La guerra in Ucraina e il pensiero di Dugin

Dugin: "Non si tratta di una guerra contro gli ucraini, né contro gli europei, semmai contro il globalismo".

Ad oggi, gli unici voli internazionali atterrati nella capitale russa provenivano da Dubai, da Erevan e da Baku. Sembra essere tornata una nuova “cortina di ferro”. Certo, non è ancora il caso di scomodare Winston Churchill, che nel 1946 coniò la famosa locuzione (cortina di ferro) che da allora e per sempre definì la linea di demarcazione che divise l’Europa in due zone separate di influenza politica. Ma il senso di isolamento e di incomunicabilità rischia di essere lo stesso.

Diceva un grande poeta tedesco, Gottfried Benn: “la storia non procede in modo democratico, procede con la violenza”. Mai come in questi giorni un simile aforisma ci appare veritiero.

Il presidente Putin afferma che: "L'adesione di Finlandia e Svezia alla Nato avrebbe gravi conseguenze politico-militari che richiederebbero passi reciproci della Russia". Il rischio di un ‘escalation’ nucleare è alle porte.

Gli analisti Nato, fra cui il generale Graziano, presidente del Comitato militare dell'Unione europea, pensano che l'Ucraina non sia l'obiettivo ma il mezzo della Russia per installare un'area di influenza nell’Europa orientale atta a cambiare completamente lo scenario geopolitico, portandolo in una situazione precedente al 1989. Questa visione, a detta loro, va messa in relazione con gli sviluppi degli ultimi 14 anni: dall'invasione in Georgia all’annessione della Crimea, dall'intervento in Siria all'occupazione di metà Libia, dagli interventi nel Centrafrica alle influenze nei Balcani. Afferma il Gen. Claudio Graziano: “Evidentemente c'è una strategia atta a riprendere una posizione persa nell’Era di Yeltsin e ritornare fra le grandi potenze”.  

In queste ore stiamo assistendo ad un paradosso. L'Occidente con i suoi media, pur di andare contro Putin, sta andando contro il proprio pensiero unico che faticosamente si era imposto in questi ultimi anni; dopo aver teorizzato il globalismo, schernito l'idea di Patria e di sovranità, nonché quella di confine, plaudito all'homo migrans, nella logica perversa di “cittadino del mondo” e alla sua trasformazione in merce e feticcio del capitale; di colpo sono tornati sulla scena mediatica concetti tabù: come Nazione, suolo, identità, lingua, focolare domestico, coraggio, indipendenza. Valori appunto considerati fino a ieri residui molesti del passato da quegli stessi che in Italia oggi indossano la mimetica sopra il pigiama in diretta dal salotto di casa. 

Forse per comprendere meglio questa follia a cui stiamo assistendo vale la pena citare uno dei più grandi pensatori di questi ultimi tempi. Alexander Dugin. Il quale afferma che: “questa non è una guerra all’Ucraina. È un confronto con il globalismo inteso come fenomeno planetario integrale. È un confronto su tutti i livelli. La Russia rifiuta tutto del globalismo: unipolarismo, atlantismo, anti-tradizione, tecnocrazia, grande reset. Mosca viene perciò esclusa dalle reti mondialiste. La Russia, ormai isolata, ha stabilito un suo percorso per costruire un suo mondo, un suo modello di Civiltà.

Ora il primo passo è stato fatto. Mosca sta creando un campo di resistenza globale. Si stanno creando i presupposti per una vera multipolarità.”

Il grande intellettuale continua dicendo che: “questo occidente non è più quello greco-romano e cristiano. Oggi, esso è un cimitero di rifiuti tossici della civiltà, è l’anti civilizzazione. L’occidente odierno ha tagliato via i rami che lo collegavano alle sue antiche radici, radici che il popolo russo ha invece mantenuto.”

Dugin conclude dicendo che: “l’attuale rottura con l’Occidente non è una rottura con l’Europa. È una rottura con la morte, la degenerazione e il suicidio. È la chiave del recupero. E l’Europa stessa, o meglio, i popoli europei, dovrebbero seguire il nostro esempio: rovesciare la giunta globalista antinazionale, e costruire una vera casa europea, un palazzo europeo, una cattedrale europea”.

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Articolo pubblicato il 04/03/2022