Le città deserte e gli effetti psicologici della  quarantena per i positivi al virus Covid 19

Un virus, un bacillo microscopico il Covid 19,  sta mettendo in ginocchio la società non solo del nostro paese, ma quella dell’intero pianeta. L’infezione si è diffusa ovunque ed oggi subiamo doverose e necessarie limitazioni della libertà personale, indispensabili al contenimento e alla diffusione del virus, unica via che condurrà alla risoluzione della malattia in un tempo che si spera sia il più breve possibile. Chi ha contratto il virus, anche senza sviluppare la pericolosa  sintomatologia ormai nota e di cui si è ampiamente discusso sui quotidiani, è costretto alla quarantena, il periodo di incubazione che intercorre tra il contagio e la manifestazione dei sintomi  che si stima duri dai 2 agli 11 giorni, fino a un massimo di 14 giorni.  Un periodo in cui il paziente deve  restare isolato per lo più  al proprio domicilio senza poter uscire, per evitare di contagiare le persone con cui viene a contatto. 

Si tratta di una disposizione emessa a seguito di una ordinanza del ministero della Salute, per tutelare la salute pubblica al massimo livello di sicurezza possibile nella gestione dell'emergenza da coronavirus. Oltre all’isolamento gli individui che abbiano avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva da Covid 19 devono essere sottoposti a sorveglianza attiva per quattordici giorni, al pari di coloro che sono tornati nelle ultime due settimane  dalla Cina. La persona isolata dovrà contattare la Asl competente facendo presente il proprio caso, e mettersi in quarantena a casa, rispettando le istruzioni impartite dall'Asl competente.

Un periodo così lungo a casa imposto dal sistema sanitario, può risultare fastidioso ad alcuni soggetti spiazzati dal riposo forzato: la rivista medica britannica "The Lancet" ha infatti pubblicato un articolo dei membri del dipartimento di psicologia del King's College di Londra sull'impatto psicologico della quarantena che, almeno in taluni casi, può rivelarsi un’esperienza terribile ed in cui si esamina  la tematica relativa alla possibilità di attenuarne gli effetti sull’individuo. Gli esperti britannici affermano che vi è un notevole impatto psicologico sulle persone in quarantena e descrivono effetti sulla salute mentale e sul benessere psicologico di una persona privata delle sue abitudini quotidiane, impossibilitata a muoversi, non per colpa sua. Chi viene sottoposto a quarantena può manifestare una forma ansioso-depressiva, con irritabilità e cattivo umore a cui si possono aggiungere altri sintomi caratteristici di queste forme, quali l'insonnia  l'angoscia, fino ad accusare sintomi da stress post-traumatico, questi ultimi in particolare hanno una maggiore difficoltà ad essere risolti, poiché sono descritte manifestazioni ansiose legate all'evento anche nei tre anni successivi all'isolamento.

Altri fattori determinanti da considerare, in grado di aggravare la situazione  sono: la noia, la frustrazione, la paura che vi possano essere criticità quali la mancanza di cibo, acqua e la mancanza di informazioni corrette. Un motivo di angoscia non trascurabile è costituito dal pensiero delle conseguenze finanziarie determinate dalla interruzione del lavoro e, sebbene siano previsti aiuti dalle istituzioni, vi può essere la sensazione che gli importi ricevuti come sostegno, siano insufficienti o che arrivino troppo tardi. La paura di diventare dipendenti dal parentado, con conseguenti conflitti familiari, è uno dei principali motivi di angoscia nel soggetto sottoposto a quarantena. Tale situazione è mitigata, dove possibile dal telelavoro, in grado di permettere minori perdite di reddito e di attenuare la noia.

La paura di ciò che potrà avvenire in futuro e le scarse informazioni fornite dalle autorità sanitarie pubbliche, rappresentano un altro importante fattore di stress, determinato, almeno nelle prime fasi delle emergenze di questo tipo,  dalla mancanza di coordinamento tra le diverse strutture coinvolte nella gestione delle epidemie. In particolare, la mancanza di chiarezza sui diversi livelli di rischio può portare gli interessati dal provvedimento a temere il peggio, per questo riveste importanza fondamentale che le persone che mostrano segni di fragilità psicologica, possano ricevere un adeguato sostegno durante la quarantena e che nei soggetti isolati si riesca a  rafforzare l'idea che il loro sacrificio contribuisce a mantenere in buone di condizioni di salute  il resto della popolazione e, in particolare, possa essere utile ai gruppi più vulnerabili come gli anziani e i bambini, insistendo  sul fatto che le autorità sanitarie sono loro grate. Questo  potrebbe ridurre l'effetto negativo sullo stato psicologico negativo di quanti  non possono muoversi  e rafforzare l'idea della  positività del loro sacrificio.

Ma non sono solo le persone poste in isolamento a soffrire per la loro condizione; il lavoro pubblicato su "The Lancet" evidenzia anche gli effetti sul personale sanitario impegnato a fronteggiare in prima linea un  gran numero di pazienti. Nel servizio è posto in risalto come questi professionisti vengano a trovarsi in una situazione di gran disagio, a causa di problemi derivati dall'eccessivo impegno lavorativo, come ha ben evidenziato la fotografia di una infermiera crollata per l’eccessivo accumulo di stanchezza. Nei medici e infermieri, costretti a fronteggiare una vera e propria marea umana che preme sui presidi in cui svolgono la loro attività,  sono anche descritte manifestazioni legate all'ansia, specie  quando il personale si trova di fronte ai pazienti positivi alla malattia, febbricitanti e in preda ad accessi di tosse, dunque potenzialmente pericolosi per la diffusione del contagio. Anche nei sanitari possono insorgere sintomi caratteristici di una condizione ansiosa, quali una facile irritabilità, insonnia, scarsa concentrazione e indecisione in relazione  alle prestazioni lavorative, alla riluttanza a lavorare per paura di sbagliare fino  a considerare le dimissioni dalla loro posizione. Paure che per certi versi accomunano terapeuti e pazienti, angosce  che si manifestano sotto diversa forma, ma sostanzialmente identiche a quelle di chi  viene a trovarsi privato della routine lavorativa e lasciato da solo con  propri pensieri. In entrambi i casi sono questi alcuni dei fattori che complicano una esperienza di per se difficile da affrontare,  aumentandone l'impatto psicologico. Una dura prova da affrontare per tutti, ma necessaria per uscire dal tunnel di una situazione precipitata assai velocemente, forse compresa in ritardo, ma attualmente ben recepita dai cittadini anche grazie alle imposizioni ministeriali che invitano la popolazione a restare a casa, invito pienamente accolto, come dimostrano le fotografie di alcune zone centrali  scattate in una Torino insolitamente deserta, e silenziosa a mezzogiorno del 12.03.2020 un orario in cui, di norma, la circolazione di autovetture raggiunge uno dei suoi picchi massimi.

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Articolo pubblicato il 15/03/2020