Le grandi sfide che attendono gli USA.

Quale futuro per l’America?

Dopo i fatti incresciosi, quanto epocali, della scorsa settimana, il mondo appare plasticamente diviso in due.

 

La politica Usa risulta ancora più polarizzata, e con essa il mondo intero.

Il livello di scontro non è più solo fra una destra conservatrice contro una sinistra progressista, ma si sta delineando sempre più con connotazioni quasi antropologiche. Come se esistessero due prototipi di essere umano differenti.

Ma a prescindere dalle parti politiche in gioco, quel che occorre osservare sarà come agirà l’America dinanzi ai fatti appena accaduti.

 

Chiaramente, il primo fattore che balza agli occhi è il vantaggio che la Cina e la Russia traggono da un’America lacerata e divisa. Inutile poi ricordare che anche l’Europa e l’Occidente risentono delle divisioni politiche esistenti negli Stati Uniti. E di come l’UE, dinanzi ad una crisi istituzionale Usa senza precedenti, possa essere “facile preda” dei nemici di ieri e di oggi dell’Occidente libero (Cina e potenze asiatiche alleate).

 

Se la crisi Usa avvantaggia i nemici del mondo occidentale (Cina in primis), c’è chi in queste ore, soffiando sul “fuoco” dello scontro, si rende addirittura corresponsabile del loro successo. Le sinistre liberal, infatti, non si sono fatte attendere nel dare un’immagine dell’assalto al Campidoglio artefatta e forzatamente denigratoria verso i loro avversari politici; a detta loro, quanto accaduto mercoledì scorso tenderebbe a ridurre tutti i 75 milioni di elettori trumpiani ad un manipolo di fanatici vestiti da sciamani e norreni.

 

Nonostante il mondo intero stia assistendo alla transizione presidenziale più complicata della storia americana, rimane il fatto che le sfide globali per l’America di domani saranno sempre le stesse, a prescindere dal suo presidente.

 

Già in passato la volontà del Pentagono e del Congresso avevano fortemente ostacolato i rispettivi buoni propositi in Politica Estera delle scorse amministrazioni. Basti pensare alla politica distensiva di Obama verso la Cina, fortemente ostacolata dal Congresso; così come le future promesse di pace con la Russia durante l’amministrazione Trump, più volte tradite dai voti repubblicani avversi e dalle truppe inviate dal Pentagono in Ucraina.

 

Restano al netto di ciò tutte le difficoltà americane agli occhi del mondo. Un’economia pubblica già fortemente “gonfiata” dalle bolle speculative negli ultimi decenni, rischia di costituire un fragile equilibrio su cui poggiare un “Impero commerciale” sempre più vacillante dinanzi all’aggressività economica cinese.

 

Nei prossimi anni, il primo paradigma del Pentagono sarà continuare a garantire il dominio Usa nei mari tramite il controllo militare e commerciale sugli stetti.

 

L’asse economico-miliare di Shanghai risulta essere sempre più insidiosa nelle rotte commerciali dell’Indo-pacifico. E, se il gasdotto russo “North Stream” preoccupa non poco gli Usa in Germania e nel Baltico, le nuove vie della seta cinesi rischiano di mettere in seria discussione il controllo statunitense nel Mediterraneo.

 

Ma le future sfide non finiscono qui. Ad un’enorme crescita economica cinese ne segue una di altrettante dimensioni sul piano tecnologico.

La presenza di App ampiamente diffuse come Tik Tok, costituiscono una seria minaccia d’infiltrazione cinese nei nostri big data; così come l’enorme connivenza fra le big tech occidentali con la nuova tecnologia 5G posseduta da Huawei rischia di essere un potente “cavallo di Troia” verso i nostri server.

 

Quello che appare sempre più evidente è la volontà geopolitica delle potenze asiatiche di mettere fuorigioco gli Usa e i suoi alleati Nato.

 

Il mantenimento o la perdita del controllo americano nell’area indo-pacifica ed euro-mediterranea sarà quindi vitale nei prossimi anni per decretare quale sarà la potenza dominante di questo secolo.

 

 

 

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Articolo pubblicato il 12/01/2021