Esercito unico europeo?

Scopriamo insieme le criticità e gli aspetti di un' ipotetica Forza Armata Europea.

Dopo l’improvviso ritiro della Nato dall’Afghanistan, da mesi è un gran discutere di difesa europea.

 

Sopratutto a seguito della decisione assunta dagli Stati Uniti, ovvero gli accordi di Doha con i talebani, presi, senza un reale coinvolgimento degli alleati.

 

L’organizzazione nata per garantire la pace in Europa dopo la seconda guerra mondiale si sta muovendo perciò verso una militarizzazione che Bruxelles considera essenziale per sopravvivere in un contesto globale sempre più instabile e pericoloso.

Per la prima volta nella sua storia, l’Ue sta pensando di organizzare manovre militari a partire dal 2023 per aumentare la sua capacità di agire con forza nei punti caldi della sua area di influenza diretta.

 

Un’idea quella della Difesa europea di cui l’Italia è partecipe, consapevole che senza una forza militare sui tavoli che contano non puoi partecipare, non ti fanno partecipare. Lo stesso patto tra Stati Uniti, Australia e Gran Bretagna per la difesa nel Pacifico, è una occasione da cogliere per riflettere sulla Difesa comune.

 

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                               Stemma dello Stato Maggiore dell'Ue

 

Tuttavia però non tutti gli interessati lo hanno compreso. Il Parlamento europeo, ad esempio, è privo della Commissione Difesa, un chiaro segno di come è vissuto o meglio di come non sia proprio sentito il tema dall’Assemblea di Strasburgo.

 

Molti, quelli più tecnici, addirittura fanno finta di non capire cosa comporta intraprendere questa strada. La Difesa europea non consiste nel realizzare intese industriali per favorire di volta in volta singoli progetti, o costituire un contingente di 6mila o 60mila soldati pronti ad intervenire.

 

Essa è molto più complessa: è condivisione di ideali, di una politica estera, di obiettivi strategici, di informazioni (intelligence), di comandi, di caserme, di mezzi, di decisioni tattiche. In poche parole, di cessione di sovranità nazionale o creazione di una nuova sovranità condivisa.

 

Utile, necessaria, indispensabile se l’Europa vuole essere soggetto politico importante e autorevole.

 

Questo è un tema strettamente politico che richiede idee e rappresentanti all’altezza. Il Presidente del Consiglio Mario Draghi per le sue convinzioni fortemente europeiste e consapevole dell’assenza di una Forza armata europea è l’unico in questo momento in Europa che potrebbe farsene carico.

 

Tuttavia un singolo uomo non basta, né i sogni degli europeisti a cui abbiamo assistito in questi anni.

 

Osserviamo infatti la storia.

 

Un primo tentativo di unire le forze armate dell'Europa occidentale è stata la fallimentare Comunità europea di difesa del ‘52. Tuttavia, da allora molti politici hanno promesso di creare delle forze armate europee. Dato che molti degli Stati membri dell'UE sono anche membri della NATO.

 

Per queste ragioni al vertice del Consiglio europeo, riunito a Helsinki il 10 e 11 dicembre del ‘99 (la ‘Helsinki Headline Goal’), si era concretamente definito un Corpo di intervento operativo, di sessantamila unità, mai attivato però. L'obiettivo era quello di dotare l'Unione europea di uno strumento militare entro il 2003. Con un anno di ritardo sul programma, il 22 novembre 2004 è stato raggiunto un accordo formale e le European Rapid Reaction Force (Forze di reazione rapida europea) furono attive con unità dispiegabili in scenari fino al 2007. Da quella data sono operativi gli ‘EU Battlegroups’ o Gruppi tattici dell'UE. 

 

Il gruppo tattico è basato sui contributi della coalizione degli Stati membri dell'UE. Ogni Battlegroup è costituito da una forza di dimensioni equivalenti a un battaglione, indicato da uno stato membro, rinforzato con elementi di supporto al combattimento di altre nazioni UE, per un totale di circa 1.500 soldati. Il tutto sotto il controllo diretto del Consiglio dell’UE.

 

Nel settembre 2021 il presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha presentato un progetto per ampliare questa forza di reazione rapida dell'UE a 6.000 unità, integrando anche reparti aerei e della Marina, con un quartier generale stabile a Bruxelles.

 

La stessa Ursula quest’anno ha definito meglio gli obbiettivi comunitari per la difesa, asserendo che senza una reale collaborazione di informazioni fra servizi di intelligence sarà impossibile creare un esercito unico europeo. Dello stesso avviso l’attuale Capo dello Stato italiano, il quale ha detto che "all'Unione serve una bussola strategica per essere protagonista e tutelare la sua sovranità", tradotto, urge avere al più presto un difesa e un intelligence comuni fra tutti gli stati membri dell’UE.

 

Belle parole, ma come sempre l’europeismo stride terribilmente con la realtà.

 

Ad oggi, se analizziamo le spese militari, l’Unione Europea è, dopo gli Stati Uniti, il maggior investitore mondiale in termini di spesa militare. Peccato che l’UE non sia né uno stato né una potenza bellica. Anzi i suoi termini di investimento militare vengono ancora decisi a tavolino da Washington, vero garante della pace e della sicurezza europea.

 

Più che “Stati Uniti d’Europa” oggi esistono ancora gli Stati Uniti in Europa. E questa condizione non è scelta da noi, ma ci è stata imposta dopo la seconda Guerra Mondiale.

 

Questo è un principio elementare della geopolitica, dove un Paese egemone si trova ad essere tale non per scelta dei suoi sottoposti, ma per via di un imposizione militare, da cui ne dipendono tutte le altre imposizioni.

 

Un simile concetto realista è duro da recepire, sopratutto verso chi per anni ha vissuto di bei sogni idealisti partoriti da Ventotene.

 

Attualmente l’UE, in materia di Difesa, agisce solo per mezzo della PESC (Politica Estera e di Sicurezza Comune). Esistono sotto di essa due categorie di forze militari comunitarie. Oltre agli già sopracitati “Gruppi tattici dell’Ue”; vi sono EUROCORPI, forza multinazionale a livello di Corpo d'Armata nata nel 1992. Essa però agisce sotto il Comando e il Controllo della NATO e comprende reparti provenienti da Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo e Spagna.

 

Il Comando dell'EUROCORPS ha sede a Strasburgo, nei pressi del confine tra Francia e Germania: dello Stato Maggiore fanno parte anche Ufficiali provenienti da: Grecia, Italia, Polonia e Turchia.

 

Insomma, in Europa l’unico organismo militare di rilievo è chiaramente sotto gli ordini di Washington. In un futuro prossimo rimane tuttavia difficile immaginare i francesi condividere il proprio potere di veto al Consiglio di Sicurezza ONU, o la propria potenza nucleare con altri Stati UE, se non nel ruolo di suoi sottoposti. Così come rimane improbabile vedere un italiano disposto a morire per un croato o uno spagnolo per un finlandese. Fatta l’Europa, ammesso che ci sia, bisognerebbe fare gli europei. E subito dopo bisognerebbe convincerli a morire per una causa comune.

 

Fino ad oggi l’unica cosa che abbiamo avuto in comune è una moneta; tenuta in piedi da folli politiche di austerity, che hanno ridotto sul lastrico migliaia di famiglie europee, sempre più povere e sempre più ostili al concetto di unità continentale.

 

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Articolo pubblicato il 17/12/2021