Usa e Messico : un'amicizia tormentata

Analizziamo insieme le cause di un possibile scontro identitario fra i due vicini americani

Le terre di frontiera a cavallo del confine tra Usa e Messico non assomigliano al resto nè del primo nè del secondo paese. Ad accomunarle è una storia di periferia, scarsità di regole e lontananza dall’autorità centrale. Le tensioni latenti sono pronte ad eruttare.

Il confine tra Stati Uniti e Messico è oggi una delle 5 grandi linee di faglia geopolitiche del mondo.

Con questa espressione si intende un’area sulla quale sussistono sottotraccia tensioni permanenti che periodicamente esplodono in un conflitto. La frequenza e l’intensità di queste eruzioni varia a seconda della zona.

Al momento, la faglia messicano-statunitense è quiescente, ma non lo sarà per sempre.

Le possibilità di conflitto lungo di essa scaturiscono dal fatto che la regione è una terra di frontiera, termine con cui in geopolitica si descrive un’area collocata tra due o più spazi culturali ben definiti, eterogenei dal punto di vista sociale ma controllati politicamente da una potenza.

Storicamente, una terra di frontiera tende a cambiare bandiera con frequenza e a controllarla è l’attore dotato di maggiore forza militare e politica.

Nel caso del confine tra Stati Uniti e Messico, l’ultima volta che l’area ha cambiato padrone risale alla fine della guerra messicano-americana nel 1848. Da quel conflitto, il Messico non è mai stato nella posizione di sfidare Washington.

Tuttavia, uno sbilanciamento di potenza non basta a cancellare lo status di terra di frontiera, nè le frizioni sottocutanee tra le due nazioni, che continuano a sussistere.

I messicani sul lato statunitense della terra di frontiera, per esempio, avvertono una minore pressione all’integrazione; possono più facilmente ricreare la loro cultura d’origine e mantenere strette relazioni con i propri connazionali in patria.

Il futuro dell’impero americano si gioca sull’assimilazione dei Mexican-Americans e di tutti gli altri ispano-latini. Per questo Washington riscrive la pedagogia nazionale in funzione nordista contro l’eredità sudista.

La scelta dell'edificazione del muro e del filo spinato lungo il confine col Messico non è affatto casuale. Dietro la scelta di Clinton, continuata poi da Trump, di costruire una barriera, vi è come sempre il prevalere del Pentagono e della sua Ragion di Stato rispetto alle singole ambizioni partitiche dei dem o dei repubblicani.

Le terre che un tempo erano Nuova Spagna oggi appaiono ancora come minaccia culturale all'elites bianco-germanica degli WASP anglosassoni. Mantanere gli Usa nordisti e anglo-germanici risulta fondamentale per mantenere e giustificare il controllo dell'Anglosfera.

Nel caso si affermasse una nuova identità neolatina, sarebbe la fine dell'identità americana così come l'abbiamo conosciuta. Nonostante l'indipendenza e la forte spinta franco-illuminista della prima repubblica contemporanea, il legame con la madrepatria britannica permane. 

L'impero che domina i mari del globo mantiene il suo gruppo dominante bianco ancora nei grandi laghi. Cedere ad una nuova pedagogia nazionale volta alla rivalutazione della "vecchia" Nuova Spagna costituirebbe un pericolo volto ad un punto di non ritorno.

In tal senso il Messico costituisce il primo pezzo del "giardino di casa" americano, ma al tempo stesso anche la prima minaccia. Come sempre detto, il primo obbiettivo geopolitico di una Nazione consiste nell'allontanare la prima linea di difesa.

Gli Stati uniti hanno sempre puntato ad affermare i principi liberali all'interno dei Paesi latino-americani, senza però mai incidere nel profondo. Anzi, spesso è avvenuto il contrario, ovvero che negli ultimi decenni gli Usa sono divenuti sempre più latini, e sempre meno germanici. 

Per ora la cultura e la classe etnica dominante rimane quella Wasp, ma in un prossimo futuro, neanche troppo lontano, potremmo arrivare a ricrederci.

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Articolo pubblicato il 29/10/2021