad Lerner, con cascina nel Monferrato infestata dai moschini, ha fatto un labile tentativo, ripiegando poi solo su di una risibile lista di prescrizione di giornalisti avversari. Si è poi cimentato su RAI3 con degli show in favore degli immigrati, che per lui non sono mai abbastanza. Ma la scarsità di ascolti lo aveva costretto a desistere.

Per fortuna, la maggior parte dei firmaioli del novecento è passata a miglior vita e si dà a profonde elucubrazioni filosofiche nel regno dei cieli (o forse all’inferno) sotto l’alta guida di Norberto Bobbio.

Quelli che sono rimasti quaggiù scrivono libri o si sono riciclati, come Paolo Mieli, che ora fa il divulgatore di storie patrie.

A contrastare Salvini ci sarebbe, è vero, Alan Friedman ma quell’americano un po' comico che non riesce a liberarsi dal cantilenare allo Stanlio e Ollio e balla come un orsetto ammaestrato con il suo amico del cuore (cfr. Dagospia), non ha la stoffa del rivoluzionario.

Volpi politiche astute e pensanti come lo Zingaretti ed il Bonaccini, il barba-zio che è l’erede del sanguinario capo partigiano Arrigo Boldrini, hanno allora partorito un progtto che ritengono vincente.

Hanno convocato di nascosto nelle piazze dell’Emilia Romagna molti simpatizzanti del Pd, giovani ed anziani, li hanno obbligati a prendere il ridicolo nome di sardine e li hanno affidati ad un manipolo di studenti fuori corso.

Poiché l’imperativo categorico è quello di cancellare Matteo Salvini prima delle elezioni, il mantra che le sardine devono recitare di continuo è quello di attribuire al leader della Lega il profilo di un essere malvagio, di una persona che vuole fare il dittatore. Una “bestia”, (come lo ha definito un compagno doc, invitato da Del Debbio nella sua trasmissione), da considerare solo un contenitore ricolmo di odio, ed un dispensatore di fiale avvelenate con il rancore. Odio e rancore che ama riversare anche sui poveri immigrati che fa annegare nel mare (SIC).

Nel frattempo I buoni capo sardina ed i due compagni Zingaretti e Bonaccini si proclamano esempi di bontà, si dicono alieni da ogni forma di odio e di rancore e fanno sfoggio di un animo sereno e soprattutto rispettoso delle idee di ogni avversario politico.

Ma sotto sotto, si attendono che, esponendo striscioni che evocano piazza Loreto e rappresentano Salvini appeso a testa in giù, possa succedere qualcosa.

Qualcosa (o qualcuno) che emerga, nascondendo il mandante, dalle piazze o dagli stagni rossi, dove si riuniscono i branchi dei piccoli pesci.   

(immagini New York Times - ilglobo.com.au - LifeSiteNews - WordPress.com - networthroom.com - Il Resto del Carlino)

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                         

                

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Articolo pubblicato il 20/01/2020