Italia: uno scendiletto o un tappetino da calpestare?

O ancora un’Italia rispettabile e pertanto degna di rispetto

Non si può affermare che l’Italia è un paese sovrano. Perché il termine sovrano ricorda i sovranisti e turba le menti degli Zingaretti e dei loro compagni assortiti, che grazie all’appoggio dell’attuale presidente della repubblica, sono incollati sulle poltrone governative e non vogliono che gli italiani con il voto li scollino.

Meglio sottomessi che sovranisti dicono in coro. E godono senza ritegno se è l’Europa che ci vuole  sottomessi e servili.

Il governo attuale ha fatto tutto quanto era possibile per raggiungere questo risultato. In pieno accordo con il Quirinale, ha inviato a Bruxelles gli uomini più idonei a fare del nostro paese un tappetino da calpestare: il “moviola” Paolo Gentiloni ed il surdato ‘nnammurato dell’UE, David Sassoli. Non era bastato a rendere debole ed umile l’Italia il comportamento della povera Mogherini, pescata dal Renzi a cinecittà.

Un esempio della considerazione in cui viene tenuto il nostro paese dai governi vicini, ci arriva proprio oggi. Un alto funzionario tunisino si è permesso di protestare perché il nostro ex ministro Salvini aveva cercato in casa al citofono uno spacciatore di droga, clandestino, giunto qui da quel paese nordafricano. Mentre avremmo dovuto essere noi a protestare per il continuo arrivo di delinquenti che il governo di Tunisi ci invia, per liberare le sue carceri.

Nella sua immensa stupidità tutto il mainstream della sinistra dopo essersi schierato a fianco dello spacciatore di droga, sostiene che non doveva essere disturbato mentre era intento al suo lavoro.

Sergio Mattarella, che riveste la carica di capo dello stato, si aggira in questi giorni nel medio oriente ed in particolare nei paesi degli emirati.

Non è chiaro il motivo che lo spinge laggiù.

Si fanno due ipotesi. La prima è che sia preoccupato della perdita dei rifornimenti petroliferi della Libia e stia cercando di capire come correre ai ripari.

La seconda ipotesi, che è legata alla prima ed è la più probabile, è che si sia reso finalmente conto della grave inesperienza e della maldestra conduzione della politica estera da parte del duo Conte e Di Maio, e ritenga pertanto indispensabile un’azione di supporto.

Nonostante il suo lunghissimo tirocinio come uomo delle istituzioni, il capo dello stato forse non aveva capito che mettere il paese nelle mani di un arrampicatore sociale e politico come l’avvocato pugliese e di un giovane rampollo di Pomigliano d’Arco, che parlava solo il dialetto campano, era una cosa troppo avventata. Ed era apparso ancora più anomala la firma per l’affido al giovane Di Maio di un duplice compito, quali la leadership di un movimento caotico e la gestione del ministero degli esteri.

Incarichi cumulativi capaci di stroncare anche persone esperte e preparate.

In una precedente occasione, quella della nomina ad incaricato dei rapporti con l’Europa del prof. Paolo Savona, Sergio Mattarella si era opposto in modo deciso e non solo con l’esercizio della moral suasion, perché non lo riteneva un adoratore della sua cara Europa.

E’ noto a tutti gli italiani il modo con il quale il Di Maio interpreta il ruolo di ministro degli esteri. Correre a Bruxelles ed a Strasburgo per farsi fotografare a fianco dei commissari europei e degli euroburocrati che contano e comunicare che lui è il perno intorno al quale ruota tutta la politica internazionale. Afferma, in intima comunità di intenti con il sodale, ma non troppo amico Conte, che saranno loro due a dirimere la questione libica e subito commettono una gaffe epocale invitando a Roma nello stesso giorno ed uno dopo l’altro, i due contendenti libici.

La reputazione internazionale, e quindi quella dell’Italia, è per l’avvocaticchio pugliese che fa il premier ancora più deprimente. Dopo avere incassato senza batter ciglio, in piena assemblea, l’epiteto di burattino, ha dato vita a Berlino, nei giorni scorsi ad una specie di sceneggiata pugliese, aggirandosi come un vagabondo davanti al gruppo degli altri governanti, schierati per la fotografia rituale. Non si era accorto che il posto di ognuno era stato assegnato per ordine di importanza ed ha cercato più volte di infilarsi, sempre respinto, tra quelli in prima fila.

Per poi, con faccia rassegnata, adattarsi al posto che si era guadagnato rappresentando la nostra nazione.

L’ultimo posto della seconda fila.

Quousque tandem, fino a quando, il presidente della Repubblica, non concedendo le elezioni, continuerà a mantenere, in mani come quelle, il prestigio della nostra Italia? 

(immagini globa-list.it - Globalist Syndacation)          

    

  

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Articolo pubblicato il 24/01/2020