Cosa ci accade nella fase del morire.

Sensazioni fisiche e mentali nel momento della morte.

La più grande difficoltà nel compiere una ricerca su cosa si possa provare nel momento della morte è data da un  fatto inconfutabile: chi è andato oltre, di solito, non ce lo dice.

Ciò a cui possiamo aspirare è di raccogliere tutte le testimonianze di coloro i quali si sono trovati a vivere una esperienza fino al limite. Alcuni di loro sono stati, per così dire, “morti” per alcuni minuti. Le testimonianze più importanti risultano essere raccolte nelle rianimazioni dopo arresti cardiaci. Alcuni professionisti dell’arte medica risolvono la questione dichiarando come il fenomeno dell’ipossia – la mancanza di ossigeno al cervello – possa essere alla causa delle visioni dei pazienti in punto di morte.

Quasi tutti hanno visto se stessi circondati dagli operatori sanitari. Una visione nitida. Vedevano la stanza o il luogo dove si stava svolgendo la scena. Il fatto più significativo, in grado di sfatare il mito dell’ipossia, ci arriva da casi di persone non vedenti dalla nascita. In effetti pure loro, benché in stato di veglia, impossibilitati ad avere una visione convenzionale, “vedevano”, descrivendoli nei dettagli, i propri soccorritori.  Erano pure in grado di descrivere le azioni compiute intorno al proprio corpo dai sanitari.

In tutti questi anni gli studiosi hanno evidenziato sette categorie comuni: paura, luce intensa, sagome di persone care, ricordi di vita, violenza, deja vu, immagini di animali e piante.

Fino a qui, si sta parlando dell’esperienza di vicinanza alla morte. Addentriamoci invece nel comprendere cosa accade nel corpo. Secondo i dati raccolti e gli studi effettuati sugli andamenti clinici, il corpo, quando si tratta di morte per cause naturali, si prepara già 15 giorni prima. Quindi, conosce già la data della morte.

La preparazione del corpo alla morte prevede un lento deterioramento delle condizioni fisiche. Stanchezza e poca voglia di fare sono il segnale al quale si accompagna un sostanziale aumento della sonnolenza. (tengo a precisare che si tratta di energia vitale. Di forza interiore e muscolare. Nulla a che vedere con episodi legati a fenomeni depressivi o altre cause). In concomitanza con queste manifestazioni si ha una spiccata inappetenza. Inizia la fase del lasciarsi andare. In gergo questa prende il nome di “morte attiva”. Anche il bere viene meno e i muscoli della glottide impediscono la deglutizione. In questa fase la persona può dire ai famigliari che il suo tempo è arrivato.

Anche lo stress, in fondo ogni cellula vuole vivere,  concorre a dare l'avviso che il tempo volge al desio. Tutto il corpo entra in uno stato di maggiore infiammazione o infezione a causa sua. Ed ecco un altro segnale dichiarativo.  

In più, da uno studio effettuato nel 2011, sono stati riscontrati tassi elevati, fino a  tre volte superiori alla media, di serotonina nel cervello dei ratti. Gli scienziati ritengono che lo stesso fenomeno accada anche agli uomini. Questo neurotrasmettitore è, come molti sanno, responsabile del buon umore.

Quindi la serotonina, la visione di persone care scomparse anni prima, o di figure angeliche pronte ad accompagnare l’anima nei luoghi a lei destinate, porta a vivere l’esperienza della morte, come passaggio dimensionale, con molta serenità.

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Articolo pubblicato il 17/03/2022