Piangere per la Brexit

Insieme ai tedeschi che si credono ancora nell’Uber Alles di Adolfo

Fiumi di lacrime hanno inondato l’Italia. Solo qualcuno ha trattenute a stento i singhiozzi. Sono le lacrime di quei poveri cristi, follemente innamorati dell’Unione Europea, che hanno sempre considerato come un paradiso terrestre. L’abbandono di questa celestiale creatura ha dato alla testa e fatto straparlare quei creduli ed illusi personaggi, come il Prodi, il Monti, il Letta (insieme al suo conte zio), il Mattarella, il Sassoli, il Gentiloni ed altri minori, quasi tutti del Pd, che giuravano sulla sua intangibilità e sulla sua persistenza in saecula saeculorum.

Invece è successo.

La brexit, ossia l’abbandono dell’UE da parte della Gran Bretagna, ha rotto l’incanto. L’Unione Europea non è più un’unione, perché ha perso uno dei suoi pezzi più importanti e dovrà chiamarsi “ex unione europea”.

Il primo segno di follia da parte degli euroburocrati e dei commissari abituati da anni a comandare incontrastati sui sudditi dei paesi sottoposti, è stata la profferta del capo negoziatore di Bruxelles, il francese Michel Barnier, che ha proposto a Boris Johnson di trattare con i resti dell’UE con gli stessi parametri e con gli accordi normativi precedenti alla separazione.

Cercando così, anche se è incredibile, di riproporre le ragioni, i regolamenti e le norme che avevano indotto Il Regno Unito alla separazione da Bruxelles.

Boris Johnson ha risposto in modo inequivocabile che ci sarà un “libero scambio, ma nessun allineamento alle regole UE”.

In effetti nessuna delle funebri previsioni che gli analisti filoeuropei si erano inventati si è verificata. La sterlina gode ottima salute, i mercati ed i rapporti commerciali non ne hanno risentito ed addirittura gli euroburocrati rimasti, come scrive Fabio Dragoni su La Verità, hanno perso con la Brexit, il 15% dei Pil, il 13% della popolazione, ed il 12% dei contributi.

La stupidità degli euroentusiasti è però endemica ed è stata tale da indurre un uber alles che vive  a Firenze, dove dirige gli Uffizi e si chiama Eike Schimidt, a fare una proposta allucinante. Quella di togliere all’Inghilterra i marmi del Partenone che si trovano a Londra e di trasferirli, non certo in Grecia, ridotta alla fame dall’UE, ma nel continente europeo, dove lui potrebbe gestirli. Il discendente di Adolf non dice come questo suo sogno potrebbe essere realizzato. Non certo con le panzerdivisionnen della sua Merkel o con l’esercito unificato europeo che non esisterà mai.

Si tratta di una proposta che, estesa, pari pari, a tutte le controversie mondiali potrebbe avere anche per l’Italia conseguenze stravaganti.

Come quella, per esempio, che il premier egiziano Abdel Fattah al-Sisi, troppo tormentato ed infastidito dalle continue richieste di chiarimenti relativi alla morte avvenuta al Cairo di un ricercatore italiano al servizio di un’agenzia inglese, il giovane Giulio Regeni, decidesse analoghe reazioni.

E chiedesse all’Italia di restituire al suo paese tutti quei reperti dell’antico Egitto che sono custoditi e conservati nei nostri musei, primo tra tutti il Museo Egizio di Torino.

Conseguenze che per fortuna possono essere relegate ai capitoli delle realtà romanzesche, ma che dimostrano la sofferenza, finora esorcizzata, degli euroinnamorati che allignano e che piangono disperati nei partiti, nelle istituzioni e nelle redazioni di giornali, come quelli passati di recente dalla proprietà dei De Benedetti a quella della dinastia Elkanoide.

E’ difficile infine farsi un’idea del disagio e della grave sofferenza che ha colpito il cuore del vecchio miliardario George Soros, di 89 anni, a causa della Brexit.

Riuscirà a sopravvivere?

Il guru ungherese che è un infuocato europeista, ed è il fondatore della Open Society, si è ridotto, con tutti i suoi miliardi, ad occuparsi di quella miseria emiliana che è il movimento delle sardine. 

 

(immagini The Seattle Globalist - The Globalist - The New York Times)

 

      

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Articolo pubblicato il 10/02/2020