Roma.” il Ministro deve morire”!

La rilettura di un dotto e piacevole saggio di Giulio Andreotti

Complice l’isolamento di questi tempi, lontani dagli obbrobri che la TV ci propina (la serata di capodanno è stata orribile, con cadute di gusto e qualità degli interpreti oltre l’immaginazione), ci siamo concessi piacevoli letture di libri del passato, scritti da autori di prim’ordine. Tra questi un saggio di Storia scritto dalla penna impareggiabile di Giulio Andreotti, con la prefazione di Arturo Carlo Jemolo.

Il saggio “Roma,15 novembre 1848: ore 13 il Ministro deve morire” è  ambientato nella Roma papalina e rappresenta una della pagine più problematiche del Risorgimento, per quel che dopo i fatti narrati cambierà in direzione della deprecata o desiata Unità d’Italia. I pareri ancor oggi sono discordi e non solo tra le famiglie superstiti della “Roma papalina”.

Giulio Andreotti intitolò un suo libro dedicato a questo particolare evento del periodo risorgimentale. Stiamo parlando di un attentato e la vittima è il conte Pellegrino Rossi nato a Carrara il 13 luglio 1787:  economista, giurista, docente, diplomatico e politico italiano.

Importante figura nella Monarchia di Luglio in Francia e ministro della giustizia, ministro dell’interno e Primo ministro nel governo dello Stato pontificio con papa Pio IX, l’ultimo “Papa Re”.

Dopo le dimissioni del ministro di Polizia Odoardo Fabbri, il pontefice, avendo considerato le sue qualità, nominò come successore Pellegrino Rossi. Nel nuovo governo, entrato in carica il 16 settembre 1848, il conte assunse le cariche di ministro di Polizia e, ad interim, delle Finanze. Era un esponente prestigioso(le analogie?) da utilizzare in momenti difficili.

In poco tempo, Rossi avvìo un progetto federalista inviso a chi voleva unire l’Italia in uno stato centralizzato sul modello francese. Inoltre, il ministro mirava a una confederazione di Stati e ciò significava affermare la piena autonomia dello Stato della Chiesa per rimanere neutrale nel caso di un’eventuale ripresa della guerra tra Carlo Alberto e Leopoldo II contro l’esercito dell’austriaco Radetzky.

In ambienti rivoluzionari pertanto fu elaborato un piano per assassinare Pellegrino Rossi.( per meticolosa precisione, non esistevano ancora i NOTAV e i NOVAX).

La mattina del 15 novembre 1848, giorno di riapertura del Parlamento, il ministro fu accoltellato sulle scale del Palazzo della Cancelleria. Il suo omicidio fu l’inizio di una serie di eventi che portarono alla proclamazione della Repubblica Romana.

Rossi venne sepolto nella chiesa del palazzo dove aveva trovato la morte, in San Lorenzo in Damaso.

Il giorno successivo all’uccisione fu aperta un’inchiesta, che tuttavia si arenò per la fuga del Papa a Gaeta e la proclamazione della Repubblica Romana. L’istruttoria riprese solo nel 1849 con la restaurazione del governo papale. Tuttavia fu solo quattro anni dopo che si arrivò all’incriminazione di diversi imputati.

Le condanne furono otto, di cui due al patibolo.

Riguardarono Luigi Grandoni, un ufficiale che aveva partecipato alle prime fasi della guerra d’indipendenza del 1848 militando con le forze pontificie nella battaglia di Cornuda, e Sante Costantini, uno scultore.

Grandoni si suicidò in carcere, mentre Costantini fu decapitato.

Sei altri imputati furono condannati a diversi anni di carcere, otto furono assolti.

Stando a successive ricerche tuttavia pare che la morte di Rossi sarebbe stata decisa dalla Carboneria romana ed eseguita da Luigi Brunetti, uno dei figli di Angelo detto Ciceruacchio.

Ricordi storici, mirabilmente descritti e analogie di azioni, fatti, situazione e comportamenti che non possono che stimolare la mente di chi tratta il materiale politico tutti i giorni.

Andreotti, è stato in grado di raccogliere, oltre ad una ricca documentazione di archivio, anche tradizioni mantenutesi in quelle poche famiglie schiettamente romane superstiti. Aneddoti che gli adulti d’oggi hanno sentito raccontare dai loro nonni, che a loro volta le avevano sentite narrare da nonni o zii, o padri avanti negli anni.

Avendo conosciuto Andreotti, che oltre che scrittore di libri di storia è stato uno dei politici più intelligenti e arguti che l’Italia abbia conosciuto, abbiamo fatto un furtivo pensiero sulla comparazione di se stesso con Pellegrino Rossi.

Ma forse un monito nel libro c’è ed è maggiormente profondo  Non si può compiere l’attacco frontale, essere contrario a tutti (erga omnes, come diceva Pio IX), perché l’uomo politico anche il più onesto qualche compromissione deve pur farla.

E qui, in giornate Quirinalizie, con politici inneggiati e poco dopo calpestati,( il classico dalle stelle alle stalle), questa riflessione ci sentiamo di girarla.

A chi? Ah saperlo...

Il testo è piacevole, scorrevole ed istruttivo.

Si consiglia la lettura, anche se pare che il libro sia quasi introvabile.

Per intanto, buona lettura!

 

Ore 13: il ministro deve morire

di Giulio Andreotti. Introduzione Artuto Carlo Jemolo

  • Editore:Rizzoli
  • Collana:Supersaggi
  • Data di Pubblicazione:1991
  • EAN:9788817115551
  • ISBN:881711555X
  • Pagine:272

 

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Articolo pubblicato il 07/01/2022