L’ottusa politica energetica che ha messo l’Italia in drammatica astinenza: 1ª parte

Saremo soffocati dall’astinenza energetica. Un disastro annunciato che si poteva scongiurare da tempo

Doverosa premessa a una tesi di laurea dell’anno accademico 1980-81 che consultata oggi, dopo ben 42 anni, riporta uno scenario attuale, anticipandolo con motivazioni e proposte per una indipendenza energetica che è diventata un'impellente necessità.

Lo studio contiene soluzioni inedite nell’impiego di fonti rinnovabili, proprio nella loro filosofia di produzione e di uso, che da centralizzata è proposta in forma capillare, così da rendere autonomo ciascun fruitore.

La guerra in Ucraina ha smascherato la cecità storica di un’Italia da sempre carente di fonti energetiche fossili, già indispensabili per quel miracolo economico culminato nell’Expo di Italia '61. Un periodo di esaltante sviluppo "drogato" e destinato lentamente ad affievolirsi, fino alla realtà di questi paradossali giorni.

È storia vecchia e mai finita.

L’Italia non ha mai avuto molti, veri amici, ma padroni si, egualmente, per un po’ ha saputo volare con le proprie ali, grazie al basso costo dell’oro nero negli anni 60 e quindi del gas. La storia delle scelte sbagliate ci ha portato alla resa dei conti in questo 2022, poiché di resa si tratta e altrettanto, di conti, ma di emergenza energetiche ne abbiamo sempre avute.

Già nel 1935, in seguito all’invasione dell’Etiopia, le democrazie della Società delle Nazioni, sanzionano l’Italia, tagliando i rifornimenti di alcune materie prime. Il regime fascista reagì istituendo l’autarchia. Le sanzioni durarono poco, ma la strategia per l’indipendenza era partita. Fu il momento delle centrali idroelettriche e dell’Azienda Nazionale Idrogenazione Carburanti (ANIC), per la produzione chimica di carburanti nazionali.

A quel tempo fu fondata l’Agip, ripresa nel dopoguerra da Enrico Mattei, il quale, sfruttando i grattacapi coloniali inglesi e francesi, fece dell’Italia una nazione petrolchimica molto scomoda ai vincitori della guerra, americani inclusi. Mattei fu dunque ucciso da chissà chi, e l’Italia iniziò ad essere tossico-dipendente dal petrolio americano succhiato dall’oriente.

Comunque, il petrolio rimaneva una fonte energetica conveniente che risolveva tutto, bastava comperarlo, ma con le guerre arabo-israeliane del 1967-73, si chiusero i rubinetti del greggio arabo e il mondo occidentale andò in astinenza. L’Italia più di tutti, povera di risorse alternative alla dipendenza petrolifera.

In quegli anni democristiani le legislature duravano poco, quindi, anche le buone intenzioni. Infatti, già allora la necessità di diversificare le risorse fu chiara e impellente, quindi, proprio come si sta facendo adesso, si valutarono tecnologie emergenti per sfruttare la spinta eolica e la radiazione solare. La tematica molto dibattuta inciampò nella burocrazia, finendo in un nulla di fatto italiano, che produce gli stessi errori appena se ne presenta l’occasione.

Infatti, proprio negli anni 70 vi fu un boom estrattivo di gas metano ad est dell’Europa e nel Nordafrica. Un prodotto abbondante e anch’esso a buon mercato. Come per il petrolio, era una fonte primaria estratta in Italia soltanto per il 6%, ma il resto bastava comperarlo.

Una volta raggiunta la maturità di utilizzo nell’industria chimica, siderurgica, di propulsione delle centrali termoelettriche e nell’uso civile, negli anni 80, il gas, disponibile in grande quantità è diventato la fonte adattata dai Piani Energetici dei governi italiani, al fine di ridurre la dipendenza dal petrolio.

Nella seconda metà degli anni 90, in Italia è stata istituita l’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas con funzioni di controllo e regolazione dei settori dell’energia, pienamente attiva nel 1997 sotto la sigla di Anigas… Ed eccoci a noi.

Questo, in breve è il percorso di parte dell’Europa e soprattutto dell’Italia, sotto l’effetto della “droga metano”, la quale, dimenticati i buoni propositi scaturiti dalla crisi petrolifera del 1973, aveva rimesso nel cassetto le fonti energetiche alternative, e gli studi inerenti che in quegli anni si svolgevano presso il politecnico di Torino e non solo.

Scelte politiche miopi e inadeguate che hanno mortificato il lavoro di docenti e studenti entusiasti di contribuire a uno sviluppo indipendente, sostenibile e anche impostato sul riciclo, che in quegli anni hanno dato vita a progetti perspicaci e sperimentati, mentre la politica, concentrata sul profitto a breve termine, sceglieva la strada sbagliata.

Quella strada che, con questa orrida guerra russo-ucraina, ha rimesso a nudo le nostre debolezze, italiani in recessione, mal governati da sempre, oggi più che mai alla canna del gas, confusi fautori di sanzioni e minacce a chi ci sazia di metano. Ma stavolta, sotto il peso dell'emergenza, sembra che l'accelerazione verso le energie rinnovabili invocata da Mario Draghi, abbia imboccato la sua strada. Quella che era già spianata più di quarant’anni fa.

La crisi petrolifera del 1973, prima occasione perduta per le fonti rinnovabili.

Nell’ottobre del 1973, in seguito alla sconfitta dell’Egitto nella guerra del Kippur, dopo la chiusura del Canale di Suez e l’embargo petrolifero dei paesi arabi nei confronti di Israele, USA e paesi europei, il greggio scarseggiava e il prezzo era lievitato, anche per gli aumenti applicati dai paesi dell’OPEC, innescando la prima crisi energetica globale.

Per l’Italia fu un momento critico, affrontato tra il 1973 e il 74, con radicali restrizioni, dall’ illuminazione, al riscaldamento, al traffico privato. Un periodo noto come “austerity”, che le persone “di una certa età” ricordano bene, e che oggi si sta riproponendo in modo ben più drammatico e duraturo.

Qualche anno dopo, quand’ero all’università, coinvolto da quei fatti e stimolato da docenti illuminati, intrapresi un percorso di studio sulle energie alternative, culminato con una tesi che, ripresa in questi isterici giorni di un’Europa drogata di gas russo, si è rivelata profetica rispetto all’attuale ansia delle democrazie e dell’Italia in particolare, offrendo anche inedite risposte.

Dunque, ne ho ricopiato i punti salienti, suddivisi in alcuni capitoli che verranno proposti sempre su questa testata nei giorni a venire, secondo una sequenza tendente a dimostrare che era già tutto prevedibile 42 anni fa, sfogliando le scelte inadeguate che ci hanno portato al panico energetico.

Nella prossima 2ª parte, il percorso storico di una politica energetica italiana a senso unico, e sempre penalizzante.

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 13/03/2022