Taranto - Industria siderurgica: interrogativi sul da farsi

Va rivista l’idea che ha portato migliaia di dipendenti in una assai brutta situazione

Resta centrale la risoluzione del dilemma: Taranto continuerà ad essere città industriale, siderurgica o deve voltare definitivamente pagina visto che arrivano segnali da altri settori, anche se non così importanti dal punto di vista numerico?

Ma il cambio di sviluppo, il passaggio dalle grandi industrie di migliaia e migliaia di dipendenti  ad un sistema più frazionato di economia, presuppone il fatto che c’è da pensare ad un futuro praticabile nei prossimi anni in cui quel modello e il suo tipo di impatto, verrà chiuso definitivamente.

L’idea che ha portato migliaia e migliaia di dipendenti in una brutta situazione, va rivisto. 

Secondo i numeri che la stessa Arcelor Mittal ha fornito ai sindacati qualche giorno fa, a fine maggio le persone che si recavano al lavoro in fabbrica erano 2.921, meno delle 3.500 autorizzate dal prefetto col decreto per l’emergenza Covid .

Qualche giorno dopo, i 2.921 dipendenti diretti erano passati a 3.036, quindi sempre sotto il numero degli autorizzati.

La parte restante, quasi 5.000 persone, in questo periodo è fuori dalla fabbrica e la gran parte di queste, oltre 3.200/3.500 circa sono in cassa integrazione. Quindi un sacco di gente è fuori dal circuito produttivo.

Proprio a giugno di qualche anno fa, nel 2017, ci fu la gara che assegnò l’Ilva ad Arcelor Mittal.  Allora sembrava che si potesse aprire un nuovo periodo di lancio, di sviluppo. Difatti purtroppo si è dimostrato che non è così essendo andati in una direzione diametralmente opposta.

Da oggi parte l’ispezione dei commissari di Ilva in Arcelor Mittal, è quella richiesta dal prefetto dopo aver ricevuto i sindacati il 22 maggio, i quali gli hanno prospettato uno stato degli impianti che è molto critico e problematico.

Poi ci sono gli imprenditori dell’indotto che continuano a dire che i pagamenti sono annunciati  ma non praticati, per cui complessivamente il quadro non è positivo.

Il 5 giugno Arcelor Mittal presenterà il nuovo piano industriale. Il governo intanto si sforza di ricordare che l’accordo di marzo ha fissato due paletti: occupati a  10.700 nel gruppo e produzione a regime di 8 milioni di tonnellate.

Purtroppo la crisi di mercato e la netta frenata determinata   dall’emergenza Covid hanno cambiato tutto lo scenario.

Pertanto è impensabile che Arcelor Mittal possa ripresentare quel piano, lo si vedrà a breve.

È probabile che bisognerà andare verso una fabbrica più piccola, ma sopratutto più sostenibile e più orientata alla qualità ed all’innovazione, perché il mondo avrà sempre bisogno di acciaio, e bisognerà cercare nuovi mercati e clientele.

Nello stesso tempo bisognerà  dare una spinta ad altri settori importanti. Il porto per esempio e l’economia marittima più in generale, si pensi all’investimento annunciato da Ferretti nella costruzione degli yatch, messo nella riprogrammazione dei fondi del contratto istituzionale  di sviluppo.

Il gruppo Ferretti, tra i leader mondiali nella produzione di yacht di lusso, vuole realizzare a Taranto un polo produttivo per la costruzione di scafi e sovrastrutture in materiale composito (vetroresina e carbonio), insieme a un centro di ricerca focalizzato sulla realizzazione di modelli e stampi.

Il sito individuato si trova nell’area ex Belleli, un’area industriale dismessa che negli anni ‘80 e ‘90 è servita per la spedizione delle piattaforme petrolifere off shore.

“Stiamo valutando da tempo questo possibile investimento a Taranto - aveva spiegato l’amministratore delegato di Ferretti, Alberto Galassi - vista anche la posizione logistica favorevole tra gli stabilimenti del gruppo che si affacciano sia sul Tirreno che sull’Adriatico. Approfondiremo quanto prima questa opportunità anche con la Regione Puglia”.

C’è poi una buona notizia perché dal 9 luglio inizia l’arrivo dei primi container dopo cinque anni di assenza sul molo polisettoriale, perché Ylport che è la terza compagnia mondiale, riporterà i container. Una nave partirà  dalla Turchia, farà tappa a Taranto  e a Malta e poi si recherà in Tunisia e viceversa.  È un buon inizio che speriamo porti ad uno sviluppo concreto  ulteriore del porto, lo rimetta in moto dopo tanti anni di stallo.

La Yilport Holding ha confermato i suoi progetti per il terminal contenitori del Porto di Taranto. L’Azienda ha sottolineato che, diversamente da quanto riportato da voci infondate, le attività per il rilancio del San Cataldo Container Terminal procedono alacremente e negli anni a venire il Terminal sarà noto come uno dei maggiori porti del portfolio della Yilport Holding.

Robert Yuksel Yildirim, Presidente del CDA e CEO della Yilport Holding aveva riferito : “la Yilport Holding è determinata a sviluppare le relazioni commerciali a Taranto ed in Italia. Abbiamo firmato una Concessione della durata di 49 anni e crediamo fermamente nel potenziale del San Cataldo Container Terminal. Dunque siamo felici di restare per almeno 49 anni, non andiamo via. L’attuale pandemia dovuta al COVID-19 ed il suo impatto sul commercio mondiale non cambia i nostri piani.

Stiamo ristrutturando il terminal e vogliamo che diventi uno dei principali hub in Italia.

Non si tratta che di un inizio, di un buon inizio non si vedranno subito i grandi numeri visti nel passato, però nel frattempo l’investitore turco sta procedendo a riparare ben sette gru e poi tutto il sistema impiantistico.

A Taranto finalmente inizia qualcosa che si amplificherà, ora si parte, vi sono dati positivi nell’economia marittima, mentre purtroppo sul fronte dell’acciaio si hanno solo segnali negativi.

 

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Articolo pubblicato il 03/06/2020