Brutta storia a Torino, davanti alla sede di Confindustria

Dedicato ai ragazzi che si picchiano con la polizia nel nome della scuola o chissà?

Pensiero di un ex insegnante negli anni 80-90, sempre disponibile a dialogare con gli studenti, ed ex liceale che vide anche brutte cose in quel 1969-70 nei cortei che attraversavano Torino. Erano altri tempi, altre motivazioni, ma oggi, pur tentando di avere una visione del contesto più ampia possibile, mi sfugge la portata di questa nuova protesta da parte della nostra meglio gioventù.

La pandemia ha rubato tempo. È il momento di riprenderselo, di tornare ad essere ambiziosi, di creare un fronte compatto che metta al centro dapprima la cultura e quindi l’istruzione. Dunque, più ascolto e osservo, e più mi stridono i pretesti che scaldano i cuori dei ragazzi per motivare il nuovo fronte del dissenso.

È vero, due ragazzi dannatamente sfortunati hanno perso la vita mentre si stavano cimentando con l’esperienza scuola-lavoro. Morire così giovani è un dramma terribile, e siccome l’incidente di per sé in natura non esiste, vi sono certamente delle responsabilità umane. Indagare è un obbligo, ma tentare di sfondare le porte di Confindustria e mandare degli agenti in ospedale è un controsenso privo di senso, scollegato dai luttuosi eventi.

Effetti scuola-coronavirus: vi è stata una protesta contro il Lockdown, un’altra per rientrare in classe, quindi una protesta contro gli scritti all’esame di maturità. Alle famiglie dei due ragazzi tragicamente morti durante l'esperienza di stage, va la più sentita solidarietà, ma adesso è il momento di scegliere un altro modo, più dialettico e politico, per confrontarsi nel nome di un mondo migliore.

Per quanto riguarda lo scritto alla maturità, mi viene da pensare che forse i tempi sono cambiati troppo radicalmente. È svanita l’ambizione di passare ore in biblioteca a sfogliare monografie ed enciclopedie, non per acquisire crediti, ma per saperne di più. Al suo posto è sorto l’impero del Web e dell’onniscienza di Internet. Perché tentare di arricchirsi e di capire, quando è già tutto scritto nella conoscenza globale?

Dunque perché un esame scritto? Il Virus è un pretesto, per ogni liceale degno di questo titolo, l'esame scritto è quella palestra dove la testa, la conoscenza e un foglio con cui confrontarsi adoperando la magia dei numeri o l’armonia delle frasi, si uniscono e si fondono, dando origine a un esercizio di logica impresso sulla carta e non fugace come le parole; spesso,foglie che volano nel vento.

Dunque disapprovo la protesta. Che i giovani liceali, oggi come allora, privilegiati rampolli in aria di università, facciano l’esame scritto senza troppo protestare. È quella la piazza dove ci si deve confrontare.

(verba volant, scripta manent)

Tornando agli stage, conosco ragazzi delle professionali che sono entusiasti di potersi confrontare col mondo del lavoro. Qualcuno si è già prenotato anche per l’estate. È portarsi avanti nel contatto con una realtà da poter valutare prima di scegliere i successivi percorsi di studio, è una ricchezza ed un percorso logico che affonda la sua storia nell’apprendistato.

A 14 anni, dopo la scuola, al pomeriggio lavoravo in una tipografia. Un mestiere tutt’altro che sicuro, bastava un attimo per pestarsi le dita in quei macchinari a rulli dove si infilavano ancora i fogli con le mani. Eppure è stata un’esperienza, la prima di tante, uno stimolo per la creatività e soprattutto, momenti di crescita in cui valutare me stesso. È stato un gran bene, eravamo in molti a sporcarci le mani a quell’età.

Eppure sembra che o per questo o per altro, far corteo e gridare nei megafoni sia inevitabile a quell’età, lo feci anch'io.

Esprimersi è concesso dalla costituzione, ma oggi vorrei che sia per stimolare una ripresa economica, per un mondo più pulito, per una vera sostenibilità, per un’uguaglianza sociale, per una sicurezza civile, per motivi sempre vivi, oggi quanto mai pressanti in un mondo piccolo e malato, sempre più in cerca d’attenzione.

Il mio mite consiglio ai ragazzi italiani è di non lasciarsi strumentalizzare, ignari mezzi di un disegno fazioso, sempre più interessato a dividere che a compattare la società. E che studio, esame scritto e lavoro, siano obiettivi prioritari e non mulini a vento contro i quali scagliarsi, confuse metafore alterate per rendere sfuggenti la libertà di pensiero e altrettanto, la verità.

Un’ultima riflessione: si sono adottate tantissime attenzioni per non infettarsi tra i banchi di scuola ben diradati tra loro, con controlli, tamponi, quarantena e mascherine. Invece adesso tutti in corteo ad alitarsi addosso.… Normali paradossi di questa nervosa era, incerta e confusa.

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Articolo pubblicato il 19/02/2022