L'ultima battaglia di Garibaldi: 1870 - 1871
Sebastiano De Albertis - Garibaldi a Digione

Commento della prof. Cristina Vernizzi nel 150° anniversario della ricorrenza

Le date che ricordano le ricorrenze dei grandi eventi storici sono entrate in un meccanismo di amplificazione di varia natura che garantisce la loro memorizzazione.

Tuttavia, esistono episodi storici che, in un complesso scenario di grandi eventi, sembrano risultare marginali e pertanto potenzialmente destinati, se non all’oblio, al solo interesse dei cultori di storia.

Ci giunge in merito un articolo della professoressa Cristina Vernizzi, Presidente dell'Associazione Mazziniana per il Piemonte, che, in modo efficace e sintetico, commenta l’ultima partecipazione militare di Giuseppe Garibaldi alle vicende della guerra franco-prussiana del 1870-1871.

Nel ringraziare l’Autrice, per la sua preziosa collaborazione, auguriamo una buona lettura (m.b.).

L’ultima battaglia di Garibaldi: 1870-1871

 

Mentre a Roma avvenivano i fatti relativi alla unione al Regno d’Italia nel settembre 1870, Garibaldi era a Caprera sorvegliato speciale del Governo, il quale temeva che sorgesse da parte sua una qualche iniziativa per riottenere Nizza. In realtà il nostro eroe era attento alle cose di Francia, al di là della soddisfazione per la caduta di Napoleone III, colui che lo aveva combattuto durante la Repubblica Romana del 1849 e a Mentana nel 1867.

In settembre gli era giunta dai democratici francesi l’offerta di andare a difendere la Repubblica appena costituitasi, nella guerra contro i Prussiani. Infatti, la situazione si era fatta drammatica: dopo la sconfitta di Sédan, in cui Napoleone era stato fatto prigioniero, i Prussiani erano giunti ad assediare Parigi: l’esercito francese pareva impossibilitato ad arginare l’invasione nemica.

Il mito di Garibaldi, “difensore della libertà dei popoli”, alimentava la convinzione che solo lui avrebbe potuto dare una svolta favorevole e decisiva.  L’eroe, evitando il pattugliamento notturno dei piroscafi italiani, lasciò Caprera il 4 ottobre, e dopo tre giorni sbarcò a Marsiglia. Accolto con entusiasmo dalla popolazione, si diresse a Tours, capitale provvisoria del governo.

Qui dopo una serie di contrattempi diplomatici, gli fu affidato il comando dell’armata dei Vosgi, consistente in circa 10.000 franchi tiratori, un corpo addestrato nella guerriglia. Secondo il disegno strategico degli alti Comandi francesi, Garibaldi doveva difendere Digione e la zona dei Vosgi. Dopo poche settimane, stabilì il suo quartier generale, in cui chiamò i figli Menotti, Ricciotti, il genero Canzio e il suo antico volontario dei Mille il francese Bordone, nei pressi di Digione dove si era costituito anche un corpo eterogeneo di volontari provenienti da tutta Europa.

Garibaldi era ammalato, torturato dai reumatismi che lo costringevano a restare in un alloggio di fortuna e dettare gli ordini dal tavolino o giungere sovente sul campo in carrozza, ma con grande forza d’animo ed energia, per tutto il mese di novembre riuscì a guidare scontri vittoriosi.

Fu durante uno di questi che il manipolo guidato da Ricciotti si impadronì di una bandiera nemica: unico trofeo di tutta la guerra franco-prussiana.  Le operazioni militari seguirono per tutto il mese di dicembre e di gennaio. Garibaldi abituato a combattere nei climi del sud America e del Mediterraneo, risentiva dolorosamente di quell’inverno che si era fatto rigidissimo.

Ciò nonostante, accorreva sul campo e guidò ancora negli ultimi attacchi vittoriosi l’esercito che gli era stato affidato. Quando alla fine del gennaio 1871 si giunse alla firma dell’armistizio di Versailles, organizzò ordinatamente l’evacuazione di Digione: fu l’unico generale a non aver subito sconfitte.

A questo punto l’eroe, eletto nel collegio di Digione, Parigi, Nizza e Algeri, si recò all’Assemblea Nazionale di Bordeaux, sede del governo, per discutere sui preliminari della pace.

Ma la sua elezione non fu considerata valida nonostante avesse mantenuto la cittadinanza di Nizza. Chiese di parlare, ma non gli fu consentito, tra il tumulto di una maggioranza conservatrice e monarchica. Questo incidente provocò l’indignazione e la vibrata protesta di Victor Hugo e di Louis Blanc. Garibaldi si ritirò dignitosamente e il 13 febbraio diede le dimissioni sia dall’esercito francese che da deputato. Nello stesso giorno lasciò Bordeaux per Marsiglia e da qui ritornò a Caprera.

Così si concluse l’ultima sua battaglia, in difesa della Repubblica francese.

Da questo momento avrebbe deposto le armi e il suo impegno si sarebbe rivolto sempre più ai miglioramenti sociali del nostro Paese.

Cristina Vernizzi

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Articolo pubblicato il 09/01/2021