L’EDITORIALE DELLA DOMENICA DI CIVICO20NEWS - Francesco Rossa: Torino, Lingotto Fiere: quale destino?

Regione, Comune e Camera di commercio di Torino scrivono al Governo: ”Puntiamo su un nuovo modello di business pubblico- privato ”

L’emergenza Covid, anche a livello locale brucia energie, impegna la Regione ed il comparto Sanità alla ricerca di soluzioni organizzative per tamponare le emergenze e per organizzare la somministrazione dei vaccini. L’opinione pubblica è terrorizzata per i rischi alla salute e sempre più confusa dalle misure di segregazione, per certi versi contradditorie e prive di logiche stringenti.

Per fortuna c’è ancor qualcuno che pensa al dopo, soprattutto per ridar fiato all’economia reale e consentire, seppur gradualmente la ripresa, basandosi su strutture od iniziative portatrici di sviluppo ed occupazione. Con tali premesse c’è parsa lodevole l’iniziativa annunciata la settimana scorsa da Regione Piemonte, Città di Torino e Camera di Commercio, a sostegno di Lingotto Fiere.

L’obiettivo, secondo l’enunciato “è quello di unire le istituzioni locali in un progetto di rilancio turistico del territorio che vede nel polo del Lingotto un punto di riferimento fondamentale”.

La crisi pandemica ha praticamente azzerato l’operatività del Centro Fiere e Congressi, con la ricaduta su comparti importanti quali la ricettività, i trasporti ed il fiorente indotto che gravitava verso quest’istituzione. Oltretutto pare che l’attuale società di gestione, il gruppo francese GL events, intenda sbarazzarsi della gestione, orientandosi verso una speculazione immobiliare e causando contraccolpi di notevole ricaduta sull’economia della Città, al momento dell’attenuazione delle rigidità attuali.

Ma da una lettura attenta del grido di dolore degli enti territoriali, cosa emerge? Che  “Torino è l’unica Città Metropolitana italiana in cui gli Enti locali non hanno una gestione diretta o partecipata del proprio centro fieristico. Riteniamo, prosegue il documento, che una possibile soluzione, da condividere, sia la sperimentazione di un nuovo modello di business pubblico-privato fondato sulla cooperazione di tali componenti, come accaduto in altri Paesi europei. L’auspicio di queste istituzioni - concludono - è quello di poter contare su un sostegno dell’intero Governo, al fine di poter individuare insieme una soluzione strutturale permettendo alla Regione Piemonte e alla Città di Torino di continuare a contare su una realtà fieristico-congressuale molto importante come quella di Lingotto Fiere”.

E’ l’espressione di una consapevolezza che, per non ricadere negli errori del passato, merita attente precisazioni. Il Polo Fieristico del Lingotto è nato a metà degli anni ’90 quando la giunta presieduta da Giampaolo Brizio Falletti di Castellazzo, costituì la società Expo2000 con la partecipazione minoritaria della Regione Piemonte, delle banche piemontesi, della Camera di Commercio, della Fiat ed altri azionisti minori.

Lo scopo era quello di creare alternative valide per contrastare l’affievolirsi della massiccia presenza dell’Industria sul territorio, puntando sull’attività fieristica e congressuale per valorizzare la cultura, l’industria, il turismo e l’economia del Piemonte. La gestione di questa società e della struttura sorta nella conservazione dell’edifico storico che ospitava lo stabilimento Fiat del Lingotto, ristrutturato da Renzo Piano, fu affidata, per volontà dei soci, a Bruno Bunnik un esperto di fama mondiale, nel comparto delle Fiere e Congressi, mentre la regione si era riservata la Presidenza non operativa con la dottoressa Nicoletta Vacca Orrù.

I fiori all’occhiello di quella gestione non tardarono ad arrivare. La convention del G7 nel 1996, con la presenza a Torino dei leader mondiali, l’accordo con la Rai per l’utilizzo dell’Anfiteatro per la stagione concertistica nazionale, essendo in ristrutturazione l’edificio storico di via Rossini. Ogni mese fiorivano nuove iniziative espositive e congressuali, con qualificanti e numerose presenze. La gestione era oculata, si badava al risultato, con le ricadute positive e conseguenti sul territorio, ma lo statalismo insito in certa politica mal tollerava la gestione privatistica della società.

Il comunista Chiezzi in Consiglio regionale denunciava irregolarità gestionali mai provate, finchè i privati, di concerto con la Regione, fecero un passo indietro, cedendo la maggioranza delle quote alla Regione. E lì iniziò il declino. Gli amministratori nominati dalla Regione Piemonte di estrazione partitica erano incompetenti e presuntuosi, senza validi contatti nel comparto fieristico. Come quel deputato democristiano trombato seguito da un codazzo di supporter che oltre a non aver  mai visto un Ente Fieristico, iniziò a girare il mondo, a spese della società per “acquisir conoscenze” che però produssero solamente  la contrazione delle presenze e la fuga dei clienti storici.

I cambi di colore della giunta regionale, imposero ovviamente la sostituzione degli amministratori. Dal deputato trombato si arrivò ad un neofita dal cui curriculum, risaltava, quale unico elemento probante che “a 16 anni si era iscritto alla Federazione giovanile del Partito Comunista italiano”. Un po’ poco per gestire un comparto ove location ben più rinomate in Europa, si contendevano ogni giorno clienti ed iniziative. Le successive gestioni che segnano il disimpegno della regione, si sono dimostrate slegate ed estranee al territorio.

Torino passava in seconda linea e le fiere prestigiosa venivano trasferite a città, come Bologna, che rispondevamo in modo adeguato a differenza di Torino. Nei rapporti con le società di gestione che si sono succedute, non mancò qualche scivolone, al limite del lecito, per captare la benevolenza  degli amministratori locali. Ciò determinò la progressiva emarginazione del centro Torinese rispetto ai concorrenti Europei. Volò via il salone dell’Automobile, quello dei prodotti ferroviari, per non parlare del salone del libro. Senza che la giunta regionale e il sindaco del tempo, se ne facesse solerte cruccio.

Ottima la presa di consapevolezza attuale, ma quali debbono essere i presupposti per un decollo certo? Tenere lontani i politicanti dalla gestione operativa e far scegliere agli altri soci, un manager di livello internazionale, che, senza interferenze politiche, superata la congiuntura pandemica, riporti a Torino le eccellenze di particolare richiamo, nel comparto fieristico e congressuale.

Purtroppo le banche di un tempo, come la Cassa di Risparmio di Torino e la Banca Popolare di Novara, sono state fagocitate e non esistono più. L’istituto bancario San Paolo, nelle sua attuale configurazione, non ha più il centro decisionale a Torino, per non parlare della Fiat. Per cui il primo quesito riguarda quali forze vive piemontesi potrebbero affiancare con continuità la Regione, la città di Torino e la Camera di Commercio?

Per il decollo dell’iniziativa, dopo aver assicurato la promettente conduzione del Centro fieristico e congressuale, l’onere e l’impegno della politica regionale e comunale, in primis dovrebbe consistere nel favorire e rendere appetibile l’arrivo di qualificati visitatori nella nostra città con un piano di interventi ed ottimazione delle infrastrutture viarie, ferroviarie ed aeroportuali, idoneo a facilitare l’accesso di coloro che arriveranno a Torino.

Toccherà al comune rendere gradevole la permanenza in città, con tutte le iniziative e le migliorie ambientali che da sempre  Milano, Ginevra e Nizza, tanto per citare i nostri concorrenti, hanno realizzato e curano costantemente. Altrimenti, il pantalone torinese, continuerà a sperare nella rinascita di Torino, ma dovrà amaramente constare che l’incapacità degli amministratori equamente distribuiti, continua a propagare fumo e tanta desolazione. Per rilanciare simili iniziative sul territorio, bisogna innanzitutto crederci ed essere capaciti e competenti, doti oggi assai rare. Se intanto qualche candidato sindaco o presunto tale, volesse cimentarsi, la partita è complessa, ma gli esiti arriverebbero di  certo.

Francesco Rossa

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Articolo pubblicato il 24/01/2021