Masaniello revival

L’Intifada napoletana: Un inizio?

E siamo arrivati all’intifada napoletana contro l’ingabbiamento notturno voluto da De Luca e dal governo. Nulla di strano, sotto due aspetti: che la gente si rivolti contro la stupidità normativa e che questa rivolta avvenga a Napoli.

La stupidità normativa è un’onda montante che distrugge la razionalità della legge e quella dell’azione pubblica. E quando la gente (quella normale, non quella che ci fanno vedere i media) percepisce che non c’è luce di intelligenza nei d.p.c.m., nelle ordinanze regionali e comunali, nell’azione convulsa di politici e amministratori, delle forze dell’ordine, delle autorità sanitarie, quella gente semplicemente si ribella, come è sempre accaduto nella storia. Sopratutto quando quella irrazionalità non sembra più finalizzata a nulla se non a supportare, attraverso la dilagante infodemia di giornali scritti e parlati, le velleità terroristiche dei pubblici poteri.

La gente (quella vera, ripeto, non quella immaginaria della narrazione ufficiale) sta progressivamente rendendosi conto che tutta questa rappresentazione politico-mediatico-sanitaria ha qualcosa di sospetto, e sta radicandosi sempre più l’idea che esista sì un virus subdolo ma che questo forse non sia come lo rappresentano. Si sta cioè diffondendo la sensazione che qualcuno sfrutti cinicamente la situazione per creare un micidiale état d’esprit che produrrà enormi profitti, non solo economici, per qualcuno e la rovina economica per moltissimi altri.

Se appena appena una persona consapevole lascia la wunderkammer dell’informazione ufficiale con i suoi incubi, il suo millenarismo, la sua numerologia cabalistica, i suoi druidi in camice bianco, il suo linguaggio apocalittico e si sposta verso il sottomondo dell’informazione alternativa -non quella spettacolare e  complottista, ma semplicemente quella libera e razionale- gli si parerà innanzi un mondo diverso fatto di pacate discussioni, di cifre elaborate e rielaborate pubblicamente, di dubbi costruttivi, di opinioni semplicemente diverse e disponibili alla verifica. Non diciamo che in questo sottomondo stia la verità, come non sta nel sopramondo televisivo, ma tutti noi sappiamo che il seme del dubbio da sempre è l’anticamera della verità. Non accedervi significa solo fare il cardinal Bellarmino che si rifiuta di guardare nel cannocchiale di Galileo.

Detto in termini più popolari: la gente comincia ad aprire gli occhi. E i fatti Napoli lo dimostrano, e probabilmente sono solo un assaggio, dal momento che, per parafrasare Lincoln, puoi ingannare molte persone per poco tempo o poche persone per molto tempo, ma non puoi ingannare molte persone per molto tempo. Soprattutto se gli togli prima la libertà e poi anche il pane.

Perché Napoli? Forse c’è più di una spiegazione.

Intanto Napoli è famosa per le sue insorgenze: da Masaniello alla Rivoluzione del 1799, fino alle Quattro Giornate del settembre 1943, la città ha sempre dimostrato di mal tollerare l’oppressione. La propensione all’anarchia di quel popolo e un inaspettato coraggio nascosto sotto la sua filosofica bonomia, uniti a una atavica diffidenza verso il potere e lo stato, hanno fatto il resto e l’hanno indotto a scendere in strada.

Non va dimenticato che la notte, a Napoli, non è il reame del sonno come in molte altre città ma una formicolante repubblica di affari, di attività (certo, non tutte lecite), un mondo in cui le persone si muovono, si incontrano, fanno cose, scambiano beni, vivono, si amano e si odiano, semplicemente vivono la loro vita. Chiuderli in casa significa oltraggiarli in modo intollerabile.

Pare veramente strano che De Luca -folcloristico incrocio fra un generale sudamericano e una maschera della commedia dell’arte partenopea- non abbia capito tutto questo, non abbia capito il “suo” popolo,  per inseguire un personale e surreale delirio sanitario. Ne pagherà giustamente le conseguenze, speriamo solo in senso politico ed elettorale.

I napoletani che settantasette anni fa non hanno avuto paura del colonnello Scholl e dei suoi panzer possono benissimo fronteggiare De Luca, quando la tensione raggiungerà il livello di guardia. E non è detto che altre città non seguano l’esempio napoletano fra non molto, allorché la fame comincerà a farsi sentire fra la povera gente e fra tutti quelli che non avranno più di che vivere, oggi guardati con indifferenza dai politici con lo stipendio assicurato. Viene in mente una vecchia battuta di Crozza quando imitava un passato capo del governo: “Italiani, noi ce la faremo! ...voi non so”.

Il fatto è che noi viviamo in un paese tendenzialmente e docilmente sottomesso: la rivoluzione non è nel nostro genoma, a differenza dei francesi e di altri popoli. Fascisti sotto il fascismo, antifascisti dopo il fascismo, democristiani sotto la DC, antidemocristiani dopo la DC, berlusconiani sotto Berlusconi, antiberlusconiani dopo Berlusconi e così via, gli italiani sono oggi silenziosi e ubbidienti a ministri, governatori, sindaci, virologi e telegiornali. Domani? Non si sa.

Purtroppo in Italia le cose cambiano solo per via traumatica. Lo stato risorgimentale e liberale fu spazzato via dalla prima guerra mondiale e dalle sue drammatiche conseguenze; il fascismo dalla guerra persa disastrosamente; i governi centristi e di centrosinistra dalla bufera di Tangentopoli, il berlusconismo dall’assalto giudiziario contro il suo capo.

E il governo giallo-rosso? Forse da una, dieci, cento Napoli.

 

 

 

 

 

 

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 25/10/2020